Da un po’ di tempo a questa parte, l’Italia del tennis si interroga sulle sorti di Fabio Fognini. E’ imprevedibile ogni sua mossa ed ogni sua partita può avere risvolti grotteschi. Si vive angosciati un suo match, sospesi in un limbo fra ciò che potrebbe fare e ciò che, puntualmente, poi non fa. Irrita a livelli massimi ed esalta allo stesso modo.
Non c’è una via di mezzo e per quanto si speri sempre in una sua maturità, il suo essere così ribelle, lo ha portato a diventare il personaggio che ha vinto due tornei di fila sulla terra rossa (sfiorando un terzo) ma anche a subire sconfitte cocenti e figure non incoraggianti, l’ultima a San Pietroburgo con il ritiro a match quasi terminato sul 5-3 (0-30) a due punti della sconfitta.
Frustrante per molti versi, eppure la storia, anche recenti del tennis, ha dimostrato come questo non sia sempre stato uno sport per gentiluomini e che in realtà i cosiddetti folli, seppure diversi fra loro, siano molti ed alcuni anche insospettabili. Quante volte abbiamo parlato di talento sprecato? Anche più evidenti di quello di Fognini.
Un nome su tutti: Richard Gasquet, tornato alla ribalta recentemente col la semifinale allo Us Open, ma incostante ed indolente a tal punto da crogiolarsi nel suo talento, nel peso di essere definito l’enfant prodige del tennis transalpino che lo ha lentamente logorato, fino a portarlo nella spirale della cocaina (marzo 2009) e solo oggi rivederlo a grandi livelli, seppur sempre minori di ciò che ci si aspettava. Un connazionale di Gasquet, instabile psicologicamente, è Gael Monfils che nonostante una mano non proprio ricamata, aveva tutto il fisico, l’atletismo necessario per poter imporsi con maggiore forza nel tennis moderno, ed invece ha sprecato molte vittorie semplici, come Fognini, e gli è sempre mancato il guizzo che lo poteva distinguere dal buon giocatore al fenomeno, complici anche vari infortuni che ne hanno penalizzato il rendimento.
Se si parla di talento ribelle non si può non considerare Ernest Gulbis. Il lettone è uno degli esempi più fulgidi di questa categoria, capace anche lui di stupire in positivo, quando vinse a Roma contro Federer, ed in negativo come nell’ultimo Us Open, sbattuto fuori al primo turno. La polemica e le sue dichiarazioni sulla vita mondana, che lo ha visto anche subire un arresto in Svezia, fanno parte del personaggio ‘Gulbis’, ma non hanno restituito nulla al campo, se non un giocatore dalla grandi prospettive che tale è rimasto e rimarrà.
Tomic è fra i giovani che si stanno affermando uno fra i più ribelli. Complice un padre prepotente, chiedere informazioni all’ex sparring partner francese Drouet , non ha un carattere docile e la vita al di fuori dal mondo tennistico, è stata spesso oggetto di discussioni perché non integerrima (una volta è dovuta intervenire la polizia per il volume della musica alta ed è scattata una rissa).
Il talento che va a scontrarsi con la follia ha comunque anche nomi più illustri e vincenti, che hanno scritto pagine di storia dell’era open, come Marat Safin. Il russo stupì il mondo a vent’anni quando vinse l’Us Open 2000 battendo Pete Sampras, ma poi il suo carattere irascibile, le serate mondane con le cosiddette safinette, come venivano chiamate le sue pin up, gli fecero dimenticare ben presto il campo da tennis, riuscendo soltanto in un altro acuto straordinario: la vittoria dell’Australian Open nel 2005, battendo fra gli altri Federer in semifinale. Memorabile quando si tolse i calzoni e mostrò le mutande al Roland Garros contro Mantilla per sbeffeggiarlo di un punto appena conquistato con una palla corta. Un talento che ha saputo vincere ma meno di quanto avrebbe dovuto e potuto.
Rimanendo nell’est Goran Ivanisevic è sicuramente uno da prendere in seria considerazione. E’ sempre stato un personaggio che in campo non si è mai risparmiato e soprattutto non ha mai risparmiato nemmeno le sue racchette, dove una volta si autoeliminò da solo in un torneo proprio perché era sprovvisto di racchette: le aveva rotte tutte quante. Sembrava destinato anche lui nell’elenco dei talenti indisciplinati che non avrebbero vinto mai nulla, ma alle soglie del ritiro riuscì a trionfare a Wimbledon, dopo 4 finali perse, a testimonianza di come un personaggio di così grande caratura e particolarmente folle, non poteva non avere un finale altrettanto folle.
Un tennista, da poco tornato alla ribalta, come Lleyton Hewitt non era molto folle sul campo, ma i suoi atteggiamenti da molti considerati antipatici, come le eccessive esultanze per un errore dell’avversario, e lo spirito combattivo oltremisura, lo portarono a scontrarsi spesse volte con l’argentino Coria, con rissa sfiorata ai quarti di Coppa Davis nel 2005, e l’altro argentino Chela (Australian Open 2005) che, stanco delle provocazioni, perse la testa e gli sputò in faccia.
Andando sempre più a ritroso troviamo un altro grande campione e combattente: Jimmy Connors, che in campo non si era mai risparmiato, tanto da suscitare molte antipatie e comportamenti discutibili, specialmente con il rivale storico e connazionale John Mcenroe, altro tennista folle che fece della discussione con l’arbitro un arte, culminata dalla celebre esclamazione “You cannot be serious” a Wimbledon, rivolta all’arbitro Ted James. Per spiegare meglio la loro rivalità, ci fu un episodio che li accomunò, fra le tante sfide fra loro disputate, un match d’esibizione a Chicago, nel 1982. Giocarono e lottarono per oltre quattro ore e durante una delle tante perdite di tempo di Mcenroe, Connors si arrabbiò cosi tanto da scavalcare la rete ed affrontarlo a muso duro. Ci vollero i tre giudici per sedare la quasi rissa.
In tema di grandi campioni, come non scordare Ilie Nastase, Nasty il ribelle per tutti. Un grande talento imprevedibile sia per i colpi che sapeva fare che per ciò che poteva passargli per la testa quando entrava nel terreno di gioco. Amava provocare l’avversario, sfinirlo con le sue parole, i toni irriverenti, clowneschi, tanto da venire squalificato in più occasioni ma con il pubblico quasi sempre dalla sua parte, come quando nel 1979 venne squalificato contro Mcenroe da Frank Hammond, ma il pubblico pretese la fine della partita e per evitare una sommossa il giudice arbitro venne sostituito e la gara ripresa, con la vittoria poi di Mcenroe.
Agassi, agli inizi della sua carriera, per sfuggire alle regole rigide dell’accademia Bollettieri ed al padre, si vestiva di proposito con jeans strappati, orecchini ed acconciatura da moicano, suscitando parecchio clamore per il suo look così fuori dagli schemi.
Tornando ai giorni nostri, non si possono non citare Nalbandian, argentino dalle grandi prospettive, capace di battere più volte Federer sullo stesso terreno, la classe, ma con un carattere mai domo e che nel 2012 lo portò alla squalifica in finale al Queen’s per aver tirato un calcio verso un cartellone pubblicitario e ferito un giudice di sedia alla gamba.
Robin Soderling, oggi inghiottito dalla mononucleosi ma famoso per essere stato l’unico tennista in grado di battere Nadal al Roland Garros, ha sempre suscitato parecchie antipatie per le sue dichiarazioni, gli atteggiamenti non ortodossi in campo, come al terzo turno di Wimbledon 2007 quando, indispettito da Nadal per il tempo che si prendeva nel servire, mimò il gesto dei calzoni in segno di fastidio e rabbia.
C’è chi tentò anche di aggiustare un evento e fu radiato a vita dal tennis co
me Daniel Koellerer, o come la moglie di Jeff Tarango, Benedicte, che in un match perso a Wimbledon dal marito e duramente contestato per l’arbitraggio, si prese la briga di vendicare il marito schiaffeggiando l’arbitro. Personaggi anche questi folli, ricordati più per delle scorrettezze che il loro gioco.
In questo excursus non poteva però mancare un insospettabile, uno che ha fatto della tranquillità, della classe e della correttezza ed il rispetto dell’avversario un marchio di fabbrica, ovvero Roger Federer. Sembra difficile a crederlo ma agli inizi della carriera e specialmente da giovane, Federer spesso era indisciplinato ed indolente, come molte volte lui ha dichiarato, ed amava perfino saltare gli allenamenti. Perfino uno come David Ferrer, che ha nella costanza di rendimento e nella disciplina l’elemento di forza maggiore, da piccolo non voleva allenarsi e decise di smettere con la carriera, lavorando come muratore: non durò più di una settimana. Infine Djokovic, che seppure in campo mantiene sempre correttezza, se non qualche lamentela od esultanza sopra lerighe, fuori dal campo ha suscitato e suscita sempre grande divertimento per le sue imitazioni dei colleghi e per alcune performance da vero show man della racchetta.
Con evidenti differenze, Fognini fa parte di questa cerchia di tennisti che ha nella follia il carattere distintivo, ma ciò che però deve ancora comprendere è che molti di questi giocatori, seppur folli, hanno vinto quando hanno lasciato da parte la follia, vedi Federer, Djokovic, Safin, Hewitt, Ivanisevic, e concentrato i loro sforzi per vincere qualcosa di importante. Fognini ha dimostrato che se vuole può vincere, ma senza la costanza di rendimento e facendosi dominare dalla follia, resterà uno dei tanti dal carattere bizzarro che hanno gettato all’ortiche il loro talento.
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