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Foot Fault: noi Federer non ce lo meritiamo

La verità è che noi, la nostra generazione, i nostri tempi, uno come Roger Federer non se lo meritano. Mi spiace che non sia nato 20 o 30 anni prima, quando forse avrebbe trovato più rispetto in giro, gente con un po’ più di valori, magari senza telefonini e internet, ma con più passione e soprattutto, parole come riconoscenza. E’ un pensiero balordo, venuto a galla in questi giorni e che a poco a poco ha trovato sempre più conferma in comportamenti vagamente ignobili da parte di addetti ai lavori, appassionati, tifosi (o ex tifosi), detrattori della prima e dell’ultima ora, che rispettando per una volta la sacralità dei proverbi, sono da più di dieci anni seduti in riva al fiume ad aspettare il cadavere del nemico. Adesso che il corpo del Re sembra galleggiare e si vede all’orizzonte ma non è ancora arrivato, ecco che il banchetto funebre può avere inizio. Dopotutto, meglio anticipare i tempi, non si sa mai.

 Questa generazione si merita tutta la melma che gli arriva in faccia, dopotutto, anche nel tennis. Quel gioco tutto fisico e polmoni, scambi interminabili,  emozioni da maratona, esibizione di triatleti e cose così. In bocca al lupo per il futuro, ragazzi.

 Sui giornali, sui social network e su parecchi siti ad hoc, luoghi dove la specializzazione sull’argomento racchetta dovrebbe essere la prima cosa, si assiste, se permettete, a spettacoli veramente tristi. Spettacoli da bulletti di periferia, dove più persone vestite da novelli Fonzie aspettano con i pugni chiusi un ragazzino smilzo da poter picchiare, con sadismo. Aggettivi come “ormai fa pena”, “fa quasi tenerezza”, “ma perché non si ritira?”, “oddio ha perso con Delbonis e con Brands”, “Ci sarebbe un posto al challenger di La Spezia, potresti venire qui Roger”, “ormai elemosina punti”,  sono all’ordine del giorno. Un dileggio vero e proprio. E la cosa peggiore, la cosa veramente peggiore, è che a dire tutto ciò sono quelli che poi, se glielo fai notare, se glielo sbatti in faccia, si nascondo dietro il “Lo diciamo perché gli vogliamo troppo bene e non possiamo vederlo così!”. Perfetto, non lo vedete. Spegnete la tv. Fate finta che si è ritirato. Dopotutto, quanta gente se ne va dallo stadio dopo che la squadra è sotto 0-3? Quanti tifosi non rinnovano l’abbonamento perché tal campione è andato via dalla propria squadra? E quanti sono pronti a saltare sul carro del vincitore. Fognini, ad esempio: fino a tre settimane fa era per tutti (o quasi) un immaturo figlio di papà che stava sprecando il proprio talento, adesso apro Facebook e vedo “lo dicevo io che Fabio era il massimo” in quantità industriale. Tutti novelli Nostradamus, proprio.

 Il mondo del tennis non ha bisogno di appassionati come questi. Mi verrebbe dire che forse il mondo in generale non avrebbe bisogno di gente come questa, ma capisco che è un pensiero troppo ortodosso e troppo virulento. Il pianeta racchetta non ha bisogno di persone che non capiscono e non apprezzano un giocatore, un uomo, che a 32 anni, dopo aver battuto tutti i record del suo sport, con un conto in banca da far invidia alla Svizzera stessa, abbia la passione e soprattutto il coraggio (sì, il coraggio), di rimettersi in gioco, con una schiena a pezzi (o pensate che non si segga ai cambi campo o stia rigido come un palo della luce perché è cotto e finito?) e con una racchetta nuova di zecca, dopo aver usato per tutta la sua carriera un altro “ferro?”.

 E’ in declino, ovvio. Ci mancherebbe. Non è più competitivo al massimo livello, certo. Niente è eterno, nemmeno Federer. Bello essere tifosi o glorificarlo quando era n.1 del mondo e bastonava tutti, meno bello quando “ormai fa tenerezza” e le becca pure da Delbonis (che, per inciso, ha avuto tre match point contor il novello Bjorn Borg-Fognini).

 Poteva ritirarsi l’anno scorso, da vincitore. Vero. Poteva lasciare da n.1, a Wimbledon. Sarebbe stato fantastico, ma non sarebbe stato umano. Non sarebbe stato Federer. Perché quello che forse molti non hanno capito è che a lui dei titoli, della carriera, delle brutte figure, delle “cavolate” che noi pensiamo che gli possano importare, probabilmente non gliene frega niente. Federer in questo momento è semplicemente un uomo che vuole continuare a fare al meglio quello che ama di più al mondo, famiglia a parte: giocare a tennis. Vuole semplicemente fare questo. Nel migliore dei modi possibile, delle possibilità attuali. A nessuno è piaciuto il rientro di Schumacher, tutti lo hanno riso e deriso durante la sua seconda carriera. A posteriori, Michael, quel crucco che tutti considerano robot, ha fatto quello per cui è nato: correre. Non bene, ma ha continuato. Ingoiando rospi enormi. Umiliazioni infinite. Ma è stato umano, troppo umano. E gli umani devono essere amati, non glorificati. Gli umani si devono sostenere, non lasciare soli quando la giostra del dominio è finito. A qualcuno non piacerà, probabile. E allora, sul serio: spegnete la tv. Ci godremo Federer noi al posto vostro. E quando tutto sarà veramente finito, quando perderà al primo turno del torneo di Poggibonsi, gli applausi ci saranno lo stesso. Forse perché a noi un po’ così, quelli che fanno tenerezza e che non si vogliono arrendere piacciono ancora.

Luigi Ansaloni

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