È una giusta conclusione, mi sembra, quella cui è giunto il 2012. Non avrei pensato e scritto lo stesso, se Nadal fosse ancora nella via di mezzo, quella dei dubbi e dei rimandi cui l’infortunio (sindrome di Hoffa, mi hanno detto) lo ha costretto così a lungo. Ma ora che Rafa si dice pronto al ritorno, e ha già fissato scadenze e obiettivi (Roland Garros e terra rossa, com’era naturale), ora che il quartetto di testa potrà tornare alle consuete sfide, tutto sembra quadrare e tutto acquista una luce diversa. Va in archivio un anno che ha consegnato uno Slam a testa e dunque ha rifiutato un padrone unico, ma che non è apparso affatto banale, anzi si è riempito via via di contenuti speciali. Il ritorno di Federer alla vittoria in un Major, e la riconquista della vetta, con il superamento del record di Sampras e di quella quota 300 che sembrava irraggiungibile. La prima vittoria nello Slam di Andy Murray, non a Wimbledon ma agli Us Open, preceduta però dall’oro olimpico, e dalla finale sull’erba. La conferma di Nadal sulla terra. E alla fine la riconquista del primato da parte di Djokovic, che ha aperto e chiuso la stagione, vincendo in Australia e poi il Master di Londra. Sarebbe azzardato dire che il serbo non abbia meritato la prima piazza a fine anno. Non ha brillato come nel 2011 (se vi fosse riuscito, saremmo qui a parlare di dominio assoluto), ma ha raggiunto tre finali Slam su quattro.
Tutti contenti, più o meno, e tutti pronti a dividere in quattro parti anche il 2013. Il pronostico ci sta… Ma anche le variabili non sono male. La prima è che Nadal stenti a recuperare la forma più di quanto non abbia programmato lui stesso. In tal caso Parigi diventerebbe una vera kermesse, e una finale fra Djokovic e Federer non sarebbe improbabile. La seconda è che Murray abbia finalmente raggiunto quella maturità e quella continuità di gioco in grado di issarlo ancora un gradino più su. E allora potrebbe essere il suo, il nome buono per Wimbledon, per la letizia dei tifosi britannici. La terza variabile è affidata ai pensieri e alle voglie di Federer, che potrebbe accusare gli stravizi milionari di quest’ultima parte dell’anno (dieci, dodici milioni di dollari dalle esibizioni sudamericane, sono comunque un ottimo incentivo per prolungare la stagione), fallire in toto gli Australian Open, ai quali arriverà senza aver giocato un solo torneo, e convincersi di poter puntare solo a pochi obiettivi. Magari sul solo Wimbledon, al quale però potrebbe giungere senza la preparazione mostrata quest’anno. La quarta infine, meno probabile delle altre, ma comunque da tenere presente. Quella di un Djokovic che perda una o più finali, e con essa anche quella sicurezza che al momento gli dà forza. Difficile, ma possibile, dato che Djoko è spesso costretto a fare a pugni per battere gli altri tre del Club, e si sa, facendo a pugni, sempre, può capitare talvolta di prenderle.
Questi gli scenari. Ai quali mi sarebbe tanto piaciuto aggiungerne un quinto, riservato ai più giovani del circuito. Ma chi? D’accordo, Milos Raonic, è migliorato, è il numero 13 della classifica, dunque a un passo dai Top Ten. Ma dovrebbe crescere moltissimo e in fretta per allinearsi al passo dei primi quattro. Può farcela, ma non è facile, e onestamente mi sembra ancora presto per una vittoria nello Slam. Magari un Masters 1000, chissà… Altri non ne vedo, anche se mi dicono molto bene del polacco Janowicz. A parte Del Potro, mi aspetto meno dagli attuali componenti la rosa della Top Ten. Ferrer (comunque, chapeau!), Tsonga, Berdych li conosciamo. E se non ce l’hanno fatta fino a oggi, un motivo ci sarà.
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