di FABRIZIO FIDECARO
«Rafael Nadal è il più grande di sempre sulla terra»: a fare una simile affermazione è stato niente meno che Bjorn Borg, proprio colui che, fino a non più di due o tre anni fa, era ritenuto universalmente il migliore di tutti i tempi sul rosso. L’Orso svedese, nel corso di un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, ha espresso il suo parere sul tennis odierno e, dopo aver dichiarato che secondo lui è Roger Federer il numero uno all-time, si è sbilanciato sul valore del fuoriclasse maiorchino. «Più forte di me? Certamente. Sono contento che sia tornato, perché nessuno nel circuito ha la sua personalità e il suo modo di stare in campo. Lo vedi giocare, e sulla terra sembra che renda tutto facile. Ma vincere tante partite consecutive su una superficie che ti chiede così tanto è qualcosa di incredibile».
A questo punto, è inevitabile confrontare i palmarès di Borg e Nadal sulla loro superficie prediletta, senza dimenticare che entrambi hanno dimostrato ampiamente di saper vincere anche sugli altri terreni: Bjorn, classe 1956, vanta la bellezza di cinque trofei di Wimbledon in bacheca (anche se, per la verità, qualcuno di essi è stato poi venduto, ma questa è un’altra storia…); Rafa, classe 1986, ha trionfato due volte a Church Road e una ciascuna a Melbourne e a New York, realizzando così il Career Slam.
Partiamo dal Roland Garros. Borg lo giocò complessivamente per otto volte, trionfando in sei occasioni (1974-75, 1978-81). L’unico a batterlo a Parigi – è storia nota – fu il nostro Adriano Panatta, che lo superò nel 1973 (ottavi), quando Bjorn non aveva ancora compiuto diciassette anni, e nel 1976 (quarti), anno in cui finì per aggiudicarsi il titolo. Ancor più impressionante il bilancio di Nadal, che in otto presenze ha alzato la Coppa dei Moschettieri ben sette volte (2005-08, 2010-12), mancando solo l’edizione 2009, sconfitto negli ottavi da Robin Soderling (guarda caso uno svedese!).
Passiamo ai principali tornei del circuito sul rosso, ricordando come all’epoca di Borg la partecipazione non fosse obbligatoria come oggi. Lo scandinavo giocò solo tre volte gli Internazionali d’Italia, vincendoli in due occasioni (1974, 1978) e uscendo nei quarti per mano del messicano Raul Ramirez nel 1975. In verità Bjorn era in tabellone anche nel 1973, ma diede forfait per il suo match d’esordio con il giamaicano Russell. Per Nadal otto presenze con sei titoli (2005-07, 2009-10, 2012), una finale (2011, battuto da Djokovic) e un’uscita al debutto (2008, sconfitto da Ferrero e dalle vesciche ai piedi).
Rafa va ancora oltre a Monte-Carlo, dove in dieci partecipazioni ha conquistato otto successi, per di più consecutivi (2005-12). Nel 2003 perse negli ottavi con Coria, quest’anno in finale con Djokovic. Per Borg undici presenze con tre titoli (1977, 1979-80), una finale (1973) e tre quarti (1975-76, 1982). Il bilancio dello svedese nel Principato è peggiorato dalle due uscite al primo turno del 1991-92, anni in cui tentò, con pessimi risultati, il rientro nel Tour professionistico dopo un lunghissimo stop.
Quando l’evento era ancora un Master 1000, Nadal ha giocato tre volte ad Amburgo, con una vittoria (2008) e una finale (2007). Borg vi prese parte solo nel 1979, ritirandosi negli ottavi con lo statunitense Eliot Teltscher. Da quando Madrid si disputa sulla terra, Rafa ha quattro presenze, con un titolo (2010) e due finali (2009, 2011), oltre all’eliminazione dell’anno scorso negli ottavi con Verdasco, con il campo colorato di blu. Nove le partecipazioni di Nadal a Barcellona, con l’uscita al secondo turno del 2003 seguita da otto affermazioni (2005-09, 2011-13). Per Borg quattro presenze in Catalogna con due titoli (1975, 1977) e altrettante semifinali (1973-74). Complessivamente Nadal, finora, ha 39 titoli sul rosso contro i 30 in carriera dell’Orso: meglio di loro nell’Era Open Vilas (45) e Muster (40), ma con una qualità media assai inferiore.
Insomma, i numeri sembrano dare ragione allo spagnolo e quindi, di riflesso, a Bjorn, che lo ritiene migliore di se stesso. Le cifre, in qualche maniera, fotografano anche la sensazione di dominio, di superiorità indiscussa, che entrambi questi fenomeni hanno suscitato in chi li osservava e negli stessi avversari. Per fornire alcuni esempi, Borg nei due Roland Garros vinti senza cedere un set, nel 1978 (appena 32 game ceduti in tutto, 60 61 60 a Barazzutti in semi e 61 61 63 a Vilas in finale) e nel 1980 (38, 62 62 60 a Solomon e 64 61 62 a Gerulaitis negli ultimi due match). Curioso che Nadal abbia replicato l’impresa a distanza di trent’anni esatti, a Parigi 2008 (41 game persi, 61 63 60 in finale a Federer) e 2010 (71 i giochi lasciati, 64 62 64 nel match clou a Soderling, che lo aveva sconfitto dodici mesi prima). Rafa ha poi dalla sua la striscia record di 81 incontri vinti di fila sul rosso (2005-07).
Al di là dei numeri, però, resta l’enorme forza di questi due atleti. Borg sarà sempre una leggenda per ciò che ha rappresentato, per la rivoluzione che ha portato nel mondo del tennis, con un nuovo modo di giocare (che magari ha prodotto fin troppi emuli non all’altezza…), ma anche con la sua intrigante immagine da popstar della racchetta. Nadal ne è il degno erede, a partire dal look di tendenza per arrivare ai gesti sul campo. Entrambi grandi, anche per il valore degli avversari che hanno incrociato sulle loro strade: su tutti John McEnroe e Roger Federer, in un confronto di stili sempre emozionante che sarebbe bello potesse rinnovarsi in futuro, con fuoriclasse dalle caratteristiche contrapposte a darsi battaglia in match epici.
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