di FABRIZIO FIDECARO
L’ultimo quarto di finale dell’Italia in Coppa Davis prima di oggi? Occorre risalire alla bellezza di quindici anni or sono… Al contrario di stavolta, eravamo in piena estate, e nel weekend del 17-19 luglio 1998 il TC Prato ospitò il confronto tra gli azzurri e lo Zimbabwe. Un lustro più tardi, a Harare, il team africano ci avrebbe inflitto la più cocente battuta d’arresto della nostra storia, relegandoci nella “serie C” del tennis a squadre. Non è questo, però, il momento di parlarne, visto che nel ’98 le cose andarono in modo ben diverso.
L’Italia, che veniva da due semifinali consecutive raggiunte nel 1996-97, aveva superato al primo turno del World Group l’India. Quattro a uno il punteggio finale sulla terra di Genova, con Andrea Gaudenzi mattatore, capace di vincere entrambi i suoi singolari e il doppio al fianco di Diego Nargiso, rimediando così senza difficoltà alla sconfitta di Davide Sanguinetti con Mahesh Bhupathi, che aveva fatto chiudere in parità la giornata d’apertura.
Lo Zimbabwe aveva invece realizzato una clamorosa impresa, eliminando al debutto niente meno che l’Australia, e in trasferta, sull’erba di Victoria. Byron Black aveva superato Patrick Rafter, ma la sua squadra si era ugualmente trovata indietro per due a uno al termine del doppio, perso con i mitici Woodies. Nella terza giornata, però, ecco il ribaltone: prima Wayne Black si era imposto in quattro set su Mark Woodforde, poi il fratello aveva regolato, sempre al quarto, Jason Stoltenberg.
Sui campi in terra rossa della Toscana, però, Byron e Wayne (rispettivamente classe ’69 e ’73, di etnia bianca a dispetto del cognome) si trovavano molto meno a proprio agio rispetto ai prati down under. La differenza di rendimento emerse immediatamente, e il venerdì fu una marcia trionfale per gli azzurri. Incominciò Gaudenzi, che batté Wayne per 63 63 64; proseguì Sanguinetti, che annichilì Byron con un inequivocabile 63 63 60.
Il più era fatto, mancava solo il sigillo alla qualificazione. A metterlo furono lo stesso Andrea insieme a Nargiso, che rimediarono a una partenza pessima, prevalendo sui Black Brothers, sempre temibili in doppio, con il punteggio di 16 75 75 63. Il team capitanato da Paolo Bertolucci poté così festeggiare con ventiquattro ore d’anticipo l’approdo alla terza semifinale in altrettante annate. La domenica si giocò in un clima più rilassato che mai e lo score conclusivo venne fissato addirittura sul cinque a zero grazie ai successi di Nargiso sulla modesta riserva Genius Chidzikwe (60 62) e di Sanguinetti su Wayne Black (64 36 63).
La magnifica cavalcata azzurra sarebbe proseguita a fine settembre, con l’affermazione a Milwaukee sugli Stati Uniti di Todd Martin, Jan-Michael Gambill e Justin Gimelstob. Sul più bello, all’inizio della finale milanese con la Svezia, il sogno avrebbe subito una brusca interruzione, a causa del tristemente noto infortunio patito da Gaudenzi nel quinto set contro Magnus Norman.
In quest’occasione, però, alla vigilia del nuovo quarto di finale raggiunto dall’Italia, che sta per affrontare il Canada di Milos Raonic a Vancouver, vogliamo soffermarci sulla vittoria con lo Zimbabwe, che è l’ultimo precedente a questi livelli. È ovvio che stavolta non potrà essere così facile come nel 1998, ma possiamo star certi che Andreas Seppi, Fabio Fognini, Daniele Bracciali e Paolo Lorenzi daranno battaglia per far rientrare la loro squadra fra le quattro migliori del mondo. D’altronde Seppi ha da poco eguagliato il best ranking di Gaudenzi (numero 18 ATP) e Fognini, almeno in classifica, ha già fatto meglio di Sanguinetti (n. 31 contro n. 42). Nel doppio, specie in assenza dell’infortunato Bolelli, forse non abbiamo uno specialista del calibro di Nargiso, ma Bracciali, a chiunque sia affiancato, ha il talento e l’esperienza per essere pienamente competitivo. E ora la parola al campo!
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