A distanza di ottantadue anni una tennista italiana torna ad approdare alle semifinali degli US Open. Fino a oggi, l’unica a riuscire nell’impresa era stata Maud Levi Rosenbaum, che si spinse al penultimo atto degli US National Championships nel 1930. Rievochiamo la straordinaria parabola esistenziale dell’antenata di Errani e Vinci, una donna fuori dagli schemi.
Pioniera di un modo nuovo di essere donna: la definizione calza a pennello a Maud Levi, nata Rosenbaum e in seguito coniugata Blumenthal. Certo, se lo poteva permettere, essendo di famiglia benestante e avendo sposato poi addirittura un esponente dell’italica nobiltà, all’epoca ancora non decaduta. Ciò non toglie, però, che il suo sia stato un contributo significativo all’evoluzione dei costumi femminili nella prima metà del Novecento, con l’esempio di una vita intesa come susseguirsi frenetico di eventi, viaggi, cambiamenti, sempre con lo sport, praticato ad alto livello, a far da denominatore comune. Un’esistenza piena, attiva e dinamica, in aperto contrasto con le idee dominanti del tempo, che volevano il cosiddetto sesso debole dedito solo alla famiglia, senza la possibilità di affermarsi in altri campi che non fossero quelli prettamente casalinghi.
Maud nacque a Chicago il 13 gennaio 1902, figlia di Emanuel F. Rosenbaum, ricco industriale delle calzature, e Maud Yondorf. Dopo un’infanzia passata nell’Illinois, fu iscritta dai genitori alla prestigiosa Oaksmere School di Mamaroneck, New York: si trattava di un modernissimo istituto femminile dotato di ogni struttura immaginabile e, ovviamente, molto costoso. Fondata da Winifred Edgerton Merrill (la prima donna a ottenere un dottorato alla Columbia University), la scuola attirava a suon di verdoni gli insegnanti più qualificati e disponeva di campi da tennis, squash, golf, hockey, baseball e basket, piscina, piste da atletica e da pattinaggio su ghiaccio. Fu in questo impianto esclusivo che Maud iniziò ad appassionarsi allo sport: le sue qualità emersero principalmente nei concorsi, tanto che lo “Spalding’s Official Athletic Almanac” del 1922 la registra come detentrice del record americano nel lancio del pallone da basket con una distanza di 94’2” (28,65 metri) e del primato scolastico nel getto della pallina da baseball con 202’6” (61,57 metri): è da notare come per ottenere una misura complessiva venissero sommati i tiri migliori realizzati con ciascuna mano.
Terminati gli studi alla Oaksmere School (dalla quale uscirono anche Clara Boal, bisnipote di “Buffalo” Bill Cody, e le attrici Katharine Cornell e Nathalie Schaefer), Maud ebbe l’opportunità di trasferirsi in Europa per completare il suo percorso educativo e qui fu ben presto tra le protagoniste di un clamoroso evento di rottura con le convenzioni “maschiliste”. Domenica 20 agosto 1922, infatti, si tenne al Pershing Stadium di Parigi il primo meeting internazionale femminile di atletica: la riunione fu organizzata da Alice Milliat, presidentessa della Federation des Societes Feminines Sportives de France (FSFS), in risposta al fermo rifiuto del CIO di includere gare della disciplina regina riservate alle donne nei Giochi Olimpici del 1920, di scena ad Anversa. Il meeting fu pertanto provocatoriamente denominato “Women’s Olympic Games” e vide la presenza di squadre provenienti da Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Cecoslovacchia. L’invito fu esteso anche a una rappresentanza statunitense e il dottor Harry Eaton Stewart, fondatore della National Women’s Track Athletic Association, decise di accettarlo, pur osteggiato dalla quasi totalità dei membri dell’American Physical Education Association, che non vedevano di buon occhio la manifestazione. Così vennero selezionate dodici ragazze, dall’età media inferiore ai vent’anni, che si imbarcarono a New York sulla nave Aquitania con lo stesso Eaton Stewart (nelle vesti di coach), per raggiungere Cherbourg, in Francia. A loro, una volta a destinazione, si aggregò la nostra Maud, che si trovava già a Parigi e fu designata “team’s field manager”. La riunione riscosse un successo impensabile: davanti a un’affascinata platea di dodicimila spettatori, furono stabiliti ben diciotto primati del mondo. La 19enne Camille Sabie fu la stella del team americano (vinse due gare e realizzò il record assoluto nelle 100 yard a ostacoli), ma anche Maud portò punti importanti al team, classificandosi terza nella sua specialità, il getto del peso, con un lancio di 57 piedi (circa 17,37 metri). La compagine americana, nel computo totale delle gare, si piazzò seconda dietro la Gran Bretagna e subito davanti alla Francia.
Negli anni seguenti, la giovane Rosenbaum trascorse lunghi periodi nel vecchio continente, frequentando soiree e ricevimenti e conoscendo gente altolocata. Le fu naturale innamorarsi, ricambiata, del barone Giorgio di Giacomo Levi, valido giocatore di polo, che sposò nel 1927, all’ombra della Tour Eiffel. La coppia si trasferì a Roma e fu allietata dalla nascita di una bambina, ma Maud, malgrado l’austerità del protocollo nobiliare, non smise mai di dedicarsi allo sport: allenò squadre di basket e hockey e, soprattutto, preparò il team femminile italiano di atletica in vista delle Olimpiadi di Amsterdam 1928, cui, anche grazie al suo contributo, erano finalmente ammesse le donne. Le principali attenzioni, però, si erano già spostate da qualche tempo su un’altra disciplina, mai abbandonata dai tempi della scuola: il tennis. Non le fu difficile emergere prepotentemente in un panorama nazionale ancora piuttosto modesto: si aggiudicò vari titoli di rilievo, divenendo ben presto una delle migliori giocatrici della penisola e innescando un’accanita rivalità con la milanese Lucia Valerio. Nell’aprile 1926 ebbe modo di fronteggiare niente meno che Suzanne Lenglen nella finale di un torneo capitolino: la “Diva du Tennis” le inflisse un doppio cappotto, peraltro non troppo umiliante, visto che aveva riservato medesimo trattamento a ogni avversaria incontrata in precedenza!
Nel 1930, ritenendosi poco stimolata dalla concorrenza locale, decise di far ritorno negli Stati Uniti per verificare fino a che punto potesse spingersi con la racchetta. Prima di affrontare la traversata, fece in tempo a disputare l’edizione inaugurale dei Campionati Internazionali d’Italia, in programma a Milano dal 25 aprile al 1° maggio: raggiunse le semifinali sia in singolare sia in doppio, assieme ad Anna Luzzatti: a fermarla, in entrambi i casi, fu Lily De Alvarez, da sola e accompagnata dalla Valerio.
Ad agosto partecipò dunque per la prima volta agli US National Championships, la quarta prova dello Slam. La sua fama aveva indiscutibilmente varcato l’Atlantico, tanto che, in gara come “Baroness Levi” in rappresentanza dell’Italia, fu accreditata della seconda testa di serie per le giocatrici straniere, dietro l’inglese Betty Nuthall. Quell’anno il tabellone non era particolarmente ricco: la campionessa uscente Helen Wills aveva scelto di non difendere il titolo e la sua omonima Jacobs era malata, per cui vi fu ampio spazio per le outsider. Dopo un bye al primo turno, Maud travolse (63 61) Florence Le Boutillier e si impose con autorità al terzo set (75 16 61) sulla californiana Josephine Cruickshank. Nei quarti trovò dalla parte opp
osta della rete un’avversaria di tutto rispetto: Penelope Anderson McBride, numero 7 statunitense nel 1927, vincitrice nel 1926 dei campionati del Messico in singolare, doppio e misto e compagna di doppio della Wills nella campagna d’Europa 1928 (quando avevano giocato assieme Wightman Cup, French Championships e Wimbledon). Fu un match combattutissimo: la Anderson si aggiudicò il parziale d’apertura, ma subì la veemente rimonta di Maud, conscia del proprio valore e ben determinata a non lasciarsi sfuggire l’occasione. Alla fine, con un 46 64 75 che la dice lunga sull’equilibrio del confronto, la baronessa staccò il biglietto per le semifinali. Qui la corsa si fermò, perché la coetanea Anna McCune Harper si dimostrò troppo forte e la regolò senza troppe difficoltà (62 63). Il titolo andò poi alla Nuthall, che divenne la prima tennista non americana a riuscire nell’impresa. Maud giunse anche nei quarti in doppio, assieme a M. Palfrey.
L’anno dopo ci riprovò, ma in singolare fu battuta all’esordio da Virginia Hilleary: ripeté, a ogni modo, il piazzamento nei quarti in doppio, stavolta con la Harper. Nel 1933, designata ottava del seeding, uscì al terzo turno, per mano dalla britannica Mary Heeley. Fu comunque una buona stagione, che la vide imporsi in quattro tornei, fra cui il New York State Championship sulla terra battuta. A testimonianza della sua popolarità, il 12 agosto la testata giornalistica “The Literary Digest” le dedicò un pezzo, nel quale descriveva il suo stile, fatto prevalentemente di colpi in chop (spesso servizio compreso) e basato su un’ottima abilità nel coprire il campo e su una buona dimestichezza con il gioco di volo. Nel 1934 si presentò al via dello Slam di Forest Hills in grandi condizioni, forse persino migliori rispetto a quelle di quattro anni prima. Dopo aver dominato la Billings, si concesse il lusso di superare al secondo turno Betty Nuthall, la vincitrice del 1930, con un sontuoso duplice 64, guadagnandosi meritati titoli sui giornali. Non si fermò lì, ma batté anche, pur a fatica, l’insidiosa Miller, inchinandosi solo nei quarti alla statuaria Dorothy Andrus, troppo più alta e potente di lei. Analogo risultato ottenne ancora una volta in doppio, accanto alla McBride.
A fine anno terminò la sua liaison con Levi, da tempo in crisi: Maud, di carattere autonomo e indipendente, mal sopportava i rigidi vincoli cui l’etichetta aristocratica la obbligava. Il divorzio, scandaloso per l’epoca, fu inevitabile: l’ex baronessa si risposò già nel 1935 con H. Walter Blumenthal, un agente di cambio di New York City.
Ormai Maud, tornata ufficialmente statunitense, era giocatrice affermata e rispettata: proprio per questo, non prese bene una decisione a lei sfavorevole dell’organizzazione dei successivi US Championships. Infatti, nonostante fosse classificata al quinto posto nazionale, fu esclusa dal novero delle teste di serie e un sorteggio sfavorevole la mise di fronte già al primo turno alla fortissima Helen Jacobs, che prevedibilmente la regolò in due set. La neo Mrs. Blumenthal polemizzò pesantemente con l’USLTA, accusando la dirigenza di averla «deliberatamente discriminata», ma non riuscendo a ottenere giustizia per il torto subito.
Da lì in poi, complice anche la delusione per quello che considerava un vero sopruso, la sua carriera entrò nella parabola discendente: partecipò altre due volte allo Slam di casa, nel 1937 e nel 1940, uscendo in entrambe le occasioni al secondo round. La seconda metà della sua vita, pur energica e impegnata, si svolse lontana dai riflettori, che a lungo ne avevano illuminato le gesta: Maud, ormai orgogliosamente aliena dai fasti nobiliari, si stabilì in un appartamento sulla 72sima strada est di New York, dove concluse in serenità i suoi giorni il 3 maggio 1981.
Il tennis rappresentò un elemento rilevante, ma non imprescindibile in una vita condotta fuori dagli schemi. Dalle nostre parti è rimasta negli annali quella storica semifinale colta al primo tentativo oltre oceano nelle vesti di Baronessa Levi e rimasta ineguagliata per ottantadue anni. Fino a questa splendida edizione 2012.
LA SCHEDA (tratta dal Dizionario Enciclopedico del Tennis di Daniele Azzolini e Stefano Semeraro)
Rosenbaum Levi Maud
Anagrafe: Chicago (Stati Uniti), 13 gennaio 1902; + New York (Stati Uniti), 3 maggio 1981. Dal 1927 al 1934 cittadinanza italiana.
LE VITTORIE
Vittorie singolare: 1933 New York State Championships
I MIGLIORI RISULTATI
Grand Slam singolare: 1930 semifinale Us National Championships
Grand Slam doppio: 1930-1931, 1934 quarti Us National Championships
Finali singolare: 1926 Roma torneo del Ct Roma; 1936 New York State Jackson Heights
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