Pochi giorni all’inizio degli Australian Open, pochi giorni all’inizio di una nuova stagione tennistica; i nuovi appassionati (sì, ce ne sono diversi in Italia da qualche mese) penseranno: “Ma non è appena finita la scorsa?”. Il tennis, nuovi amici, non si ferma mai, non esiste una vera off season, se non per quelle due settimane al massimo in cui si vedono tennisti quasi sempre alle Maldive o in altri posti caldi a rifiatare in vista della preparazione.
Sembra davvero l’altro ieri se ripensiamo a Jannik Sinner che batte Novak Djokovic a Malaga per regalare alla squadra azzurra la seconda Coppa Davis della storia, eppure è già successo qualcosa e non sono nemmeno passati dieci giorni dall’inizio dell’anno: il rientro alle competizioni di Nadal si è arrestato alla terza partita in Australia, a Brisbane, dove dopo la sconfitta contro Jordan Thompson ha sentito un fastidio fisico che lo ha allarmato e consigliato di posticipare il rientro in un torneo dello Slam; d’altronde non è un segreto che Rafa abbia come obiettivo far bene e probabilmente terminare la carriera giocando il Roland Garros e poi le Olimpiadi sempre a Parigi proprio a Bois de Boulogne.
NUOVO ANNO, VECCHI FAVORITI
Federer ritirato ormai da un anno e mezzo, Nadal che si appresta a salutare, dei tre fenomeni è rimasto soltanto Novak Djokovic, che durante la United Cup a Perth ha avvertito un fastidio al polso, non si sa quanto influente ma certamente non da fargli saltare il suo amato torneo di Melbourne; 24 titoli dello Slam all’attivo, 10 solo agli Australian Open e ben 3 solo la scorsa stagione, a sottolineare che il serbo, finché nessuno dimostrerà davvero di essere un dominatore, è lì per vincerle tutte, di esperienza, classe, maestria, cattiveria.
E se dobbiamo trovare un vero favorito per il primo torneo Slam dell’anno non possiamo che pensare a lui, sia perché è il campione in carica e anche perché ai suoi “fastidi” fisici abbiamo imparato a non credere troppo.
LA NUOVA GENERAZIONE DEVE CAMBIARE MARCIA
È certamente vero che la scorsa stagione ha visto la consacrazione e la conferma di Alcaraz, che dopo gli US Open del 2022 si è imposto a Wimbledon proprio contro Novak in una bellissima finale: è palese però che lo spagnolo dimostra di riuscire a imporsi solo quando al massimo fisicamente, di avere periodi di straripante dominio e altrettanto spesso momenti di eclissi totale, nei quali paga lo sforzo fatto, non gioca con la stessa intensità e fatica a rimanere sano. Un peccato, perché Carlitos è quello della nuova generazione con più variazioni nel proprio tennis, risulta però davvero troppo dipendente dalla sua forma fisica.
Chi si attende al varco è sicuramente Jannik Sinner, che specie dopo la seconda parte di stagione scorsa e lo splendido autunno ha compiuto dei passi avanti evidentissimi, mostrando il frutto dello splendido lavoro svolto insieme al suo team che comprende preparatori fisici e psicologici di altissimo livello, Simone Vagnozzi e Darren Cahill; le chiavi saranno probabilmente due: non cadere in nessun problema fisico durante i tornei chiave, con una preparazione certosina compresa di pause necessarie e capire come il servizio, che indoor in campi molto veloci è migliorato così tanto di efficacia, si adatterà alle varie condizioni di gioco.
Si attende di capire quali e quanti miglioramenti abbia fatto anche Hölger Rune, che ha tutto per diventare un cannibale ad altissimo livello.
Medvedev, che sarebbe una certezza ormai e ha l’esperienza per potersi imporre, spesso al momento topico ha ceduto, segno che evidentemente non ha la continuità per potere dominare un circuito evidentemente orfano di un vero sovrano, tolta la continua e ripetuta restaurazione Djokovic. Ma forse veniamo da un’epoca di fenomeni irripetibili e ci aspettiamo quello che non può più costantemente accadere.
IL LIVELLO MEDIO-ALTO SI È ABBASSATO?
Guardando un po’ il ranking viene da chiederselo, onestamente. Anche, in verità, guardando qualche partita di un torneo minore o i primi turni degli Slam: De Minaur, un buon giocatore senza un vero colpo vincente, è entrato questa settimana in top ten; Tsitsipas, che ha avuto una seconda parte di stagione piuttosto disastrosa nel 2023, è numero 7 del mondo, preceduto dal “rientrante” Zverev, che ha ritrovato continuità ma che lo scorso anno ha vinto solo due tornei 250, Fritz che a un certo punto ci si chiedeva che fine avesse fatto è rimasto tra i primi 15 come Ruud, che non ne indovina più una da un po’.
Tra i primi venti ancora Tommy Paul, Jarry, Cameron Norrie, Mannarino.
Un redivivo Dimitrov che negli anni scorsi si è imposto solo un anno, vincendo le ATP Final, adesso batte anche tanti giocatori sulla cresta dell’onda.
Colpa dei troppi punti in alcuni tornei? Challenger troppo generosi?
O forse semplicemente si gioca tutti troppo uguale e chi ha qualche colpo o schema diverso riesce a imporsi qua e là.
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