Ben il Casinaro è un cercatore di miracoli. Convinto nei più reconditi anfratti dell’animo suo che i prodigi siano come le ciliegie, e uno tiri l’altro. Lui li cerca, con tutta l’energia di cui è capace un ragazzo di 21 anni, e li trova anche, sebbene qualche volta certi suoi mistici rendez vous con il destino portino con sé l’irresistibile capriccio della casualità. Ma Ben fa e disfa, promuovendo il caos (o nella sua forma più ridotta, il casino) come formula vincente del suo “bum bum tennis”, e per tenerlo a bada occorrerebbe essere per tre set (ma forse ne basterebbero due) il Sinner della prima frazione.
Giudicato con il metro della mezz’ora di gioco iniziale, il confronto fra Sinner e Shelton potrebbe tranquillamente rientrare nella tipologia degli impegni possibili, senza rischio di inciampare sugli affannosi distinguo che il tennis agita spesso nei suoi match. Tutto sembrava estremamente lineare. Shelton è un fior di atleta, che ha grandi mezzi fisici e una preparazione sui colpi che lascia intravedere le splendide potenzialità del suo gioco, quando si sarà evoluto uscendo dal forsennato pressing che al momento appare la sua arma migliore. Ma Sinner gli è superiore e riesce a ottenere assai più dai suoi colpi, e anche dalle variazioni tattiche che si permette di applicare in corso d’opera, di quanto non riesca al giovane americano di Atlanta. Insomma, finché le forze reggono non c’è partita. Quanto meno, non ancora…
Ma un problema comincia a esserci, in questa crescita di Jannik che tutta l’Italia sportiva sembra accompagnare con interesse e partecipazione. Ed è la stessa evidenziata in più di uno Slam. La sua tenuta fisica è ancora a tempo, e non sempre basta a completare l’opera. Più evidente nei tornei tre su cinque, meno nei tornei sul cemento “semi-indoor” (fra tetti che si chiudono e si riaprono) come Shanghai. Sinner veniva dalla splendida collezione di preziose perle raccolte a Pechino, e al Qizhong di Shanghai non è riuscito a evitare le piccole trappole calate qui e là da Giron (un primo set a dir poco feroce) e Baez (che lo ha costretto alla rimonta). Quello contro Ben il Casinaro era l’ottavo match di seguito, e quando l’americano, a inizio della seconda frazione, si è fatto sotto per cercare di riprendere in mano la sfida che gli stava sfuggendo, pescando nel proprio arsenale otto ace e un buon numero di dritti e rovesci vincenti (è stato di 34 a 25, alla fine, il rapporto tra winners ed errori non forzati per Shelton, 35-27 quello di Sinner), Jannik si è reso conto che le proprie forze non segnavano il livello massimo, e il match era ancora tutto da conquistare. Ha serrato le difese nella terza frazione, ha ricucito gli strappi causati da otto palle break a favore del ventunenne di Atlanta, ma non è più riuscito a contenere Shelton nei turni di servizio, dato che l’americano era ormai entrato nel format che più gli si addice, quello delle percussioni continue, a testa bassa. Il tie break è sembrato a quel punto il logico terminale del confronto, ma Sinner non l’ha giocato al meglio. È stato coraggioso, ha recuperato la parità sull’iniziale 0-4, ma sul 5-6 ha regalato il match con un errore evitabile.
Pazienza. L’occasione per una nuova finale, e un confronto con Alcaraz, c’era tutta. Ma di buono c’è che Sinner potrà godere di un’altra settimana da dedicare alla ricarica, prima dell’ultima fase, con Vienna, Parigi Bercy, le Finals a Torino infine la Davis. A giocare contro Korda, in un quarto di finale del tutto dedicato alla giovane America, sarà Shelton, che è a Shanghai con il padre Bryan, che fu 55 Atp nel 1992 (mentre Sebe è seguito dal fratello di Radek Stepanek, Martin). «È il mio primo quarto di finale in un Masters 1000, e la cosa mi emoziona. Il match con Sinner mi ha fatto capire qualcosa in più su me stesso, non mi facevo tanto tenace e resiliente, ma con Jannik se non riesci a esserlo è inutile che ci giochi. Gli ho visto ottenere dei punti straordinari, ma sono convinto che anche lui abbia visto qualcosa di buono in me».
Il pubblico alla fine ha intonato un Happy Birthday tutto per lui, in anglo-cinese. Il suo compleanno era l’altro ieri, e Ben l’ha festeggiato cenando sul Bund (l’antico porto sul fiume di Shanghai). «Bello, modernissimo. Ho cenato in un ristorante sull’acqua». Con Korda c’è una buona amicizia, ma nessun precedente. «È un bravo ragazzo, e sta giocando benissimo. Ha battuto gente forte, dunque è lui il favorito. Dovrò darmi da fare, il tennis non ti regala nulla. Quando si vince ti fa sembrare che il sia il mondo a girare intorno a te, ma non è così. È uno sport che va guidato, per portarlo dalla tua parte, altrimenti ti punisce». Parola di un provetto casinaro, ma intelligente.
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