Forse andrebbe detto che non è morto nessuno, anche se immaginiamo le processioni, le candele, i sospiri, il com’era bello il tennis al tempo di Federer. Le lacrime. Come vi diranno tutti, come sapete meglio di tutti, questi 24 anni – che con una precisione solo parzialmente svizzera la Sua Graziosa Maestà Roger Federer ha tenuto a ricordare, in un messaggio che non si è discostato poi così tanto dalle dichiarazioni degli ultimi 20 anni – sono stati il lento, e tuttavia impetuoso, dipanarsi di una storia che non può altrimenti definirsi che d’amore.
Complice quel paesucolo di provincia che è diventato il mondo, un ottimo giocatore di tennis è asceso al cielo, letteralmente viene da dire, visto che persino sulla Piazza Rossa a Mosca campeggiava in alto, tra San Basilio e le mura del Cremlino, una sua spaventosa gigantografia che potevi guardare solo con il naso all’insù. A caldo non è tanto il tempo delle spiegazioni, se quell’ombra maligna – “non credo sia colpa mia” commentò quando gli dissero del suicidio di Wallace – continua a leggere
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