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ATP Finals, Piatti: “Per Sinner è tutta esperienza, e su Medvedev dico che… “

«Tocca a te, Jannik. Preparati e divertiti». 

L’ha avvisato con queste parole, Matteo, con una telefonata alle 17 di una giornata nella quale aveva fatto il possibile per ribaltare il verdetto che gli veniva da quel corpo che gli stava dicendo di no, che non era il caso di insistere, di provarci, e magari di peggiorare la situazione. «Vai tu Jannik». Tocca a te divertirti…

Coach Piatti gli aveva dato indicazioni precise, a Sinner. E azzeccate, viste le difficoltà del momento. «Certo non siamo andati a chiedere a Matteo», racconta Riccardo. «Prima di tutto il rispetto… Lui stava vivendo una situazione di grande disagio personale, come sempre quando un sogno coltivato e anche meritato, lasciate che lo dica, si spegne d’improvviso in un brusco risveglio. Così, mi sono limitato a consigliare Jannik di fare come se…».

Proprio così. Come se… Nelle sue varie accezioni. Come se dovesse giocare, ma anche come se non dovesse farlo. 

«Ma sì, dai, lo avete capito. Sono momenti un po’ così, anche delicati. Alla fine sei costretto a chiedergli di sdoppiarsi, e cioè di andare a rivedere quella finale perduta a Miami contro Hurtkacz, di sintonizzarsi sulle cose fatte allora e su quelle da fare in questa occasione, e di entrare nella parte. Ma sapendo che tutto rischia di essere a suo modo relativo. L’ultima parola spettava a Matteo, e devo dire che è stato carino da parte sua dire a Jannik, vai e divertiti. Carino e perfino utile. Insomma, gli ha detto la cosa giusta, la più amichevole che si possa dire, e a Jannik è servita per liberarsi di un po’ di angosce».

In effetti, si è divertito il ragazzo. Un po’ meno Hurkacz, ovvio, ma di questo certo non saremo noi a lamentarci. Gran bel match, vero? Piatti certe frasi le dice solo in determinate occasioni, e anche in quelle magari ci pensa due volte. «Però, sì, un bel match», si lascia andare. «Jannik ha fatto le cose giuste, ha tenuto alto il ritmo, non ha mai dato a Hubi la possibilità di prendere in mano il gioco. È stata una prova di maturità, senza voler dare alla parola chissà quale enfasi».

Ciò che Piatti voleva: una crescita progressiva, un giusto avvicinamento alla maturità. Glielo ricordiamo attraverso una sua frase, che all’inizio dell’anno l’abbiamo sentita ripetere un bel po’ di volte: “Mi auguro che Sinner possa disporre di una stagione piena, zeppa di incontri e di cose da imparare. Una stagione da almeno 60 incontri”. Ci siamo, no? Gli incontri con quello del debutto nelle Finals sono diventati 67. Le vittorie? Non male, 46.

«Sì, è così. Stagione piena, proprio come la desideravo. Per lui, ovviamente. Perché è un ragazzo che ha molte qualità, ma fra tutte quella di imparare dalle prove di tutti i giorni è certo una delle più sviluppate. E infatti, credo che quest’anno abbia imparato molto. Ha anche distribuito bene gli sforzi. Non è un caso che abbia vinto i suoi tornei a inizio stagione in Australia, poi a Washington in estate, e gli ultimi al ritorno in Europa, dopo gli Us Open. Ha giocato bene anche sulla terra rossa, devo dire. Meno sull’erba. Ma c’è tempo».

Bè, ha partecipato anche alla volata per entrare tra gli otto maestri in via diretta. «Ha giocato tanto, Jannik, in queste ultime settimane. Ma serve anche questo per fare esperienza. Ci ha provato, ma il torneo di Parigi Bercy non lo ha davvero aiutato. E quando è andato a Stoccolma i giochi erano ormai fatti. Siamo venuti qui per rispettare l’impegno, ma anche per cominciare a delineare le cose da fare in vista della prossima stagione. Dopo le Finals c’è la Davis, e dopo i tempi saranno strettissimi. Insomma, occorre tenere conto di un sacco di cose».

Anche del fatto che domani (oggi, per chi legge) c’è il confronto con Medvedev, il numero due. «Un’altra occasione per crescere. Ma è giusto vederla così. Sono momenti importanti per un giovane giocatore come Sinner, tanto più contro un tennista formidabile come il russo che ha da poco vinto il suo primo torneo del Grand Slam frenando la rincorsa di Djokovic con una autentica prova d’autore. Del resto, Sinner proprio questi incontri deve cercare. È entrato nella Top Ten, è uscito ma mi dicono che ci rientrerà di nuovo. Sta rispettando i tempi, i suoi tempi. Nole fece più in fretta, Tsitsipas alla stessa età di Sinner, venti anni, non era ancora così in alto. La strada è tracciata». E passa per Medvedev. Necessariamente.

Daniele Azzolini

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