“Il tennis è uno sport così maledettamente solitario. Soltanto i pugili possono capire la solitudine dei tennisti. Perfino il suo avversario fornisce al pugile una sorta di compagnia, qualcuno a cui può avvinghiarsi e contro cui grugnire. Nel tennis sei faccia a faccia con il nemico, scambi colpi con lui, ma non lo tocchi mai, né parli a lui o a qualcun altro.”
Le parole di Agassi sono la sintesi perfetta di come il tennis possa rappresentare una forma estrema di lotta interiore.
Il tennista è come un tormentato supereroe che deve combattere contemporaneamente contro l’avversario, il pubblico, il giudice di sedia e soprattutto contro se stesso. Eppure proprio come a un supereroe solitario anche al tennista può capitare talvolta di non lottare da solo ed è in questa situazione che si realizza l’inaspettato.
Quando il giocatore si trova a far parte di un team si sprigiona una partecipazione emotiva coinvolgente: il tennista che assiste all’incontro del compagno di squadra si mette a tifare, a soffrire o gioire, a dare suggerimenti e a concepire strategie durante i cambi campo con un affiatamento unico ed esplosivo, del tutto insolito per un atleta abituato a coltivare la propria solitudine. Esistono infatti tornei che riescono a fondere le singole individualità in un unico nucleo coeso.
La Coppa Davis prima e l’ATP Cup negli ultimi due anni rappresentano esempi di tornei internazionali a squadre i cui partecipanti sono tutti accomunati dall’appartenenza alla stessa nazione. La Laver Cup invece è un originale e composito torneo a squadre ideato nel 2017 da Roger Federer e Tony Godsick in omaggio allo storico campione Rod Laver e ai suoi record insuperabili. La competizione, diventata nel 2019 ufficialmente evento ATP vede affrontarsi una selezione di giocatori europei e una selezione di giocatori provenienti dal resto del mondo. In questa ultima edizione appena conclusa e svoltasi a Boston il team Europe era composto da Medvedev, Tsitsipas, Zverev, Rublev, Berrettini e Ruud: insomma, gli Avengers! Contro questi supereroi che potrebbero far impallidire – tennisticamente parlando – i Vendicatori della Marvel, solo dei coraggiosissimi atleti potevano osare di scendere in campo per provare a contrastarli.
Il team Resto del Mondo, come l’antagonista casa editrice DC Comics, ha affidato a un eterogeneo gruppo di tennisti il compito di fronteggiare i campioni europei in quella che fin dall’inizio era apparsa come una vera e propria missione impossibile. Ben presto la Justice League si è trasformata nella Suicide Squad sotto i colpi degli imbattibili Avengers europei. Non è bastato il trascinatore Mc Enroe, né i giovani e agguerriti canadesi Auger-Aliassime e Shapovalov, i due giganti americani Opelka e Isner, El Peque Schwartzman e l’istrionico australiano Kyrgios. Il team Europe, come da previsioni, è volato a suon di record verso la vittoria del torneo, anche se il punteggio impietoso in realtà non rende il giusto merito alla Suicide Squad che ha perso quattro incontri al tie break, al termine di match sofferti e dall’esito sempre incerto.
Niente da fare, anche quest’anno la squadra dei tennisti europei si è aggiudicata il trofeo, forse non ci hanno creduto davvero gli antieroi del Resto del Mondo. Nonostante la disfatta il pubblico ha assistito a match divertenti e carichi di adrenalina fino all’ultimo scambio, con gli Avengers impegnati a non deludere le aspettative e i paladini DC Comics intenti a lottare strenuamente, liberi e audaci come chi ha capito presto di non avere nulla da perdere. E il verdetto della vigilia è stato ampiamente rispettato: missione compiuta per gli Avergers del team europeo, senza neppure dover scomodare gli eterni Guardiani della Galassia. Gli avventurieri spaziali hanno osservato seduti in tribuna o sul divano di casa le conquiste dei giovani Vendicatori nella prima Laver Cup disputata interamente senza di loro, la prima senza nessuno dei tre Big, infortunati nel corpo e nello spirito. Ma gli autori dell’universo cinematografico Marvel ci hanno ormai abituati a non abbandonare troppo presto la poltroncina del cinema e a restare seduti fino alle scene extra dei titoli di coda. Anche davanti al più cupo e terribile dei finali non possiamo dimenticare che i vecchi Guardiani della Galassia trovano sempre il modo di rinascere, perché “We are Groot!”
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