[8] Ka. Pliskova b. [2] A. Sabalenka 5-7 6-4 6-4
Nel momento probabilmente più impensabile, nella stagione più difficile da quando è a tutti gli effetti una top player, Karolina Pliskova è riuscita a tornare in una finale Slam cinque anni dopo quella persa in volata allo US Open del 2016. La ceca, che aveva cominciato il suo cammino a Church Road con un primo set ripreso solo con le unghie contro Tamara Zidansek, dal secondo turno in poi è andata in un crescendo molto importante.
Soprattutto, come visto oggi nella sfida contro Aryna Sabalenka, la prestazione mentale della ceca è stata enorme. Aveva perso le due partite contro la bielorussa giocate fin qui, forse non era fattibile avere una vera favorita tra le due e in una sfida così dura aver perso un primo set come quello odierno poteva essere un pesante gancio subito sul volto. Invece è risalita, quasi inscalfibile, lavorando molto bene lo scambio, togliendo Sabalenka dalla sua comfort zone e soprattutto non concedendo praticamente più nulla con il proprio servizio.
Non è bastato il record in carriera di ace alla sua avversaria, che ha pagato ancora l’enorme euforia e l’enorme energia che è capace di sprigionare e in un momento la può esaltare e nell’attimo dopo la può portare a un black out prolungato. È stata una grande avversaria, Sabalenka, ma oggi Pliskova è emersa nella maniera migliore per il 5-7 6-4 6-4 che vale il biglietto d’accesso alla finale, dove affronterà Ashleigh Barty per tentare di mettere le mani sul primo Slam della carriera.
Fin dai primi scambi diversi aspetti emergevano: Karolina poteva contare su un maggiore equilibrio, Aryna su un gioco arrembante e asfissiante. E su questi termini la bilancia poteva pendere, leggermente, dalla parte della numero 8 del seeding perché a lungo andare la bielorussa rischiava sempre più un black out importante. Eppure il primo set è stato brutale e beffardo per la ceca, che ha avuto otto palle break ma di fatto non ne ha mai potuta giocare nemmeno una. Soprattutto il passaggio dal 5-5 0-40 al 7-5 Sabalenka è stata terribile, per lei: ace, seconda ingiocabile, prima al corpo; poi sulla quarta palla break ace, ace di seconda (con l’arbitro che aveva chiamato il doppio fallo, ma era impossibile vedere il tocco), ace. Quel ribaltamento è rimasto nelle mente di Pliskova, che rideva in maniera beffarda già dopo l’ace sulla quarta chance e non ha più ritrovato la concentrazione, perdendo due brutti punti al volo nel game successivo e concedendo la prima palla break della sua partita, commettendo un grave doppio fallo.
Sabalenka aveva il vantaggio. Era a un set dalla prima finale Slam della carriera. L’avversaria aveva subito un colpo durissimo. Eppure la ceca è riuscita a gestire benissimo i primi game a inizio del secondo set, forse i più difficili perché un minimo passaggio a vuoto, un qualcosa, e Aryna poteva seriamente avvicinarsi a un nuovo break e magari prendersi il match. Ha ricominciato a servire bene, soprattutto Sabalenka non è più riuscita a vincere più di 2 punti in risposta. Pliskova, qui, ha cominciato a togliere un po’ di velocità al proprio servizio. Se lo può permettere, ma variando meglio le traiettorie e la potenza ha tolto a Sabalenka il ritmo e la sicurezza nell’impatto. Così gestiva bene i propri game, e poteva cominciare ad aumentare la pressione in risposta. Sabalenka poi si è un po’ complicata la vita, perdendo malamente la battuta sul 2-2, in un game dove era partita male con un rovescio affossato sotto al nastro e terminato con un dritto efficace dell’avversaria. Forse, nell’economia generale, aver staccato la numero 2 del seeding a metà parziale ha ulteriormente contribuito a spezzare l’equilibrio.
Sabalenka sentiva che il match era tutto da giocare. Aveva un set di vantaggio ma cominciava ad accelerare troppo nelle decisioni e nelle reazioni tra un punto e l’altro, che spesso per lei vuol dire perdere il controllo di quanto le è possibile gestire. Nella fase in cui è più vulnerabile questo si tramuta in una serie di errori importanti ed evidenti, palle colpite male, il corpo che si muove in maniera scoordinata e nelle urla di affanno. Pliskova vinceva il secondo set per 6-4 e già nel primo game del terzo metteva a segno il break che ha deciso la partita, con un’ottima risposta a una seconda dell’avversaria verso l’angolo sinistro e Sabalenka che sbilanciata cercava un improbabile rovescio vincente. Da lì pura accademia al servizio, con zero rischi corsi per la ceca anche quando è andata a servire per il match e l’ultimo ace, all’incrocio esterno delle righe, è valso la gioia più grande del suo 2021. Fin qui, però, perché adesso ha il match più importante della sua stagione, e degli ultimi anni.
Sarà sfida contro Ashleigh Barty, dunque, per decretare la nuova campionessa di Wimbledon. Sarà una prima volta per entrambe, tra due ragazze che non avevano affatto cominciato questo Slam in maniera brillante ma che sono cresciute tanto nelle ultime giornate. L’australiana guida 4-2 i precedenti, 5-2 se contiamo anche un match ITF giocato a Nottingham nel 2012 (su erba), mentre Pliskova ha vinto l’unico precedente su erba nel circuito WTA, sempre a Nottingham ma nel 2016.
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