Gli episodi in cui Fabio Fognini si rende protagonista – in negativo – per il suo colorito (diciamo così) linguaggio in campo ormai non si contano più. L’ultimo alle Olimpiadi, contro Daniil Medvedev.
All’inizio del set decisivo il tennista ligure ha la doppia chance di andare avanti di un break e, dopo aver sprecato la prima, rivolge a se stesso queste parole (non le ripetiamo, lasciamo parlare lui).
Il video inizia a circolare sui social e Fabio, a mente fredda, realizza che quanto detto può aver ovviamente urtato la sensibilità e suscitato le reazioni indignate di qualcuno. Così arrivano le scuse.
Nessuno crede nella malafede di Fognini, è un sanguigno, ormai lo conosciamo e sappiamo che, preso dalla concitazione del momento, può lasciarsi andare a esternazioni infelici. Il problema è che ormai questi episodi – prima le parole sopra le righe, poi le scuse – iniziano ad essere tanti, troppi. E purtroppo offuscano la sua immagine e i suoi risultati: non tanto con gli appassionati di tennis (che lo conoscono da anni) e gli addetti ai lavori, ma soprattutto agli occhi di chi magari sente parlare di lui solo in queste occasioni o si ricorda del tennis esclusivamente durante le Olimpiadi, rischiando di farsi ricordare per il suo temperamento e i suoi scivoloni linguistici anziché per il suo talento. Ed è un peccato.
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