[1] A. Barty b. [25] A. Kerber 6-3 7-6(3)
Ashleigh Barty non aveva mai espresso in maniera importante i propri desideri e i propri obiettivi da raggiungere. Spesso si è “chiusa” in un tranquillo “vorrei poter offrire il meglio di me stessa in ogni occasione”. Semplice, come il suo carattere. Adesso però, nei giorni di vigilia di Wimbledon, per la prima volta si era sbottonata con la stampa raccontando di un sogno che la emozionerebbe tantissimo: vincere su questi prati e pensare finalmente di avere le chance per poterlo fare.
In quest occasione, poi, avrebbe pure un significato speciale. Nel 1971 infatti Evonne Goolagong vinse il suo primo titolo a Church Road battendo in finale Margaret Court. Cinquant’anni dopo Barty sta indossando un completo che è stato ideato apposta per celebrare quel traguardo di una persona che ha tanto in comune con lei. Da pure aborigene, è più che naturale che i loro caratteri si siano in qualche modo incrociati in una bella unione e quando Barty nel 2014 decise di staccare dal tennis lei, Goolagong, fu una delle prime persone che si fece sentire al di fuori della cerchia stretta di familiari e amici. Le disse banalmente di prendersi una pausa vera, di andare a pescare, di dimenticare tutto e tornare a essere se stessa.
Oggi, Ashleigh è diventata la prima australiana in finale a Wimbledon proprio dai tempi di Goolagong, che nel 1980 vinse i Championships battendo Chris Evert 6-1 7-6. Lo fa da numero 1 del mondo, lo fa con una vittoria delicata e per nulla banale contro Angelique Kerber, che solo fino a qualche settimana fa sembrava smarrita e che invece l’erba l’ha vista ritrovare tanta energia. Oggi ha pagato solo per qualche momento in particolare dove purtroppo però poco o nulla ha funzionato come doveva. Nel complesso sembrava superiore, aveva le armi per annullare quasi tutte le opzioni dell’avversaria, ma qualche passaggio a vuoto le è costata la terza finale in carriera a Wimbledon e nel 6-3 7-6(3) conclusivo ci sono diversi rimpianti.
Il primo per Kerber è nello scatto subito dopo il via. Non ha saputo prendere il comando nelle due palle break del primo turno di battuta dell’australiana e soprattutto sul 30-40 è andata troppo dietro alla linea di fondo lasciando Ash libera di spingere e poi, nel proprio turno inaugurale, nessun colpo lungolinea ha funzionato. Ha offerto la prima palla break del match e, caso anomalo per lei, non ha chiuso lo smash a rimbalzo nei pressi della rete. È una delle migliori ai vertici del ranking femminile per concretezza in questo colpo, eppure a freddo non ha avuto vera incisività. Barty ha indovinato l’angolo, ha fatto un ottimo passante di dritto e ha messo il set sui suoi binari concretizzando il vantaggio e andando sul 3-0. Kerber ha salvato una palla del 4-0 cominciando a trovare efficacia nei cambi di gioco sinistra-destra mandando Barty in difficoltà dal lato del rovescio e aumentando l’efficacia del dritto.
Da lì in avanti il primo set era sì tutto a favore della numero 1 del seeding, ma l’equilibrio era molto sottile. Già sul 3-1 Barty si è salvata sullo 0-30 con un punto difensivo più una voleè in avanzamento, soffriva con la seconda palla ma con la prima teneva abbastanza bene il controllo. Di nuovo, al momento di chiudere il set, è stata indietro di due punti e di nuovo ha salvato un possibile 0-40 con un dritto in controbalzo dalla linea di fondo, colpito non benissimo ma terminato sulla linea laterale. Lo slice le dava il 30-30, ma un doppio fallo rischiava di spedirla in affanno. Invece, la seconda palla giocata in quel momento, è stata forse la migliore della sua partita. Ha scelto l’angolo a uscire, ha caricato un ottimo kick e Kerber si è trovata a colpire quasi in tribuna prima di subire un attacco di rovescio e una voleè. Sul set point, invece, un ace ha sistemato le cose molto in fretta.
La pressione di Kerber però stava aumentando, soprattutto Barty non aveva più vere vie per ottenere i punti. Da fondo Angie ormai sbagliava raramente, e le difficoltà crescenti dell’avversaria sono “esplose” quando sullo 0-1 è stata subito colpita da un lob e poi ha provato uno strano schiaffo al volo di rovescio, che per lei vuol dire scarsa lucidità. La prima l’ha aiutata a risalire ad 0-40 a 30-40, ma sulla terza chance è stata chiamata a una seconda in cui Kerber ha difeso bene il tentativo in lungolinea e ha trovato l’errore col dritto dell’avversaria. La sensazione era di una partita che aveva svoltato. Barty trovava agio negli scambi solo se teneva Kerber lontana dalla linea di fondo, dal lato del rovescio, agendo con uno slice profondissimo. Trovava raramente modo di girarsi sul dritto dal lato del rovescio, e non era possibile per lei colpire il dritto anomalo verso il dritto avversario. In più, e questo è un problema che si è manifestato solo oggi: il dritto in top spin a stringere l’angolo sull’incrociato non faceva così male come in tante altre occasioni, perché lì andava a pizzicare il rovescio di Kerber e la straordinaria capacità della tedesca di piazzare la palla nell’angolo stretto o di ribaltare l’inerzia in due mosse con un colpo profondo.
In questa partita a scacchi, Kerber non è riuscita però a mostrarsi veramente efficace. Già sul 4-2 si è messa un po’ in difficoltà con due errori su due slice molto radenti, però ne era uscita molto bene chiudendo con un gran dritto lungolinea da fuori dal campo. Sul 5-3, invece, il lancio di palla è stata la prima cosa venuta a meno. Sul primo punto, poi, Barty è riuscita dopo tanto a spostarsi sul dritto dal lato sinistro e colpire forte verso in lungolinea. Kerber ha sentito il momento e ha buttato da lì il game con un paio di brutti errori che l’hanno spedita sotto 0-40, prima di essere passata da una Barty che era emersa dai pericoli e col servizio arrivava sul 5-5 abbastanza facilmente. La tedesca si salvava, ma non riusciva a scongiurare il tie-break, lì dove una bruttissima partenza le è costata la partita. Un rovescio spento a metà rete ha dato un primo minibreak a Barty, confermato da due punti vinti su altrettante seconde palle. Perso il punto del 4-0, Kerber si è consegnata. Ha spinto alla cieca sullo 0-6, è riuscita in qualche modo ad annullare i primi tre match point ma sul più bello non ha trovato spinta necessaria col rovescio su una palla alta e carica. Non era un colpo facile, ma i rimpianti veri per lei sono in altri momenti del match.
Barty dunque accede alla seconda finale Slam della carriera dopo il Roland Garros 2019. Se a Parigi tutto ciò aveva l’aria di uno shock, qui invece è tutto meritato. Non è un mistero quanto le piaccia giocare su erba, e a maggior ragione ora che si è esposta con questa serenità e con l’atteggiamento giusto di chi sta gestendo una fase importante della propria vita non dovremmo essere troppo sorpresi.
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