[1] A. Barty b. S. Rogers 6-3 6-4
[25] K. Muchova b. [18] E. Mertens 7-6(5) 7-5
Dopo un secondo turno complicato, e con diversi dubbi, seguito da un terzo un po’ più accorto e gestito bene, oggi Ashleigh Barty è tornata a proporre una prestazione piuttosto convincente dall’inizio alla fine. La numero 1 del mondo WTA è per il terzo anno consecutivo ai quarti di finale del suo Slam di “casa” e si è liberata di una possibile mina vagante come Shelby Rogers con un comodo 6-3 6-4 che poteva anche essere più netto se nel secondo parziale non si fosse un attimo distratta a un passo dal traguardo già nell’ottavo game.
Oggi è funzionato l’intero piano tattico preparato: ogni colpo doveva essere finalizzato a mandare fuori posizione la sua avversaria per non farla colpire come vorrebbe, elemento su cui Barty è molto abile soprattutto sul cemento. Il primo break, arrivato già sul 2-1 e concretizzato per il 4-1, ha subito indirizzato il match dalla sua parte. Nel nono game la chiusura e nel secondo set l’allungo fino al 5-1. Sul 5-2 è arrivata 40-15 e rilassandosi un attimo non è riuscita a concretizzare i due match point. Sul 5-4, però, l’errore non si è ripetuto e ai quarti di finale avrà Karolina Muchova, che si è imposta 7-6(5) 7-5 contro Elise Mertens. Partita molto dura, con la belga avanti 4-0 nel primo parziale ma con l’equilibrio che piano piano si è capovolto quando Muchova ha cominciato a colpire senza più tensione nel braccio, lasciando andare molto meglio i suoi colpi e salendo di livello.
Ha cominciato a far male soprattutto spingendo verso il dritto di Mertens, che invece perdeva un po’ la pazienza e si lasciava andare ai primi veri errori della sua partita. Con 5 giochi consecutivi la ceca è salita 6-5, prendendosi poi il tie-break per 7-5 e facendo un enorme balzo in avanti perché nella seconda metà del secondo parziale ha cominciato ad avvertire ancora qualche dolore all’addome, nella zona sinistra, la stessa interessata durante il Gippsland Trophy nella settimana che ha preceduto lo Slam.
Elise ha giocato male il turno di battuta sul 5-5 regalando il break a Muchova che, per non rischiare, è andata all’attacco. Ace, ace, servizio e voleè chiuso con una veronica vincente e 40-0 in un amen. Il match point è stato una mezza liberazione, e tra due giorni sarà in campo per cercare la prima semifinale Slam in carriera.
J. Pegula b. [5] E. Svitolina 6-4 3-6 6-3
[22] J. Brady b. [28] D. Vekic 6-1 7-5
Il volto sorpresa di questo Australian Open, fin qui, è quello di Jessica Pegula. “The Pride of Buffalo”, “l’orgoglio di Buffalo” come viene simpaticamente presentata, cittadina nel nord ovest dello stato di New York al confine con il Canada, nota al pubblico non avvezzo di tennis “oltre una certa soglia” più che altro perché figlia di Terrence Pegula, proprietario dei Bills, la franchigia di football statunitense proprio di Buffalo e che quest anno è andata vicinissima a giocarsi il Superbowl.
Ha ormai 27 anni, non stiamo parlando di una giovanissima promessa, ma l’unione con David Witt a fine 2019 l’ha aiutata sensibilmente a crearsi (finalmente) una dimensione tutta sua nel panorama tennistico femminile. L’ex coach di Venus Williams, al fianco della campionessa statunitense per tantissimi anni pur rimanendo sempre nell’ombra, adesso sta dando una mano importante a una ragazza che non è più giovanissima ma che ora sarà vicina per la prima volta in carriera alla top-40 e sul cemento aveva fatto vedere di poter fare abbastanza bene nei risultati delle retrovie, piazzamenti e buone prestazioni contro altre giocatrici di seconda fascia. Adesso però questo Australian Open l’ha proiettata addirittura fino alle migliori 8 del tabellone.
Prima dello US Open 2020 non aveva mai superato il secondo turno, in appena sette main draw a cui aveva preso parte (guarda caso poi nel suo esordio assoluto, allo US Open 2015). Adesso prima il successo in due set contro Victoria Azarenka, molto lontana dal miglior rendimento, poi quattro game persi in due partite contro Samantha Stosur e Kristina Mladenovic, e adesso il 6-4 3-6 6-3 inflitto a Elina Svitolina, di nuovo vittima illustre in un Major quando non riesce a contrastare un’avversaria abbastanza offensiva e capace di trovare una giornata di spessore.
La costante, ormai, della carriera dell’ucraina la vede oggi soccombere in tre set contro una coetanea con molta meno esperienza di lei in un tabellone di questa rilevanza. Le ultime sconfitte Slam, dall’Australian Open 2019, sono sempre stati ko pesanti nel punteggio e talvolta nel calibro delle giocatrici affrontate. Lei stessa non si dava pace, in conferenza stampa, per una situazione che non può essere catalogata ormai come punto di passaggio in un processo di crescita. Oggi Pegula è stata bravissima nel cogliere la chance tra colpi abbastanza profondi, baricentro del corpo abbastanza basso per buona stabilità al momento di impattare e dare direzione e pericolosità alla palla senza grande sforzo. Ha avuto un momento importante di calo, ma Svitolina in qualche modo le ha dato tempo di riprendersi in un inizio di terzo set dove lei è rimasta ancora passiva e Pegula tornava a colpire palle molto pericolose e che alla lunga l’hanno rimessa sui ritmi del primo set.
Nella prima frazione il momento decisivo è arrivato sul 3-3 col break della statunitense per il successivo 6-4. Nel secondo però Pegula era calata e commetteva tanti errori anche di posizionamento nei vari scambi, con Svitolina brava a evidenziare i problemi e risalire da uno 0-1 e servizio al 4-1 e 0-40. Non c’è stato il terzo break consecutivo ma comunque un 6-3 che doveva darle più fiducia e determinazione per approcciare il parziale decisivo. Invece, purtroppo per lei, il terzo set è stato di nuovo a marca statunitense. Pegula dopo i primi game ha cominciato a colpire di dritto come nel parziale di apertura. I vincenti tornavano a salire e l’ucraina era sempre due metri dietro la linea di fondo. Il break a quel punto era forse solo questione di tempo, e sul 2-1 Pegula ha preso vantaggio fino al 4-1. Svitolina ha cercato il tutto per tutto, risalendo fino al 4-3 e resistendo quanto più possibile nell’ottavo game, ma alla quarta palla break si è arresa e dopo lo 0-30 mancato sul 3-5 ha visto svanire anche questa chance di poter essere protagonista in un Major.
Pegula invece continua la sua corsa e ai quarti di finale avrà Jennifer Brady. È una bella storia questa tra le due perché è dai primi turni che si scrivono su Twitter chiedendo che si salutino a vicenda quando è il momento di firmare la lente della telecamera a fine partita. Pegula, dopo il successo al primo turno, aveva scritto “Hi Ons!” con un saluto rivolto a Ons Jabeur, e da allora Brady le chiedeva un commento o una dedica con messaggi su Twitter e Pegula che faceva altrettanto. Oggi, dopo il successo contro Svitolina, Jessica ha scritto “Hi mum! Hi Dad! See you next round Jen!” quasi a chiamare il successo dell’amica e connazionale per una sfida tra le due abbastanza impronosticabile a inizio torneo. Invece per Brady questo risultato sembra quasi divenuto normale. Il suo Australian Open è partito con forti ambizioni da seconda settimana, possibilmente di nuovo un arrivo tra le migliori 8 come avvenne allo US Open in cui si spinse fino alle semifinali, ma il cammino fin qui è stato perfetto con una manciata di game lasciati a ogni avversaria.
Oggi Donna Vekic è stata la prima e unica a vincere più di tre game in un set quando nel secondo ha creato un po’ di incertezza passando da 2-4 a 5-4, ma era un momento dove Brady si era un po’ distratta dopo un medical time out per incerottare il ginocchio sinistro della croata. Eravamo 6-1 4-2, e sembrava ormai arrivare la parola fine, rimandata invece di una mezzora, tempo che Jennifer prendesse il break sul 5-5 e lo confermasse poi per il 6-1 7-5 conclusivo. Preso il pennarello ha scritto sulla telecamera “Bring it on Jess!”. La sfida è lanciata.
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