Se la bolla è un effetto (di un virus incomprensibile, quanto meno), indecifrabili appaiono gli effetti della bolla.
La quale, ormai, è l’argomento di giornata, forse per il fatto che di grandi match non se n’è visto manco mezzo. Sprazzi, se va bene. Di buon tennis, di curiosità per l’uno o l’altro dei contendenti, di sole e di pioggia (spruzzi, in questo caso). Perfino sprazzi di covid, per arginare il quale la bolla è stata creata. È di domenica il confinamento di Benoit Paire per coronavirus, probabilmente beccato in Francia.
Asintomatico finché si vuole ma in giro per la bolla di Flushing Meadows da dieci giorni. Tant’è che con spirito da detective, i buoni medici del tennis si sono disposti a tracciare giocatori e coach con i quali il francese ha avuto contatti negli ultimi giorni. Praticamente tutta la squadra di Francia presente agli Us Open. Gasquet, Moutet, Simon e via accentando… Anche loro trattenuti in camera e testati. Ma in campo il giorno dopo. Uno di questi, Adrian Mannarino, avversario del nostro Sonego.
Tipo strambo, il Mannarino. Gioca di mancino un tennis piuttosto antico, di traiettorie pulite e accelerazioni dosate il giusto, senza strappi. Anche il servizio è di altissima consistenza, ma tutto tranne che esagerato. Non segna un ace, il francese, ma ottiene più servizi vincenti della gran parte dei giocatori normali (cavernicoli alti due metri e 11 a parte, intendiamo). Il suo problema è che gioca benissimo finché non si ricorda di essere Mannarino. Quando lo fa, si sfalda, manda in malora se stesso e tutta la partita, si strapperebbe persino le vesti se di questi tempi non vi fosse il rischio di dover ricomprare di tasca propria tutto l’abbigliamento, dato che gli sponsor non sembrano più propensi a scialare come un tempo.
Così, il match con l’italiano vive nell’attesa che il francese sbrocchi. Ci siamo? Che fa? Ha già cominciato a sparare colpi all’impazzata? No, non ci siamo. Il Mannarino uscito dalla bolla, testato di tutto punto, tamponato come si deve, sembra Biancaneve al risveglio dopo il bacio del principe. Appare lieve negli spostamenti, accurato nelle trame, ispirato nella scelta dei colpi, nitido nelle geometrie con cui ammorbidisce le smanie di Sonego, in gravi ambasce sin dal primo quindici. Ci manca solo che canti con voce da soprano.
Aria mogia, sul campo italiano, tanto più in una giornata che si prospetta da passo dello Stelvio per tutto il nostro tennis. Travaglia commette errori a non finire contro Thompson e quando finalmente gli strappa un set torna cocciutamente a sbagliare tutto da capo. Lorenzi finisce sotto il torchio del giapponese da corsa Nakashima. La Paolini ha di fronte Garcia, e non c’è partita (chissà se anche lei, Caroline, è finita in astanteria, dopo il caso Paire).
C’è un fatto, i francesi “bollati” giocano alla grande. Delle due, l’una… O la bolla fa bene, o il fatto di essersela vista brutta ha procurato a ognuno di loro una bella scossa. Vince persino Kristina Mladenovic, una che va come le gira, e spesso (anzi, sempre da quando Thiem l’ha mollata) non le gira per il verso giusto.
E torniamo a Mannarino. Il momento sembra arrivato. A inizio terzo set, con Sonego in pressione su ogni colpo (tattica disperata, si dirà, ma trovatela voi una migliore), si attesta sul 2 pari, poi comincia a sbagliare tutto. Palline in partenza per il New Jersey, manate sulle cosce da lasciare il timbro livido per una settimana, chiamata a raccolta di tutti i Penati (ma sì, le divinità familiari) della casa, ma niente da fare, Sonego rimonta e si rilancia. Si va al quinto? Macché. La furia si sgonfia da sola, come una tempesta in mare aperto. Nel quarto il francese torna meditativo, all’apparenza tranquillo, e il gioco riprende a lievitare, a riempirsi di sostanza. Sonego va sotto fino al 4-1, rimedia un break che lo riporta 4-3 ma concede il break a sua volta, l’ultimo del match. Mannarino va al servizio e bolla Sonego.
Lorenzo era al terzo Us Open e nei primi due era giunto sempre al secondo turno. Questi tempi di bolle e di virus non sono i migliori per trarre indicazioni, la preparazione è quella che è ed è faticoso per tutti ritrovare il ritmo dei match da torneo. Occorre però tornare presto a migliorare. Uno come Mannarino, se si è pronti a una carriera di alto profilo, non può essere un problema. Ma Sonego è apparso in difficoltà negli scambi regolari, a disagio con gli schemi sin troppo geometrici del francese, mentre ha giocato come sa solo nei frangenti più avvelenati. È un fatto, Sonego non ha mai mostrato di poter comandare il gioco. Forse è il caso di rifletterci un po’.
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