Aryna Sabalenka – 8 (9 in doppio)
Una stagione molto complicata, ma altrettanto importante, è passata per Aryna Sabalenka che ha tirato fuori il meglio di quello che poteva nelle varie e districate vie del suo cammino. Non è ancora una giocatrice “arrivata”, ma pur senza i numeri di un 2018 molto entusiasmante ha fatto prestazioni di buonissimo livello. Non sempre, però, supportati dai risultati. Al contrario del doppio, dove in coppia abbastanza “casuale” con Elise Mertens ha vinto Indian Wells e Miami, più lo US Open.
Entrata in top-10 in singolare al termine dell’Australian Open. La partita contro Belinda Bencic, persa con 6 match point a favore a Dubai, l’ha segnata pesantemente e a Indian Wells si è bloccata al servizio con problemi nei tornei a seguire dove il numero dei doppi falli era sempre troppo elevato. Proprio in California la vedemmo fermare un allenamento per un problema alla spalla sinistra che lei stessa mimava le desse fastidio quando doveva portare il corpo verso l’alto. Non si è poi saputo granché, ma un po’ il servizio e un po’ alcune certezze andate in fumo hanno giocato contro di lei nella fase più difficile: sulla terra rossa.
Su erba è tornata a giocare meglio, pur con tutte le incertezze di chi era ancora abbastanza alla ricerca di se stessa. Due mesi di duro lavoro personale, con anche una totale ammissione di colpa nella vicenda che l’ha vista coinvolta col proprio allenatore, e di nuovo negli ultimi mesi è tornata a essere a livelli da top-10 confermandosi a Wuhan prima del sigillo finale a Zhuhai. Poteva raccogliere di più, ma alla fine l’8 è meritato anche per il carattere che sta mostrando nel mettersi di fronte alla realtà dei fatti e non fuggire da eventuali responsabilità dando la colpa sempre agli altri. Sperando che la vicenda del padre scomparso non la condizioni per il futuro.
Johanna Konta – 8,5
Come per Bencic, è la stagione che l’ha riportata nei piani alti del ranking. Non ha ripreso la top-10, ma ha stravolto quella che era la sua storia sulla terra battuta. Non aveva mai vinto una partita in carriera al Roland Garros, quest anno è arrivata fino alla semifinale. E prima di Parigi aveva fatto finale a Roma e a Rabat. E dopo Parigi ha fatto quarti di finale a Wimbledon e allo US Open. Dopo lo Slam di New York ha chiuso il 2019, ma dai margini della top-50 è tornata dritta a essere una delle prime 15 del mondo. Solo sorrisi, anche qui.
Madison Keys – 7+
il voto qui sembra pure “gonfiato” dai successi a Charleston e Cincinnati. Due momenti dove tutta la facilità e la potenza del tennis di Keys sono venuti alla luce. Eppure c’è la sensazione che Madison si sia un po’ bloccata. Tanti infortuni, coach cambiati e stagioni che passano dove sembra poter decollare solo negli Slam, salvo poi venir meno anche lì di fronte a chi riesce a contenere le prime accelerazioni portandola, così, al gratuito. Questa Keys è sempre potenzialmente pericolosa, ma più o meno come lo era nel 2014 e 2015 ai primi passi nel tour, il che vuol dire con pochi miglioramenti veri sul piano del gioco da quel momento soprattutto perché le avversarie sanno ormai che contromisure prendere.
Cincinnati è stato un ottimo momento, ma poi negli altri grandi appuntamenti ci sono state quasi solo delusioni. Sconfitte all’esordio a Indian Wells, Miami e Madrid, quarti di finale a Parigi e ottavi a Melbourne e New York con una classifica a fine anno che la vede sempre lì, appena fuori dalle 10. E nel 2020 andrà per i 25 anni.
Sofia Kenin – 8+
Tre titoli, quattro finali, il primo ottavo Slam e vittorie di prestigio tra cui quella contro Serena Williams a Parigi e Ashleigh Barty a Toronto. L’ottimo 2019 di Sofia Kenin premia soprattutto la regolarità della statunitense, fuori dai riflettori perché in un percorso diverso rispetto a tutte le altre, ma ormai vicinissima alla top-10. Molto regolare, tignosa (“Il pubblico può anche fischiarmi se vuole, ma deve prepararsi alla mia risposta. Voglio farli capire che Sofia Kenin è questa” diceva a Parigi quando veniva fischiata perché la contestavano dalle tribune per le volte in cui segnalava palle fuori, spesso azzeccandoci, nel match contro Serena), si è anche tolta lo sfizio di giocare a Shenzhen il suo primo Master di fine anno dopo il ritiro di due giocatrici avanti a lei.
Difficile vederla già pronta per un exploit Slam, ma dal 2020 può arrivare nuova costanza a piazzamenti ancor più alti. E sarà un problema per tante.
Petra Martic – 8
Altra giocatrice che ha superato se stessa passando lungo una carriera molto travagliata, che l’ha vista prossima a questo punto già nel 2012 quando fece gli ottavi a Parigi. Ha sperperato tanto, si è persa più volte prima di ripartire ed essere quantomeno in top-100 stabile. Da lì, passo dopo passo, è arrivata prima all’ingresso in top-50, poi con l’aiuto di Sandra Zaniewska si spinta addirittura dentro le prime 20 vincendo il primo titolo WTA a Istanbul e rompendo il muro del quarto turno Slam giocando i quarti al Roland Garros. Sempre molto costante, ha vinto 16 partite di fila al terzo set da Indian Wells fino al torneo di Wuhan, ha messo insieme i tanti pezzi di un tennis bello e complicato, ha trovato soprattutto costanza, fondamentale per proseguire lungo quel percorso. Vedremo nel 2020.
Marketa Vondrousova – 9
Voto altissimo per la giovane ceca che oltre a quella finale a Parigi, purtroppo mal giocata per una serie di fattori, ha vissuto una prima parte di stagione fantastica. Da dopo l’Australian Open: finale a Budapest, quarti a Indian Wells e Miami, finale a Istanbul, quarti a Roma e finale a Parigi. Stava volando, e con lei un tennis fatto di grande sensibilità e tocco, tra variazioni di potenza e profondità come di fasi di gioco, e un dosaggio della smorzata che ha mandato nel pallone in tante. Due vittorie contro Halep, poi altrettante a Parigi contro le migliori interpreti assieme a lei della stagione sulla terra quest anno: Martic e Konta. Senza dimenticare il 6-2 6-0 ad Anastasija Sevastova, la grande lotta contro Elina Svitolina a Indian Wells e vittorie nette contro tante giocatrici.
Sarebbe stata vicino al 10, purtroppo però il voto non può non risentire di quella giornata dove nulla è funzionato per il verso giusto. Tremava già nei momenti prima di entrare in campo, intenta a spostarsi dal nervoso la borsa tra la spalla destra e la sinistra. Era la prima volta per lei in un campo centrale di un torneo così importante, ed era una finale Slam, con gli occhi di chiunque addosso. Un po’ come scalare l’Everest e ritrovarsi senza più ossigeno nella bombola. Dopo qualcosa è andato storto nel cambio di superficie tra la terra e l’erba e ha avuto un problema piuttosto serio al polso risoltosi solo a metà settembre con un’operazione chirurgica. Rientrerà nel 2020, sperando ritrovi in fretta il miglior rendimento perché nei primi mesi ha tutti i punti del suo ranking e rischia il crollo e dover ripartire da fuori dalle 100 per la terza volta.
Elise Mertens – 7,5 (9 in doppio)
Per il secondo anno consecutivo la belga chiude tra le prime 20, rispecchiando quelle che sono le sue qualità e dimostrando che il colpaccio del 2018 non fu casuale. È un’ottima regolarista, Elise, e può puntare più in alto? Perché no. La settimana di Doha è indicativa. Ha vinto il titolo battendo tre top-10, colpendo la palla perfettamente pur non essendo una che aggredisce ogni volta ma manovra, pazienta e copre il campo. Altri punti d’oro sono arrivati coi quarti dello US Open dove pure ha messo in difficoltà Bianca Andreescu, fattore poi ripetutosi a Pechino. E in doppio dove si è giocata con Sabalenka la chance di essere numero 1 del mondo di fine anno dopo la doppietta Indian Wells e Miami, più titolo allo US Open per il primo Slam di entrambe.
Alison Riske – 8,5
Come per Martic, Riske ha superato se stessa. A 29 anni ha fatto fruttare il proprio innato adattamento all’erba, lì dove si è sentita benissimo fin dal primo giorno della sua carriera grazie al baricentro basso e palle molto piatte. Vittoria a Surbiton, ITF da 100.000 dollari, poi subito il titolo a ‘s-Hertogenbosch cancellando 5 match point in finale a Kiki Bertens e chiusura con la strepitosa cavalcata a Wimbledon dove sconfisse Donna Vekic, Belinda Bencic e Ashleigh Barty. Qualcuno strabuzzò gli occhi nel vedere l’australiana sconfitta, ma c’era davvero tanta incertezza su quella partita proprio perché Riske era la perfetta mina-vagante attesa da pochi se non gli addetti ai lavori che veramente conoscevano certi andamenti. E se la giocò molto bene anche contro Serena Williams, perdendo solo 6-4 al terzo.
Passata la fase su erba è riuscita a trascinare l’ottimo momento sul cemento di casa e poi in Asia, altro terreno che adora. Aprì il 2019 con una finale di 3 ore contro Aryna Sabalenka a Shenzhen e lo ha chiuso giocando una nuova finale contro Aryna, a Wuhan, di nuovo al terzo set di fronte a 14.000 spettatori, record assoluto per l’evento.
Donna Vekic – 8
Un anno speciale anche per Vekic, che ha infranto la barriera della top-20 dopo aver mantenuto un ritmo sempre tra 15 e 20 della Race. Attendeva questo momento da tanto, e lo ha ottenuto grazie anche all’apporto spesso fondamentale di Torben Beltz, dimostratosi importante qui come avvenuto con la rinascita di Angelique Kerber. Quarto turno a Parigi, quarti di finale allo US Open, finale a San Pietroburgo e Nottingham, semifinale a Brisbane, Acapulco e San José. La ragazzina che a 15 anni giocava la sua prima finale WTA ha trovato una quadra, dopo un percorso lungo e abbastanza sconnesso.
Angelique Kerber – 5
È la prima vera insufficienza del ranking. E non è tutta colpa sua. Il 2019, seppur molto diverso nelle radici e nello sviluppo, è finito per essere simile al 2017. Lì tutto partiva da uno stato psico-fisico che la vedeva bloccata, nervosa e incapace di gestire i momenti. Qui invece è nato tutto abbastanza all’inizio della primavera. L’inizio dell’anno non era stato eccezionale però tutto sommato i piazzamenti c’erano, e la finale a Indian Wells poteva segnare il via. Soprattutto aveva senso, nel concetto dello stato di forma, perché a Kerber quest anno interessava solo una cosa: fare bene sulla terra battuta per darsi una chance per Parigi, l’unico Slam che le manca per completare il quadretto d’archi. Invece, da dopo Miami, il crollo verticale.
Prima un virus, poi la caviglia che si è girata malamente. A Stoccarda la sentivamo tossire e respirare abbastanza a fatica prima dell’inizio del torneo, ma ha giocato più perché non può saltare l’evento di casa e dove lei è il volto-immagine (e senza alcun pensiero alla prestazione, di fatti quando era indietro nel punteggio contro Kiki Bertens era molto sorridente, fattore piuttosto anomalo per lei). Passato quello, a inizio maggio la caviglia ha ceduto. Tutto rovinato, fuori in un’ora al primo turno del Roland Garros, momento nero amplificato poi dal brutto Wimbledon dove, da campionessa in carica, è stata sconfitta al secondo turno contro la lucky loser Lauren Davis. Non aveva ritmo, non aveva gioco, non aveva certezze, e nulla di tutto ciò era dovuto dalla pressione di difendere il trofeo del 2018. Lì è completamente sparito ogni interesse sul 2019, col risultato che alla fine le similitudini col 2017 sono molteplici, a occhi ingenui, e il 2020 si presenta probabilmente come ultima spiaggia.
Karolina Muchova – 9
Come. Gioca. Questa. Ragazza. “Hot shot” su “hot shot”, varietà e fantasia al potere, potenza e delicatezza, lettura del gioco eccezionale e colpi di un tennis che quasi non c’è più. Rovescio piatto, dritto portato in avanzamento col piede destro a tagliare il campo in avanti. Aleksandra Krunic (a proposito, voto 3 al suo 2019) è probabilmente la giocatrice che attualmente le si avvicina di più, ma la serba purtroppo non ha mai potuto concretizzare un tennis brillante mal supportato da una mente spesso incapace anche nell’accettare se stessa in campo. Muchova è una delle novità più belle del 2019 tennistico anche grazie all’amicizia nata abbastanza casualmente con Rebel Wilson, attrice di Hollywood, che l’ha seguita da vicino sia a Wimbledon che allo US Open.
14 tabelloni principali giocati in stagione, eppure 6 quarti di finale, 4 semifinali, 2 finali e un titolo (a Seoul). La prima stagione WTA della sua carriera si è chiusa con un +123 nelle posizioni guadagnate nel ranking e un finale dove ha dovuto rimandare le vacanze quando ha visto la chance di qualificarsi a Zhuhai, riuscendoci e arrivando fino alla semifinale. Una stagione di grandissima sostanza, concretizzando quasi tutte le chance e brillando soprattutto a Wimbledon, dove si è spinta fino ai quarti di finale.
Dayana Yastremska – 7,5
Altri due titoli, i primi ottavi Slam (Wimbledon) e prestazioni di grande livello l’hanno spinta ormai tra le prime 20 del mondo. La prima giocatrice classe 2000 ad abbattere il muro della top-100 sta dando continuità alla sua crescita, e la scelta di Sascha Bajin come nuovo coach vuole svelare da subito le carte per un progetto di alto livello. Rispetto ad altre del nuovo millennio è forse la giocatrice che deve maturare maggiormente, motivo ulteriore per cui la presenza di un coach di quel livello può essere una scelta importante e che lei stessa sa di non poter sprecare. I preparativi sono più che buoni perché a 19 anni comunque ha intascato tre titoli, ma ora serve fare risultato anche nei tornei di livello più alto così da spostare l’asticella e, chissà, raggiungere Svitolina per avere due ucraine in top-10.
Amanda Anisimova – 9
Un ottavo di finale Slam, una semifinale, un titolo WTA. Stagione molto importante per la giovanissima Amanda, che fa già vedere grandi cose. Su di lei, però, rispetto a tante altre giocatrici già nominate c’è anche, forte, l’azione dei media che tendono spesso a vivere troppo del momento, sparando esaltazioni fin troppo facili. Anisimova, come tutte, è in un percorso di crescita e ben lontano dalla sua realizzazione. La Nike le ha “gettato addosso” un contratto record per una teenager e lo star power potrebbe esplodere, con lei, nella già inflazionata storia che mischia le vicissitudini di giocatrici russo-statunitensi, soprattutto se accompagnate da capelli biondi. Comunque, 9 al presente (tennistico) e 9 ai margini futuri, enormi, che aveva già mostrato nel 2018 nella speranza, come per Sabalenka, che la triste vicenda della morte del padre non possa condizionarla.
Sloane Stephens – 4
Niente, non ci siamo proprio. Aveva cominciato a inizio anno con la chance di diventare numero 1 in Australia, ma dalla sconfitta contro Anastasia Pavlyuchenkova è stata una discesa libera di problemi, noie, sconfitte, sconfitte brutte. Aveva messo in pausa il rapporto con Kamau Murray, si è trovata dopo pochi mesi dispersa sportivamente nel nulla. Ha chiesto una mano a Sven Groeneveld e i primi momenti sembravano positivi con la semifinale a Madrid e i quarti al Roland Garros, ma ben presto è tornata l’enigmatica giocatrice che aveva nascosto questi momenti di buio grazie a qualche exploit negli ultimi anni, ma venuti a meno anche questi è precipitata ai margini della top-30, completando l’annata pessima con l’aver ripreso Murray scippandolo a Monica Puig (voto 5,5) e causando nuovi problemi a una portoricana che è anche ammesso di aver patito momenti di depressione.
Iga Swiatek – 8
Voto molto positivo anche per la ragazzina che ha subito riportato la Polonia alla luce dopo l’addio ad Agnieszka Radwanska e che, guarda caso, ha visto nello stesso anno a miglior stagione di Magda Linette (voto 7/8). Ha debuttato ufficialmente tra le grandi all’Australian Open e in meno di 12 mesi è salita di 130 posizioni nel ranking, messo insieme diversi quarti di finale, gli ottavi a Parigi, la finale a Lugano ed è già entrata nelle prime 50 del mondo. Soprattutto, è forse la giocatrice che ha spinto Naomi Osaka a uscire dal suo guscio di timidezza e aprirsi nei confronti di una ragazza molto positiva e timida allo stesso modo perché ancora con lo sguardo e l’atteggiamento dell’ultima arrivata, di chi è lì in punta di piedi. E forse, Osaka l’ha presa tanto in simpatia proprio per questo.
Coco Gauff – 8/9
E dunque, la quindicenne che ha fretta di bruciare le tappe. Gauff è già lì, dentro le prime 70 del mondo. Classe 2004, un titolo WTA (sebbene ancora poco indicativo) e un ottavo di finale Slam a Wimbledon (già di più) seguito da un terzo turno a New York. Sospinta come non mai da venti di marketing e visibilità oltremodo favorevoli, che la stanno già ponendo come ereditiera del tifo di chi ora guarda a Serena e Venus Williams come icona, l’ottimo 2019 dovrà avere seguito ma sempre nell’ottica di un percorso, anche qui, da compiere senza grandi interferenze esterne che forse sono l’aspetto più preoccupante. Il resto, si spera, potrà venire da sé.
Garbine Muguruza – 5
Il titolo a Monterrey, se non altro, evita che il voto possa essere ancora più basso. Il 2019 ha visto il crollo nel ranking di Garbine Muguruza, senza più il salvagente di un torneo “pesante” a suo favore. Non è funzionato nulla, e lei sembra essersi completamente piantatasi in una fase senza spinta e senza alcuna capacità di far male in campo. L’addio a Sam Sumyk è stato pure tardivo, e la seconda metà di stagione un lento approcciarsi alla off season. Con il rientro di Conchita Martinez, può provare a guardare al futuro ma avrà bisogno di un grande aiuto da se stessa.
Caroline Wozniacki – 6–
Sufficienza appena appena risicata per la danese, e più che altro perché sta combattendo come può all’artite reumatoide che la debilita tantissimo. Rischiava l’uscita dalle top-50, si è “salvata” grazie a un’improbabile corsa fino alla semifinale a Pechino affrontando quasi nessuna delle migliori e subendo un pesante passivo, poi, contro Osaka. Non è per nulla facile affrontare una stagione ad alti livelli sapendo che il proprio corpo può rispondere a giorni alterni, sta provando ad arrabattarsi in qualche modo e questo, se non altro, le rende merito.
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