“Buona la prima”, come se ci fosse qualcuno in grado di dubitarne. Andrea Petkovic, soprattutto per chi ha imparato a conoscerla nei dieci anni di frequentazione del circuito WTA, è una ragazza molto eclettica, intelligente, dalla spiccata personalità e grande padronanza di varie tematiche come politica e giornalismo.
Non dubitiamo che se ci fosse l’occasione saprebbe tenere conferenze di alto livello anche su rami diversi della conoscenza, tra filosofia e letteratura, ma intanto la tedesca ha fatto il suo esordio assoluto sullo schermo come conduttrice televisiva in Germania, per l’importante ZDF Sport.
“Il mio nome è Andrea Petkovic e sono nuova qui”. L’1 dicembre è andato in onda il primo di due speciali reportage sportivi da lei diretti, e la critica è stata molto positiva con tanti riscontri soprattutto a livello social che esaltavano lo charme e la disinvoltura con cui Petkovic si è presentata di fronte alle telecamere. Come se fosse ormai navigata nel mestiere, o se stesse facendo la cosa più normale per una che invece ha spesso visto il mondo dello sport dall’interno e dove vuol portare ora le telecamere, cercando il più possibile di mostrare al pubblico da casa i “dietro le quinte” del proprio mondo, dando vita a molti dei tweet che scrive o delle frasi che riporta nei podcast di buon successo che regolarmente tiene assieme a Rennae Stubbs per Raquet Magazine, prestigiosa rivista statunitense.
Tempo pochi secondi e, come scrive l’ex capitano di Fed Cup Barbara Rittner (che ha avuto a che fare con Petkovic per una vita, sportiva), era già totalmente a suo agio, immediatamente pronta a fare un gioco di parole (tedesco, ovviamente) con il tennis in mezzo. Una passione, questa per il mondo giornalistico, già nota da tantissimo tempo e venuta fuori abbastanza prepotentemente nel 2013 in uno dei suoi periodi sportivi più duri. Dal 2011 Petkovic ha avuto a che fare con diversi infortuni molto gravi tra ginocchio e caviglia, che forse ne hanno anche limitato i successi sportivi essendosi fermata nel momento di miglior forma possibile, tanto che nel 2010 aveva ottenuto 3 quarti di finale Slam e aveva sfiorato la qualificazione alle Finals di Istanbul. Problemi a non finire, tantissimo tempo speso lontano dal campo e dunque l’attenzione che si spostava su altro. Ricordava, Andrea, che in quel momento aveva deciso di riprendere quella sua passione cominciando anche a scrivere qualche articolo con l’idea, in futuro, di tenere una porta aperta.
Col tempo, ed essendo sempre più a contatto con quell’ambiente, il seme è germogliato. Pur rimanendo professionalmente “al di là” della scrivania, ha stretto buoni rapporti con diversi giornalisti della stampa tennistica internazionale. Ha partecipato in maniera attiva ad alcuni dei migliori momenti avuti in sala stampa di questo decennio, come quando immaginava di vedersi in uno scenario molto hipster in un monolocale di New York a raccontare scene di vita quotidiana con un Sub Way sotto al proprio appartamento come tutto ciò che potrebbe bastarle per essere felice. Oppure con alcuni tweet dove si notava già grande capacità di osservazione e di trasporto delle parole in emozioni:
“Sono stata battuta molto malamente da Ashleigh Barty (ben fatto, ragazza) ma qui è perché io amo questo sport” (eravamo al Roland Garros, sappiamo come poi andò a finire)
“Mentre attendevo per il mio match sono stata fortunata di vedere DAVVERO. TANTE. COSE. che accadevano attorno a me più o meno allo stesso tempo”.
“Ho visto Jan Lennard Struff fare serve and volley SULLA TERRRA salvando palle break dopo palle break sull’8-8 al quinto”.
“Ho visto Madison Keys urlarsi più e più volte COME ON a un cambio campo dopo aver salvato palle break sul 4-4 nel terzo nella maniera più ‘Keys’ possibile (HEY DRITTO LUNGOLINEA IN CORSA PIÙ VELOCE DELLA LUCE)”.
“La sua avversaria Blinkova nel frattempo HA PERSO LA RACCHETTA DURANTE UNA PRIMA DI SERVIZIO MENTRE SERVIVA PER RIMANERE NEL MATCH dopo essere rientrata da un break di ritardo nel terzo in tutte le partite che ha giocato”.
“Due ragazzi con il rovescio a una mano (sapete chi sono!) colpiscono la palla così forte che devono stare dietro la linea di fondo, talmente lontani che non possono più essere ripresi dalle telecamere TV”.
“Una teenager polacca (Iga Swiatek, nda) stava piangendo di gioia mentre la sua avversaria Monica Puig era sulle ginocchia dalla disperazione dopo aver servito il doppio fallo in un momento cruciale” era il match point che portava Swiatek, 18 anni, al quarto turno.
“Oh, la tragedia umana con miseria e gioia così vicine l’un l’altra che potrebbero prendersi per mano e danzare nella pioggia con i demoni!”.
“In tutto questo nel frattempo da qualche parte su un canale tv francese due francesi stanno combattendo la più noiosa delle partite. Ti amo, Francia, ma davvero: che cos’è questo!?” qui si rifà a una domanda di quei giorni sulle programmazioni tv poco chiare e sull’incessante trasmissione di partite non sempre spettacolari.
“Noi abbiamo un campo in un giardino botanico. Abbiamo un campo chiamato in onore di una icona fashion degli anni 20 (Suzanne Lenglen, nda). E UN INTERO TORNEO CHIAMATO IN ONORE DI UN PILOTA!”.
“Quello che voglio dire è: questo sport è pazzo e lo amo e lo odio. Ma più di tutti: è nostro, non è così? Buon tennis a tutti!”.
Il 2019, al di fuori del tennis, le ha regalato tanto. Si è iscritta ad Harvard per un programma di studi specializzato e a inizio ottobre ha ricevuto l’importante menzione per un suo articolo sportivo come uno dei migliori long-form (ovvero scritti che vanno dalle 1.000 alle 20.000 parole) americani dell’anno. Il titolo è “Tennis vs tennis” e lei racconta in prima persona le sue vicende assieme alla band musicale “Tennis”. È volata fino ad Albuquerque, New Mexico, per incontrarli al Sister Bar e affrontare la tournée con loro tra New Mexico, Arizona e California. Tourneè ovviamente organizzata in un pulmino, come quelli della Volkswagen anni ’60: “Noi viaggeremo con un pulmino da location a location, cercando colazioni a base di burrito, mangiando tanti burrito, seduti sul nostro pulmino, guidando attraverso il deserto per sei, sette ore, arrivando poi alla prossima destinazione”. E poi ancora: “Ho deciso di fare questo perché muoio dalla voglia di lanciarmi nel mondo dell’arte, della musica, della TV e dei film. Sono ossessionata con la cultura contemporanea nel suo senso più esteso. Siamo noi tennisti parte di esso?”. L’articolo, molto affascinante, è qui.
Petkovic, classe 1987, ha già una strada molto ben avviata per quella che sarà la sua post-carriera. E non potrebbe essere altrimenti per una persona così incredibilmente dotata di apertura mentale e con un bagaglio di esperienza da fare invidia. Non si sa se sia ancora il momento di concludere l’avventura sui campi da gioco. Lì sembra ancora voler passare del tempo, perché come annunciava in un’intervista esclusiva a FrankfurterRundschau ormai è in una condizione dove si può permettere di giocare praticamente solo per amore dello sport e del tennis nello specifico. Non ci sono più obiettivi, solo vera passione e gioia nel minimo elemento come può essere un punto vinto dopo un bello scambio, quel brivido e quella gioia che alle volte diventano amarezza e disperazione, emozioni che si intrecciano e si scambiano in un gioco delle parti mai destinato a interrompersi.
La sua programmazione tennistica, nel 2020, subirà molto probabilmente una drastica riduzione. Ha annunciato infatti che il tennis, per quanto priorità, comincerà a scontrarsi con il bisogno di prendersi maggior riposo per il proprio fisico. In quei periodi, la sua attenzione sarà focalizzata sul programma tv cominciato ieri e a cui vuole dare continuità. Conoscendola anche solo marginalmente, non riuscirebbe neanche a meravigliarci.
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