Uno dei dettagli che di tanto in tanto saltava fuori nelle discussioni tra addetti ai lavori era come Angelique Kerber avesse la particolare caratteristica di dar vita a partite che sarebbero poi state ricordate nei tempi a venire come “spettacolari”. A livello tecnico non è la più bella da vedere, ma al di là delle grandi aperture di campo ci abbina una fase difensiva molto “offensiva” perché il suo stare coi piedi molto vicini alla linea di fondo crea spesso un ritmo piuttosto alto a cui ci abbina una versatilità importante nella copertura e contrattacco.
Con un decennio molto movimentato ormai agli sgoccioli, paradossalmente la tedesca è quella che più si può ritrovare quando pensiamo a incontri che ci hanno lasciato con la pelle d’oca. Senza procedere con la lunga lista, se ne potrebbero citare già solo tre: la sua sfida contro Garbine Muguruza a Wimbledon nel 2017, quella contro Victoria Azarenka allo US Open 2015 e quella contro Petra Kvitova nella finale di Fed Cup del 2014. E siamo consapevoli che non stiamo dicendo nulla della sfida contro Agnieszka Radwanska a Stanford, nel 2015, o la finale a Birmingham contro Madison Keys nel 2014 così come l’altro scontro simbolico contro Azarenka alle WTA Finals del 2012 o quello contro Simona Halep all’Australian Open 2018.
L’incredibile battaglia dello US Open 2015 è stata da subito notata come una delle partite più belle, a livello generale (maschi compresi), degli anni 2000. Fu qualcosa di clamoroso per continuità di azione e capacità di entrambe di superarsi punto dopo punto, con Kerber che, trovatasi indietro al primo calo nel terzo set, ha comunque costretto Azarenka a dover chiudere il match col proprio servizio salvando 5 match point con altrettanti vincenti (uno più bello dell’altro) sul 3-5. Domani, sabato 9 novembre 2019, saranno 5 anni da un’altra che meriterebbe quasi le stesse attenzioni ma si è dispersa nello scorrere del tempo a causa del proprio contesto.
La prima, e senza nulla toglierle, era giocata sull’Arthur Ashe di New York, US Open, 20.000 persone a spellarsi le mani e grande attenzione mediatica. La seconda alla O2 Arena di Praga, stadio che ha visto celebrarsi i trionfi più grandi di una superpotenza mondiale come la Repubblica Ceca ma in un evento, la Fed Cup, abbastanza soffocato talvolta anche dalle sue stesse regole. Senza entrare in discorsi più teorici, quel giorno di 5 anni fa Kerber e Kvitova diedero vita alla finale di Fed Cup più bella che si ricordi. Un bellissimo spot per il tennis a 360 gradi. Uno spettacolo dentro e fuori dal campo, con la miglior Kvitova che si ricordi contro il cuore mai domo di una Kerber sempre pronta a sfidare l’avversaria su una superficie che doveva vederla sfavorita. Con le giocatrici sulle panchine sempre in piedi, Andrea Petkovic a sgolarsi dopo ogni punto, con lo sguardo preoccupato di Andrea Hlavackova e Petr Pala, con Martina Navratilova in tribuna a soffrire peggio di quando era lei in campo.
Fu una giornata bellissima, una partita che non è riuscita probabilmente a fare completamente breccia nella mente degli appassionati (quelli più accaniti raccontano ancora oggi di come hanno perso la voce, a casa o in tribuna) perché era una finale che sembrava completamente chiusa dopo la prima giornata, con la Repubblica Ceca sul 2-0 grazie ai successi netti di Kvitova e Lucie Safarova contro Petkovic e Kerber. La domenica dunque aveva una sola domanda: “chi” avrebbe portato il punto decisivo? Petra ci sperava tantissimo. Forse non in tutti gli stati le competizioni a squadre vengono vissute con lo stesso carico di significato ed emozioni, ma per Kvitova in quel momento una nuova sconfitta non poteva essere accettata. Nel 2012 aveva perso, sul 2-0, contro Ana Ivanovic, nel 2011, all’alba del grande impero ceco, le ragazze di Pala arrivarono al doppio decisivo contro la Russia e ci pensarono Kveta Peschke e Lucie Hradecka a prendere il punto decisivo.
Ripensando a quelle che sono state le critiche alle ultime Finals di Shenzhen per le condizioni del campo, viene il magone immaginandosi cosa poteva essere quel torneo con una superficie che evitasse sforzi fisici pesanti e lasciasse libere le giocatrici di fare quello che sanno fare meglio di tutte: giocare. Petra all’attacco, alle volte martellante; Angelique super concentrata a contenere tutto creando quasi un ping-pong ribattendo in controbalzo e gestendo piuttosto bene la grande furia “ceca” (scusate) dell’avversaria, mettendole trappole qua e là alla ricerca dell’errore e girando gli scambi appena poteva. Così, una Kvitova un po’ imperfetta all’inizio dava un grande vantaggio alla tedesca, soprattutto psicologico, con un break sul 2-2 che ha scavato il primo solco. Dopo un doppio break di vantaggio, però, è cominciata la vera partita.
Kvitova rientrava, salvando tre set point e agganciando un insperato 5-5. Sulle tribune il pubblico sentiva il cambio nell’inerzia e suonava ancor più forte con le trombette e tamburi ritmando un impavido “When the czech go marchining in” molto ben organizzato, mischiato al più facile “Ceska!” ritmato di tutto lo stadio. Kerber vinceva un punto clamoroso in risposta sul 5-5 0-15 con il dritto finale accompagnato dal marchio di fabbrica: il ‘grunt‘ che aumenta di decibel e diventa puro urlo di esultanza quando vede che sarà vincente, accompagnato dal ginocchio della gamba destra alzato e le mani strette a pugno.
Il punto vinto da Kvitova sul 6-5 Kerber, 40-40 (54:34 nel video), è forse quello che più rappresenta la bellezza dei suoi gesti. La capacità di “Angie” di mantenere sempre al limite il proprio livello globale, senza mai oltrepassarlo e andare fuori giri, era probabilmente la miglior risposta all’uragano che si stava scatenando al di là della rete. Da quel 6-5 40-40 il livello è stato elevatissimo e ogni punto era di grandissima qualità. Eppure, nei sei set point complessivi avuti non è stata mai in grado di ribattere al meglio la potenza di Petra che ha preso un nuovo controbreak e ha portato un set vissuto in crescendo al tie-break, forse la soluzione più logica per quanto visto in campo. L’esultanza del telecronista ceco, al punto del 6-6, probabilmente era solo un elogio alla propria giocatrice, ma molto di quel tono era dovuto anche a cosa si stava vedendo. Per mettere alle corde quella Kerber ci voleva una Kvitova straordinaria, che ha finito poi per prendersi il set con un tiratissimo, anche lì, gioco decisivo. Grave, nell’economia generale, l’assist di Kerber che sul 4-4 aveva un comodo passante sul suo rovescio con palla alta e nei pressi della rete ma invece di scegliere l’incrociato ha preferito andare sul lungolinea passando di fatto la palla alla sua avversaria. Deliziosa la smorzata di Kvitova per il 6-4, con Kerber che pur avendo i piedi dentro al campo si è addirittura fermata perché non l’avrebbe mai presa. Ancor più bello il punto del 5-6, prima che una nuova sbracciata di dritto della ceca segnasse il definitivo 7-5.
Il grande sforzo profuso, e il nulla rimediato, ha dato una brutta botta alla tedesca che ha vissuto un inizio di secondo set molto piatto, perdendo i primi due turni di battuta. Sul 7-6 3-0 e servizio Kvitova era a un passo dal trionfo, grazie anche a un dritto fantastico in lungolinea a sottolineare ancor di più il momento favorevole. Il match, però, non era che a metà e di ribaltamenti ne sarebbero arrivati ancora a lungo. Così, mentre le trombette da stadio ora suonavano al ritmo di “If you are happy and you know, clap your hands” Kerber con l’asciugamano a coprire il volto cercava di ripartire. Perdere era possibile, ma serviva un’ultima reazione. Su entrambi i break ripresi c’è stata complicità di una Kvitova a sua volta calata nell’intensità, salvo vincere un nuovo punto incredibile sul 3-2 15-15. Il match era nuovamente girato e Kerber tornava padrona se non altro nell’aspetto psicologico. In quello tennistico erano ancora una volta in una fase di grande equilibrio e, come è stato a fine primo set, di spettacolo. Stupende alcune soluzioni di incontro della tedesca sul 4-3, incredibile il rovescio trovato dalla ceca sul 4-4 30-0. Stavolta non c’era l’errore di irrigidirsi e sul set point girava lo scambio col dritto regalando alla propria nazionale vita e modo di sperare nella rimonta. Kvitova era, a conti fatti, l’avversaria più temibile. E parliamo di uno squadrone quasi imbattibile, ma la Germania di quel periodo era al suo massimo splendore e tutte le proprie atlete erano ai picchi del loro rendimento, con Petkovic e Sabine Lisicki appena fuori dalle prime 10 e una veterana come Julia Goerges.
All’inizio del terzo era Petra, stavolta, a partire con il freno a mano tirato. Forse un po’ di stanchezza (erano appena 2 ore, ma di grande intensità) e fatica generale. Kerber sul 3-0 dopo 10 minuti, poi 4-1. Da notare, in questo frangente, lo straordinario passante in controbalzo di rovescio della tedesca sul 3-1 15-0, subito dopo un game vinto da Kvitova in cui da 40-0 si era trovata sul 40-40 con ancora ottimi punti dell’avversaria. La ceca sembrava indietro almeno di mezzo passo, soffrendo più nei propri turni di battuta. Sull’1-4 però si è tirata fuori dalla buca ed è arrivato l’ennesimo capovolgimento. Uno 0-30 rapidissimo, prodotto da due ottime risposte, ha cominciato a spostare gli equilibri. Un gran rovescio sul 30-30 e una nuova risposta nei piedi sulla palla break hanno fatto il resto. Kvitova, tornata molto forte nel match, è passata nuovamente all’attacco. Gli stessi errori, gratuiti, che l’avevano spinta dietro 15-30 sul 3-4 non influivano tanto sul suo modo di essere e con tre ottimi punti si è portata 4-4 dopo 2 ore e 34 minuti prima di prendersi un nuovo break con un gran cross di dritto.
Si è arrivati così al game finale che non poteva, a quel punto, non racchiudere nel suo microcosmo tutto quanto successo fin lì. Durante il cambio campo Andrea Hlavackova e Lucie Safarova a guidare la standing ovation, le urla e la musica. Gli spalti avranno tremato per minuti interi nuovamente sotto la pressione di una decina di migliaia di appassionati che cercavano di trasmettere tutta la loro energia in campo. Primo punto: voleè di Kvitova in rete dopo il recupero di Kerber. Sul 15-15 la tedesca ha cercato di uscire dallo scambio ma il suo dritto vola appena lungo. Tensione, tanta. Ace per il 40-15, doppio fallo sul primo match point. Un comodo dritto a chiudere colpito male e finito sotto al nastro per il 40-40. Nel punto successivo, invece, il cross di dritto è rimasto in campo. Urlaccio di Kvitova mentre, in tribuna, Martina Navratilova ormai non sapeva più che fare per trattenersi e non esplodere dallo stress. Sbuffava, batteva le mani furiosamente, urlava “pojd!” (l’equivalente ceco del nostro “forza”). Anche una divinità come poche può trascendere e diventare umana, per un momento. Kerber reagiva salvando il terzo match point con un gran dritto lungolinea, lasciandosi lei andare a un urlaccio nella bolgia generale di uno stadio che non si sarebbe probabilmente più ripreso dopo quel game, comunque sarebbe terminato.
Alla fine è un peccato che tutto sia terminato su un gratuito della tedesca, andata all’attacco ma tradita anche da un rimbalzo irregolare. E le due facce della stessa medaglia si sono mostrate in tutta la loro espressività. Kvitova ha lanciato per aria la racchetta abbracciando poi Pala, mentre Kerber, a testa bassa, ha ricevuto a sua volta l’affettuoso abbraccio di Barbara Rittner mentre si lasciava andare al grande sconforto, consolata successivamente dalle compagne e dalla stessa Kvitova, giunta dall’altro lato della rete per congratularsi. Nel frattempo, Pala stringeva la mano di uno a uno dei componenti del team avversario, con loro che lo applaudivano e si complimentavano per lui e la Repubblica Ceca. Tantissima umanità, con Petra che correva poi verso le tribune dove c’erano i suoi genitori, col padre che non riusciva più a trattenere le lacrime dalla gioia, nascosto sotto la visiera di un cappellino ormai stretto. Petkovic riuniva tutte le compagne in un cerchio e cercava, da leader carismatico, di tirare su il morale. Continuava a guardare Kerber, l’amica del cuore di una vita (sportiva) che cercava solo i suoi abbracci, prima di portarla sotto lo spicchio dei tifosi tedeschi per farle ricevere una doverosa pioggia di applausi. Alla fine, la squadra tedesca è andata a sua volta dall’altra parte della rete e Kvitova per prima ha riabbracciato Kerber. “Bella partita” le ha detto, “sei grande” ha risposto la tedesca, seguita poi da Petkovic: “Congratulazioni Petra, sei una giocatrice fantastica”. E infine, le ceche a portare a Kvitova la bandiera della Repubblica Ceca con la scritta in grande “Fulnek” (il paese natale di Petra) la stessa con cui poi è stato fatto il giro di campo in quel momento carico di festa.
5 anni dopo, è ancora tutto indelebile. Per cui “grazie”, ancora una volta, per una giornata di sport che rimarrà nella memoria di tutti.
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