Il percorso di Serena Williams post-maternità è difficile da giudicare a pieno. È ottimo, da 10, se vogliamo far risaltare il fatto che in 7 Slam disputati ha raggiunto 4 finali. È meno buono se si pensa che spesso i suoi percorsi Slam sono stati “troppo” puliti, piuttosto semplici, maturati con vittorie dominanti ma contro avversarie si sono rivelate fin troppo facili da piegare.
Guardando soltanto alle 4 semifinali disputate fin qui negli ultimi due anni, troviamo Julia Goerges che lo scorso anno a Wimbledon giocò molto bene, ma nella partita secca contro la statunitense non ha mai messo alcuna difficoltà alla rivale e si piegò anche lì con un punteggio abbastanza netto e una Williams capace di far segnare oltre 30 vincenti e pochi gratuiti. Miglior prestazione delle due settimane, lanciatissima verso il titolo e simbolicamente portata poi a spasso da Angelique Kerber.
Allo US Open fu tutto ancor più facile perché Anastasija Sevastova è un’ottima geometra, ma peso piuma se confrontata con Serena che l’ha dominata in potenza per poi crollare di gioco (e testa) contro Naomi Osaka. Di nuovo a Wimbledon, di nuovo semifinale, vittoria comoda contro Barbora Strycova, sorpresa del torneo e che non aveva praticamente chance per le varie categorie di differenza e un po’ di appagamento per aver fatto il torneo della vita (in singolare) a 34 anni e poi lei ha raccolto 4 game in finale. A New York, un 6-3 6-1 contro Elina Svitolina facilitato dagli errori tattici della sua avversaria nel primo set e dal calo fisico avuto nel secondo set che le ha lasciato tutta la platea. Vittorie meritate, ma che sono le punte degli iceberg di percorsi dove non è stata mai testata.
L’unica volta in cui Serena, in questi Major, si è imposta contro una big che riusciva a giocare bene è stata quella partita tremendamente sofferta contro Simona Halep a Melbourne, dove è stata per lei una grande vittoria soprattutto per essere riemersa (col suo servizio) dal possibile baratro delle 3 palle break offerte alla rumena sul 3-3 nel terzo. Stava per fare il bis poco dopo, contro Karolina Pliskova, ma l’incredibile finale da 5-1 e 40-15 a 7-5 per la ceca ha mandato tutto all’aria.
Mai testata veramente in questi 4 Slam, Williams avrà oggi di fronte una ragazzina che è riduttivo anche dire che sta “bruciando le tappe”. Bianca Andreescu è già arrivata. Dovrà essere brava a mantenersi in questa cerchia di elite, ma la progressione dei suoi ultimi 12 mesi farebbe venire vertigini a tanti. Non a lei, che approccia questa partita forte di 7 vittorie su 7 contro le top-10 e una sensazione di essere inscalfibile. Tantissimi gli elogi ricevuti, soprattutto per la partita in semifinale contro Belinda Bencic. A conti fatti, a ora, verrebbe da pensare che Serena sarebbe stata forse più avvantaggiata se avesse prevalso in una sfida di quel livello: costantemente sotto pressione, sempre portata a dover mettere in campo il massimo di se stessa non solo da un punto di vista del gioco. Che è buono, molto buono, ma è facile vederla giocare bene contro avversarie con cui ha enormi vantaggi per il fatto che sia sempre stata di un livello clamorosamente superiore mentre non si sa che risposte può dare se messa veramente alla prova.
Le prestazioni di Andreescu sono state non esaltanti fino ai quarti di finale dove ha avuto dei vuoti, momenti di black out che le sono costati un set contro Elise Mertens (partita peggiore giocata fin qui) e Taylor Townsend e le ha fatto vivere un secondo set contro Caroline Wozniacki molto in bilico perché da un vantaggio di un doppio break ha rischiato di riportare in vita un’avversaria in difficoltà sotto ogni aspetto. Poi però quella partita contro Bencic, il grande test contro un’avversaria protagonista anch’essa di un’ottima stagione, dove ha alzato il proprio gioco e ha dominato dal punto di vista mentale una svizzera ancora troppo presa da momenti di nervosismo che rischiano di limitare i suoi traguardi in campo.
La canadese sta mostrando tante qualità oltre a un gioco di alto livello soprattutto nelle soluzioni da sopra la spalla. Per come imposta i colpi sembra poter essere talvolta vicina a strappare, e a colpire male, col dritto ma la sua mano quasi annulla questa sensazione e contro Bencic al grande coraggio ha alternato anche tanta forza nel reagire sempre meglio ai momenti di tensione, cancellando il set point del primo set con un ottimo servizio seguito dal dritto vincente in lungolinea. Serena, invece, pur dominando contro Svitolina ha messo in mostra momenti in cui sembrava fare fatica: i cambi alti dove doveva anticipare l’ascesa della palla dopo il rimbalzo e quando Svitolina si impegnava in una difesa tesa e corta. Non un drop, una smorzata, ma una palla più spinosa da tirare su. Lei, correndo non sempre bene per avvicinarsi, il meglio che riusciva a fare era piazzarla al di là della rete, un po’ angolata. Non abbastanza perché spesso, da situazioni del genere, perdeva il punto.
Andreescu, per sua sfortuna, usa spesso il cambio alto con entrambi i fondamentali e le sarà utile per spezzare i tentativi di Serena di imporre il suo ritmo allo scambio. Oltre a questo, però, Bianca ha anche mostrato di avere nelle corde uno slice di rovescio molto ben rodato e che potrebbe fare al caso suo. Williams scenderà in campo con gli occhi della tigre, vogliosa come non mai di porre fine a un digiuno che dura dall’Australian Open 2017 e una quarta finale Slam dove esce dal campo come sconfitta sarebbe un’ennesima botta al morale di chi, alla soglia dei 38 anni, si è lanciata in una sfida forse un po’ sottovalutata all’inizio, e che ora le sta mettendo tanta pressione. Per come sono andate le partite fin qui, la chance migliore che ha è quella di partite fortissima e mettere già distacco con la sua avversaria. Dovesse Andreescu reagire bene alle prime fasi, allora la situazione si farebbe intricata. Pronostico veramente difficile per quella che è la finale Slam con il maggior gap nell’età delle giocatrici protagoniste nell’Era Open (18 anni e 9 mesi).
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