Y. Putintseva b. [2] N. Osaka 7-6(4) 6-2
Naomi Osaka dovrà dimenticare in fretta la sua stagione su erba. Detronizzata da numero 1 del mondo durante la settimana di Birmingham, il suo torneo di Wimbledon è durato appena un paio d’ore, anche meno.
Netta la sconfitta contro Yulia Putintseva, anche se il primo parziale è stato deciso dal tie-break. In quel momento, però, la giapponese ha commesso tanti errori non forzati, gli stessi che poi l’hanno fatta deragliare nel finale di partita.
Una nuova delusione, il terzo torneo consecutivo dove per lei i risultati sono stati ben al di sotto delle aspettative iniziali. È un’annata che sta diventando complicata, se la poniamo sotto la lente d’ingrandimento, perché è evidente come ci siano momenti difficili e lei stessa ha perso buona parte del livello medio di gioco che ha avuto nel finale di stagione del 2018. Prendendo tutto l’insieme, manca l’accesso a una finale da sei mesi. Nella realtà dei fatti, non è stata all’altezza della situazione in quelli che si sapeva sarebbero stati i suoi momenti più complicati.
Al Roland Garros aveva deluso, ma fino a un certo punto. Da numero 1 del mondo era uscita per mano di Katerina Siniakova, ma guardando e riguardando quella partita era incredibile vedere come quel giorno la ceca fosse riuscita a mettere in piedi una serie di difese straordinarie che hanno mandato in tilt la più quotata avversaria. E poi l’erba, dove fa tanta fatica ancora ad ambientasi, a leggere bene traiettorie basse e palle senza tanto peso. Putintseva a Birmingham l’aveva portata a star male in campo, oggi Naomi ha dato forse qualcosa in più per rimanere agganciata ma il verdetto finale è sempre quello: sconfitta. Terza volta su tre confronti in carriera.
Non sembra neppure, Putintseva, una più capace di lei a giocare su questa superficie. Però ha più “mano”, inteso come varietà. Non qualcosa di enorme, ma Osaka dava spesso l’idea di non leggere le traiettorie, la velocità, lo spin, di andare in grande difficoltà quando arrivava una palla in slice, di non muoversi bene e non sentirsi affatto a suo agio. Tutto quanto si è manifestato nella fase decisiva del primo set, dopo aver sostanzialmente controllato la situazione, con quattro gratuiti gravi perché le hanno dato un importante svantaggio psicologico.
Il secondo set è stato tutto in rincorsa. Due palle break consecutive salvate nel primo game, due 15-30 mancati in risposta e il break sul 2-2, causato anche dalla malasorte con un nastro brutalmente favorevole alla kazaka. La palla di Putintseva, una risposta in drop shot a una prima potente della giapponese, è stata inizialmente chiamata fuori. Poi il falco che ha cambiato la decisione per una questione, probabilmente, di picometri. In quel momento, Osaka ha cominciato a deragliare dando tutto in risposta nel game immediatamente successivo, rientrando da 40-15 e avendo una chance di break, ma buttando malamente in corridoio una voleè dopo essere ben costruita il punto. Tanta insicurezza, frutto anche dell’ansia che aveva per riagganciare subito il risultato. Altri brutti errori, 4-2 Putintseva, e da lì la partita è sostanzialmente terminata.
Difficile dare un giudizio unico sui sei mesi che l’hanno vista uscire dall’Australian Open come la donna da battere e ora divenuta apparentemente così vulnerabile. Qualcuno darà la colpa al cambio coach, ignaro che ci sono stati seri problemi scoppiati tra i due poco prima dell’inizio dell’Australian Open di cui la stessa Osaka ha solo accennato (“non voglio anteporre il successo sportivo alla mia felicità”). Qualcun altro dividerà questo periodo e farà altre riflessioni. Una sconfitta, in ogni caso, abbastanza prevedibile visto anche quando fastidio le provoca affrontare una come Putintseva, che è ben capace di far star male chiunque in campo. Chiedere a Serena Williams e a quella situazione di quasi ko a Parigi, nel 2016.
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