Prima i calcoli: Fognini chiude il Roland Garros con 2785 punti, 70 più di Isner – che lunedì sarà numero 11 e che non ha giocato a Parigi – e 90 più di del Potro, che ha perso contro Khachanov, futuro numero 9 del mondo. L’unico che giocherà i quarti di finale ed è dietro Fognini in classifica è Stan Wawrinka, che attualmente è numero 19 con 1715 punti e che vincendo il torneo andrebbe a 3355 punti, cioè davanti all’italiano. Solo in questo caso, per la verità molto improbabile, Fognini rimarrebbe fuori dalla top10, ma questo sta a significare una sola cosa: che essere numero 10 o numero 11 cambia veramente poco e al di là della soddisfazione personale non ha tanto senso celebrarlo come chissà che obiettivo. Fognini ha approfittato di una serie di circostanze favorevoli e come detto varie volte è stato bravo a costruire i suoi programmi in funzione di questo obiettivo, molto spendibile mediaticamente ma come abbiamo sommariamente provato a spiegare, poco significativo tecnicamente. Del resto, che Fognini sia sicuramente tra i migliori 16 giocatori del mondo – cioè quelli che in genere arrivano al quarto turno di uno slam – non ci sono tanti dubbi. Quella è la dimensione di Fognini e quelli sono i risultati raggiunti in carriera. La partita di oggi, posto che ce ne fosse bisogno, ha fatto vedere una volta di più che il distacco tra il nostro miglior giocatore ed uno in grado di arrivare in fondo agli slam resta decisamente molto ampio, soprattutto se si considera che si è giocato nella superficie preferita da Fognini, quella dove secondo alcuni spiritosi il nostro sarebbe secondo solo a Nadal. Non è certo la sconfitta contro uno Zverev che viene da un lungo periodo di crisi a spiegare che le cose stanno molto peggio di così, ma l’intera carriera del giocatore italiano, capace di raggiungere i quarti di finale in un torneo dello slam una sola volta su 44, in un arco temporale che ormai è lungo 11 anni. Undici, non due o tre. Fognini del resto è un giocatore molto forte, con un rovescio splendido, una discreta prima, una mano abbastanza sensibile e una grande mobilità, ma il problema è che in nessuna di queste cose è tanto più bravo di quelli che sono forti davvero. Senza arrivare alla trimurti, ogni paragone con Thiem o Tsitsipas o Zverev non ha tanto senso, e lo stesso Nishikori rimane uno che ha pur sempre fatto una finale slam e che domani giocherà il suo undicesimo quarto di finale.
Chiusa la parentesi Fognini, ci sarebbe un Roland Garros che adesso entra nel vivo. Delle prime otto di serie ne mancano solo due all’appello, ma le defezioni non sono troppo sorprendenti, perché del Potro è sempre lì a fare lo slalom tra gli infortuni e Tsitsipas ha avuto la sfortuna di incappare in un Wawrinka in stato di grazia. C’è da dire che per quanto sia stato il miglior Wawrinka degli ultimi due anni la partita l’ha praticamente buttata il greco, che ha fallito qualcosa come 22 palle break e che ha evidentemente retto non troppo bene la pressione. Detto questo difficilmente Tsitsipas perderà un’altra volta contro Wawrinka, e già a Wimbledon gli ottavi di finale dovrebbero essere agevolmente superati. Il vero “intruso” è queindi Karen Khachanov, che ha vinto l’ultimo degli ottavi di finale superando un del Potro come sempre ammirevole e come spesso impreparato fisicamente. Troppo lento negli spostamenti, l’argentino è stato ben presto vittima della maggior mobilità del russo, che dopo un periodo di prestazioni sconcertanti è approdato al suo primo quarto di finale slam. La sua corsa dovrebbe terminare qui, perché via via che passano i giorni Thiem sembra sempre più a suo agio e il modo con cui oggi ha superato Monfils sembra stare a significare che da oggi si sono rotti gli indugi e che le amnesie che gli erano costati dei set lasciati per strada non si ripeteranno.
Ai quarti di finale solo in due sono arrivati senza perdere neanche un set, Novak Djokovic e Roger Federer. Djokovic ha dato l’impressione di essere in uno di quei momenti di grazia che in passato lo rendevano inavvicinabile, niente a che vedere neppure con il Djokovic di Melbourne, che pure cambiò marcia a partire dai quarti di finale. L’unico dubbio rimane appunto quello, che stavolta sia partito troppo forte e che possa trovare qualche ostacolo nei prossimi tre incontri, che non potranno essere certo così semplici. Djokovic ritrova Zverev, che in un modo o nell’altro è arrivato alla sua ottava vittoria di fila sulla terra e che potrebbe aver ritrovato un po’ di fiducia, anche se il primo set di oggi è stato terribile. Molto dipenderà dal servizio del tedesco, che dovrà essere però molto più efficace di quello di oggi, considerato che difficilmente Djokovic si farà sfuggire le occasioni che gli capiteranno. Naturalmente qualsiasi risultato diverso dalla vittoria di Djokovic sarebbe una grossa sorpresa ma la partita è utile anche per capire come arriveranno all’eventuale semifinale lui e Thiem.
Per Federer il discorso è naturalmente diverso. Per quanto cerchi di scaricarsi responsabilità e pressioni, ogni volta che partecipa ad un torneo ci si aspetta il miracolo. Il derby svizzero era stata l’ultima partita giocata da Federer prima del ritorno a Parigi di quest’anno e finì con una sconfitta onorevole ma abbastanza secca, tre set a zero per Stan, che poi vincerà il torneo. Quattro anni non sono passati invano, e se Federer è sempre un punto interrogativo perchP dipende da come si alzerà la mattina Wawrinka non è certo all’altezza dello Stanimal che distrusse Djokovic in finale. Abbiamo già accennato che la partita con Tsitsipas è andata bene anche per colpa del greco e la stanchezza accumulata in quelle cinque ore potrebbe giocare un ruolo non secondario nel match. Ad ogni modo la partita dovrebbe essere molto più equilibrata di quella del 2015.
L’ultimo quarto di finale si è tentati di dire che potrebbe essere il più scontato di tutti, perché il Nishikori visto fin qui non si capisce in che modo possa dare fastidio a Nadal. Anche in questo caso l’unico dubbio può essere dettato dagli incontri relativamente facili del maiorchino, che tranne Goffin ha affrontato giocatori decisamente poco all’altezza. E il fatto che abbia smarrito un set contro il belga potrebbe essere un campanello d’allarme. Tanti condizionali come si vede, che servono per cercare di trovare una qualche forma di interesse in un match che appunto appare scontato. Nishikori pare sempre credeci fino ad un certo punto, e le sue due vittorie al quinto set sono legate più allo scempio dei suoi avversai, Djiere e Paire, che ad una particolare propensione alla lotta. Ad ogni modo vedremo, adesso si fa sul serio, speriamo di vedere belle partite.
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