[1] S. Halep b. S. Kenin 6-3 6-7(5) 6-4
È ancora viva, Simona Halep, riuscita a venire fuori da una sfida che era quasi impossibile da girare a proprio favore viste le difficoltà fisiche derivate da un ritardo nella condizione generale.
Ha messo in campo tutto quello che aveva, a un certo punto, per provare a liberarsi di quella passività che per oltre un set la stava conducendo a una sconfitta quasi certa contro un’ottima Sofia Kenin, reduce dal primo titolo WTA in carriera (a Hobart) e in grande crescita. Ad appena 20 anni, la statunitense di origini russe aveva tutto apparecchiato per cogliere un successo clamoroso, ma meritato. Invece ha pagato il grande nervosismo e la tensione, che l’hanno portata ad arrabbiarsi più del dovuto perdendo la tranquillità necessaria per portare al termine la sua impresa.
Halep, pur faticando, pur mancando in diverse parti del suo gioco, ha trovato la forza di dare un ultimo assalto al fortino statunitense e, approfittando anche di un servizio quasi perfetto, si è portata nella posizione preferita di una numero 1 del mondo: in volata, con la consapevolezza che a quel punto l’inerzia stava girando.
È stata una battaglia, una maratona, partita ufficialmente quando il livello della rumena è cominciato a calare e, come nel gioco dei vasi comunicanti, Kenin ha preso fiducia cambiando body language e colpendo con più pericolosità. Ha talento, la statunitense, e lo si nota da come legge il gioco, da come prende il coraggio e decide all’improvviso di alzare la qualità del proprio gioco, da come è riuscita in non poche situazioni a venirne fuori meglio per coraggio e determinazione.
Da 3-6 0-3 40-40 è risalita fino al 3-3 e non ha più rischiato nulla al servizio. Al tie-break si è guadagnata il set point, poi trasformato, perché è stata lei ad avere l’iniziativa tra le mani malgrado dal 4-5 si sia trovata a servire due seconde palle. Sul 6-5, ha condotto lo scambio portando Halep a sbagliare di rovescio. Sembrava l’inizio di un copione già delineato, e le 3 palle break salvate nel game di apertura della frazione decisiva davano grande supporto alla teoria.
Halep era più lenta, sia di gambe che di gioco. Le mancava almeno un passo, nella corsa, e la lucidità del primo set e mezzo era ormai un lontano ricordo. Purtroppo per lei, ritrovarsi a giocare scambi di grandissima intensità voleva anche dire spendere tanto, fisicamente, e questo l’ha portata ad accusare un fastidio alla coscia destra. Eppure, senza mai risparmiarsi, e sotto gli occhi di sua madre che ormai era una statua di sale in tribuna, ha continuato a darsi una chance. Ha perso il game al servizio sul 2-3, ma ha approfittato di un doppio fallo avversario sul 30-30 e ha trovato l’immediato, e vitale, controbreak.
Kenin qui ha fatto il suo grande errore: incolparsi in maniera eccessiva. Sul 3-4 Halep si è tirata su con punti diretti alla battuta, e poi ha mandato più volte fuori posizione la statunitense nel game successivo, aumentando il grande nervosismo che già stava montando dentro di lei. Arrivato un nuovo, incredibile, break in suo favore ha avuto il match point in mano. Un turno di battuta perfetto, e la partita era finita. Lei a esultare, in qualche modo, consapevole che è ancora indietro rispetto alle altre, ma anche di avere un cuore enorme.
(aggiornamenti a breve)
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