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Statistiche della settimana: Khachanov sulle orme di Safin e Davydenko bussa alle porte dei top 10

L’ultimo Masters 1000 dell’anno, come nella tradizione del torneo, catapulta alla ribalta del tennis mondiale l’ennesimo outsider, il russo Karen Khachanov, certamente non pronosticato tra i possibili vincitori di un torneo che, nonostante l’assenza di Nadal per infortunio dell’ultimo minuto, presentava  il miglior  seeding  di sempre con 8 dei primi 10 al mondo.

I precedenti a sorpresa nella storia del torneo riguardano tennisti illustri che dal successo a Parigi hanno preso slancio per approdare quanto meno nei top 10. Senza andare tanto indietro nel tempo ricordiamo Henman (2003), Berdych (2005), Tsonga (2008), Davydenko (2006), Soderling (2010) per finire con l’americano Sock che lo scorso anno  aveva già pronte le valigie per le vacanze e si trovò catapultato alle Finals di Londra dopo aver sbancato con sua stessa sorpresa, Parigi Bercy, da numero 22 del ranking e tds n.16, grazie anche a una combinazione di corridoi incredibilmente favorevoli che gli evitarono lo scontro con le altre teste di serie, fino a trovare in semifinale una wild card (Benneteau) e in finale il qualificato Krajinovic.

Khachanov, che alla vigilia del torneo era numero 18 del mondo e aveva sconfitto in carriera solo tre top 10 in 19 scontri diretti (e mai un top 8), ha avuto un percorso ben più impegnativo di Sock sconfiggendo in  sequenza ben quattro Top 10: dopo aver sofferto con Isner (9) negli ottavi, salvando 2 match point, ha liquidato seccamente  Zverev (5) (6-1 6-2),Thiem (8 (6-4 6-1) e in finale Djokovic (2) (7-5 6-4), il che è di per sé garanzia di qualità.

Il tennista russo, classe 1996, durante questa settimana a Parigi ha impressionato dall’inizio alla fine, senza sbavature, vestendo di colpo i panni di un giocatore esperto, freddo, incredibilmente potente,  di quel killer instinct di fronte al quale sono stati costretti alla resa tutti gli avversari compreso un Djokovic che ha certamente pagato gli sforzi dei due turni precedenti con Cilic e soprattutto con Federer in semifinale nell’incontro che ha nobilitato il torneo, ma ha dovuto anch’egli alzare bandiera bianca senza condizioni subendo un punteggio (7-5 6-4) che è anche probabilmente troppo generoso nei suoi confronti. Il russo è stato esemplare anche alla fine della finale per la compostezza e la tranquillità dimostrata.

Ha un anno più di Zverev ed ha vinto fin qui molto meno del tedesco, ma certamente ha fatto progressi molto significativi che lo portano ad apparire più completo (è molto efficace anche nei colpi a volo) ma anche più solido mentalmente.

Khachanov segue le orme di due illustri connazionali che hanno la trionfato a Parigi negli anni duemila e che hanno lasciato un segno nel tennis moderno: Marat Safin che vinse a Parigi una prima volta nel 2000 diventando dopo una settimana numero uno del mondo, per poi ripetersi nel 2002 e nel 2004, e il già menzionato Nikolay Davydenko che trionfò nel 2006 conquistando, a seguito di quel successo, il suo best ranking (3).  Davydenko fu anche l’ultimo tennista russo ad imporsi in un Masters 1000 nel 2009 a Shanghai.

La vittoria di Khachanov per come è maturata e coronata dal successo contro il numero uno del mondo rappresenta probabilmente una pietra miliare nell’avanzata dell’inevitabile cambio generazionale che tutti invocano, quasi nessuno si augura, ma che nel 2019 potrebbe anche travolgere la storia. Il tennista russo lo scorso anno di questi tempi partecipava alla prima edizione delle Next Gen Finals di Milano dove vinse un solo incontro (contro l’americano Donaldson), e il successo di ieri fungerà da ulteriore stimolo per gli otto giovani tennisti che si apprestano a contendersi il titolo della seconda edizione.

Intanto la leadership mondiale resta feudo incontrastato dei Fab Four che continuano a succedersi al comando a partire dal 2 febbraio 2004. Djokovic si è ripreso lo scettro dopo 2 anni esatti: era il 7 novembre 2016 quando gli subentrò Andy Murray, che avrebbe tenuto il comando per 41 settimane (le uniche finora) prima di dare il cambio a Nadal che ha chiuso il 2017 in testa. Botta e risposta quest’anno tra lo spagnolo e Federer, diventato il numero 1 del mondo più anziano di sempre a 36 anni e 10 mesi per l’ultima volta il 24 giugno, e infine da ieri il ritorno di Djokovic che ha raccolto il testimone da Nadal e potrebbe diventare il primo tennista a chiudere la stagione in testa al ranking dopo essere stato fuori dai 20 nel corso della stagione (n.22 tra maggio e giugno) .

Altri numeri del torneo:

0 – I francesi al terzo turno nel torneo di casa con 10 presenze in tabellone. Non era mai successo. Per salvare la stagione restano più che mai aggrappati alla Coppa Davis della quale sono detentori e che dovranno difendere dall’assalto della Croazia nella prossima finale che si giocherà a fine mese.

1 – Il match vinto da Fognini a Parigi Bercy in sette partecipazioni: nel 2010 contro il tedesco Berrer.

4 – Le vittorie in carriera di Khachanov in altrettante finali disputate: Chengdu (2016), Marsiglia, Mosca e Parigi quest’anno.

8  Lepresenze avvicendatesi finora in testa alla classifica mondiale nel 2018 con 3 tennisti (Nadal, Federer e Djokovic). Non è un record in quanto ne 1983 ce ne furono 10 con 3 giocatori(McEnroe, Connors e Lendl) e nel 1999 8 con 5 tennisti (Sampras, Moua, Kafelnikov, Agassi e Rafter).

22 – I match vinti consecutivamente da Djokovic a partire dal torneo di Cincinnati.

30 – I set vinti consecutivamente da Djokovic a partire dagli US Open prima di incontrare nei quarti Cilic che gli ha soffiato il primo set.

46 – Il best ranking del tunisino Jaziri, ripescato come lucky loser e approdato al terzo turno del torneo. A 34 anni e 9 mesi, è il quarto più anziano tennista fra quelli in attività, ad ottenere il best ranking passati i 34 anni:

47 Le sfide tra Djokovic e Federer. Solo la rivalità tra Nadal e lo stesso serbo ha vissuto un numero di sfide superiore:

224 – Le settimane di Djokovic al primo posto del ranking, quinto di sempre nell’Era Open.

Giancarlo Di Leva

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