[WC] Q. Wang b. A. Sabalenka 7-5 7-5
Qiang Wang sta vivendo le due settimane che cambieranno la sua carriera, almeno agli occhi dei tantissimi cinesi che stanno seguendo una nuova cavalcata folle e inattesa dopo la semifinale di Wuhan e il titolo, la settimana prima, a Guangzhou.
La cinese quest anno non riesce a perdere, quando gioca in casa, e dopo l’unica sconfitta “vera” all’esordio a Shenzhen, nella prima settimana del 2018, ha infilato il primo titolo in carriera a Nanchang, la medaglia d’oro ai giochi asiatici, il secondo titolo in carriera e la semifinale a Wuhan dove si è arresa ad Anett Kontaveit e un problema alla gamba a inizio del secondo set.
Grazie al bye ricevuto a Pechino per il raggiungimento del penultimo atto nel torneo precedente, Wang ha beneficiato di un prezioso bye che le ha dato modo di cominciare l’avventura nella capitale cinese qualche giorno più tardi e riprendersi al meglio, ripetendo la scalata della settimana precedente e battendo solo top players. La prima vittima una malconcia Jelena Ostapenko, poi Karolina Pliskova (già battuta a Wuhan) e ora l’ostacolo più complicato di tutte: Aryna Sabalenka.
C’è tanto cuore di Wang nel 7-5 7-5 conclusivo, ma anche altrettanto bel tennis perché la bielorussa è stata prima avanti per due volte di un break, poi nelle fasi decisive del primo set ha subito il gioco avversario che l’ha piano piano portata fuori fase. Wang, dal 4-5, ha giocato 3 game straordinari tra scambi vinti in difesa, rimpallando i colpi della bielorussa come fosse un muro, sfiancandola e arrivando con decisione sulla palla più corta per fare suo lo scambio. L’obiettivo della sua partita era per gran parte quello: non dare modo a Sabalenka di avere sulla racchetta una chance comoda per far male. La profondità era fondamentale, considerato anche che Aryna per quanto sembrasse a un livello migliore di ieri qualcosa regalava per forza, vista la tipologia di gioco che attua.
Da incorniciare per la cinese, poi, il punto che ha aperto il game in risposta sul 5-5. Sabalenka ha cercato di mandarla fuori dal campo con un dritto in top-spin, lei in allungo non solo l’ha arpionato ma ha giocato stretta nell’angolino per un vincente che ha acceso, o meglio incendiato, un pubblico già molto ben presente. Il tennis cinese grazie a lei sta vivendo un momento d’oro, non paragonabile ai fasti di Na Li, ma per la prima volta una tennista di casa si spinge così avanti dopo tantissimi anni e Wang, con questo risultato, è certa di entrare in top-25 da lunedì prossimo. Era numero 50 del mondo prima di Wuhan.
Sabalenka ha accusato il colpo di quel dritto su un punto che credeva finito, ha cominciato a bisticciare con la prima e si è rapidamente trovata 0-40. Alla prima chance Wang ha colpito, giocando con grande autorità il game successivo malgrado una chiamata dubbia dell’arbitro che le ha fatto ripetere una prima di servizio giudicata out e corretta dalla verifica. Dopo uno scambio abbastanza acceso di opinioni, con la cinese che diceva fosse impossibile che Sabalenka potesse arrivare sulla palla, è tornata a servire e ha giocato un’altra prima super efficace all’incrocio. L’esultanza, sua e di tutto il pubblico, era di chi aveva compiuto un piccolo capolavoro.
“Sotto 0-3 ho creduto che la partita fosse già finita” dirà poi in conferenza stampa. Eppure l’ha girata lei, con quel tennis che in questo momento sembra la cosa più semplice possibile e che solo a 26 anni la sta spingendo dove mai prima era arrivata. Il secondo set ha cominciato a caricarsi di tensione, piccole chance per l’una e per l’altra ma chi serviva era sempre in grado di giocare l’ace nel momento chiave. Normale, forse, per Sabalenka, molto meno per Wang, che però in questo momento non ha nulla a che vedere col passato.
Di nuovo sul 5-4, Sabalenka ha cercato più volte l’attacco decisivo in risposta ma in due circostanze è stata “a tanto così” dal set point. Due errori abbastanza gravi, il primo con un dritto dal centro in lungolinea a scambio quasi chiuso, uscito di poco, e il secondo con una risposta di rovesci non impossibile stoppata dal nastro, soprattutto perché nel punto precedente ne aveva giocata una identica, ma vincente. Salvatasi, Wang ha di nuovo colpito nell’undicesimo game. Sabalenka stavolta era partita meglio, ma dal 40-30 ha commesso due brutti errori (saranno 41 i gratuiti totali) e sulla palla break una straordinaria risposta della cinese è finita verso il centro, quasi nei pressi della riga e l’ha colta impreparata, ancora in uscita dal servizio, con un dritto che non poteva che terminare fuori.
La bielorussa ha dato il tutto per tutto, spalle al muro, ma nonostante la palla break non ha saputo trascinare l’incontro al tie-break e al primo match point Wang ha chiuso tra il delirio generale di uno pubblico mai così “dentro” alla partita come stavolta. E domani, di fronte a lei un’altra big: Caroline Wozniacki. Tutto facile per la danese, che ha liquidato 6-2 6-2 Katerina Siniakova.
[8] N. Osaka b. [WC] S. Zhang 3-6 6-4 7-5
Nella giornata in cui Naomi Osaka torna a giocare un match di due ore e mezza, che per quanto possa suonare strano non accadeva da Stoccarda 2018 quando annullò 5 match point nel match vinto al secondo turno di qualificazioni contro Anna Zaja, la vera vittoria della giapponese può essere quella di aver scoperto di poter battere anche se stessa. Il 3-6 6-4 7-5 ai danni di Shuai Zhang che le ha permesso di approdare in semifinale è stato il frutto di un match veramente difficile, per lei, che oltre a dover spezzare la difesa e un palleggio molto profondo della cinese ha fatto a pugni con se stessa, il suo morale e la sua negatività fin dal primo punto dell’incontro.
Non è una novità questo atteggiamento. Già solo ripercorrendo la storia del suo 2018 si possono trovare partite dove l’enorme pressione di cui alle volte si carica può portarla a deragliare e a renderla molto insicura. Pensiamo per esempio a quanto avvenne a Charleston, contro Julia Goerges, quando Sascha Bajin entrò in campo per parlarle sul finire del primo set e lei gli disse: “Mi sento strana, non riesco a giocare, non so più giocare”. Lì il suo allenatore cercava di lavorare molto più sull’aspetto psicologico, un po’ come è successo oggi quando le grandi aspettative di Naomi si sono scontrate con un inizio fatto di un doppio fallo e tre gratuiti. Stizzita, ha poi continuato a non prendere il campo e a poco a poco non riusciva più a perdonarsi il minimo errore, anche se dovuto all’ottima difesa della sua avversaria o a un palleggio ad alto ritmo dove trovava grande profondità, portando fuori tempo la giapponese.
La racchetta veniva lasciata a terra con tanto disgusto, c’era tanta foga e tanta potenza nei suoi colpi da fondo, col chiaro intento di chi non voleva più stare lì a faticare per costringersi ad aumentare le proprie sofferenze (sportive e mentali, si intende). Sascha, a cui vanno enormi meriti per aver tenuto il più tranquilla possibile la sua allieva nel momento di massima difficoltà, è sceso in campo subito, quando Zhang guidava 3-0 e servizio nel primo set. Le sue parole, tra un incoraggiamento e l’altro, avevano un primo effetto: Osaka, molto più concentrata, cominciava a colpire bene la palla e sapeva risalire fino al 2-3 15-30 in risposta. La cinese, molto attenta, continuava a piazzare buone prime di servizio nei momenti decisivi per avere il gioco in mano e controllare gli alti e bassi di chi era al di là della rete. Forse capiva che non tutto il match sarebbe dipeso da lei, ma quello che poteva fare doveva essere perfetto. Tenuto un fondamentale game sul 4-3, ha poi raccolto i nuovi regali di Osaka che si perdeva in un mare di errori gratuiti.
L’inizio del secondo set è stato il momento peggiore del match. Osaka aveva lasciato il campo a fine del primo parziale e rientrata aveva trovato nuova spinta. Quello che traspariva, da fuori, è che lei cercasse in tutti i modi di giocare e di non strafare. Era molto più impaziente del solito, soprattutto molto meno paziente di quello che era richiesto oggi per affrontare questa Zhang, che la costringeva anche a tre o quattro accelerazioni per chiudere i punti. Serviva la Osaka di New York, quella che ha avuto la forza mentale e la tranquillità di fronteggiare una a una le 13 palle break offerte a Madison Keys, o di non subire alcun break nonostante sia partita in svantaggio in 7 dei 9 turni di battuta giocati. Oggi, per quanto si vedesse che provava in tutti i modi a rientrare nel giusto atteggiamento, partendo anche solo dal linguaggio del corpo, lo stress e il nervosismo per tutto quello che era successo fin lì ha condizionato l’inizio della seconda frazione. Sei palle break avute, sei mancate. In almeno due ci sono stati gravi errori proprio nell’ultimo colpo, entrambi arrivati alla fine di scambi abbastanza lunghi, dove per la prima volta Naomi si stava sforzando con tutta se stessa di rimanere lì fino alla fine. Il chiaro contraccolpo è stato il break subito nel turno di battuta successivo.
Visibilmente stressata, quasi a dannarsi per ricacciare dentro agli occhi un accenno di lacrime, Osaka ha cominciato a giocare a braccio sciolto e la tattica ha funzionato, riprendendosi il break con un paio di dritti fulminei che erano solo l’inizio di quello che sarebbe successo da lì in avanti. Sempre in bilico tra volontà di resistere e di lasciarsi andare alla rabbia, la numero 8 del seeding ha mancato altre chance di break ma dal 3-2 Zhang ha piano piano trovato un po’ di calma, cominciando a lavorare punto dopo punto per portarsi in una condizione mentale migliore. Al servizio riusciva ad avere più fiducia e il modo in cui colpiva la palla, molto più composta, le ha dato modo di mantenersi aggrappata e sul 4-4 ha dato fuori tutto, trovando il break che l’ha portata a servire per il set. Salvando una palla del controbreak, e trovando grande aiuto dal servizio per la prima volta da inizio partita (e in generale nell’unico momento del match) la campionessa dello US Open pareggiava incredibilmente i conti con un rovescio incrociato che viaggiava oltre i 100 chilometri orari.
È forse la prima volta, questa, dove Osaka riusciva a continuare a lottare contro questo desiderio di essere sempre perfetta che alle volte è per lei un vero peso opprimente. E Bajin, uomo intelligente, lo ha subito notato: “Naomi, non essere così severa con te stessa. Calmati, ripetiti “io posso, io voglio”. Noi siamo qui, e siamo fieri di te e di questa tua voglia di continuare a lottare. Continua così, provaci, non importa come andrà a finire, questo è meglio di quanto tu abbia mai fatto”. Il grande inizio di terzo set di Zhang, però, ha ributtato Osaka nella fase più delicata. Quattro palle break annullate nel primo game, altro game difficile portato a casa nel terzo e break nel quarto con allungo fino al 4-1. La sua difesa era eccezionale, stava avendo il 77% di prime palle in campo e quasi tutte efficaci. Osaka, che non arriverà oltre al 44% in tutto il match, era ancora una volta spalle al muro. C’è voluto un bel regalo della cinese per rimetterla in partita, con due doppi falli nelle fasi decisive del settimo game. La giapponese però non ne approfittava e dopo due bombe con la prima ecco 4 punti persi con la seconda, gli ultimi 2 completamente buttati di rabbia. La stessa rabbia che l’ha subito portata 0-40 in risposta e le ha permesso di tornare in scia.
Bajin, ancora una volta chiamato in causa: “Naomi, ci sei. Non mollare, lei ha giocato in maniera straordinaria a inizio del terzo set ma ora sei lì. Servi bene, non sparare a tutta se sei di fretta, rallenta e pensa al piazzamento, rilassati”. Per la prima volta, nel suo coaching c’erano anche indicazioni tattiche. Osaka era ancora molto giù di morale, ma dallo 0-15 pur non mettendo in campo prime è salita sul 30-15 e da lì col servizio è salita 5-5, quello che serviva per scrollarsi tanta della tensione che aveva e pensare all’attacco finale. Zhang è andata in difficoltà con tre errori di dritto e il break per il 6-5 è stato una vera liberazione. I primi punti del dodicesimo game, poi, il segno che la giornata stava volgendo al termine: due volte chiamato in causa Hawkeye per due chiamate molto dubbie, entrambe a favore della campionessa dello US Open che è salita 30-0 e con due ace ha chiuso la partita.
Nessun segno sul suo volto, ancora estremamente provato dalle due ore e trenta in cui ha combattuto con un demone che probabilmente nasce dalla timidezza che Naomi ha, da quel sinonimo di insicurezza che ha spesso raccontato arrivare anche nel momento in cui invece di salutare le persone si mette le cuffie alle orecchie e comincia a camminare velocemente per sembrare indaffarata. Spesso tutto ciò non compare quando è in campo, o almeno così sembra visto lo sguardo spesso imperscrutabile, ma in quelle giornate dove basta un nulla perché cominci ad affannarsi la situazione diventa molto complicata. Osaka sa chi è, sa i suoi e i suoi difetti, e sa che ci sarà bisogno di tanto lavoro per limare questo pensiero di dover convivere con la voglia di non perdonarsi alcun errore. Oggi, però, ha scoperto che può vincere anche contro questo. In semifinale, ora, avrà Anastasija Sevastova che ha sconfitto Dominika Cibulkoa 6-4 7-6(3) rientrando da un break di ritardo nel secondo set.
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