[3] N. Osaka b. D. Cibulkova 6-2 6-1
Tokyo ha abbracciato la sua stella. Dopo un arrivo in aeroporto ormai una settimana fa, con tutti gli onori del caso da parte di giornalisti, fotografici e politici, Naomi Osaka ha fatto il suo esordio nel torneo giapponese sfoggiando nel migliore dei modi il nuovo status di campionessa Slam. Un successo, arrivato ormai 10 giorni fa, che sembra non averla ancora colpita a fondo.
Uno dei pensieri più ricorrenti di questi giorni era se la grande esposizione mediatica, le chiacchierate nei talk show più seguiti degli Stati Uniti e le conferenze stampa fatte nel paese del Sol Levante (e nuovi contratti firmati) potessero avere inciso in quel carattere così timido e riservato. Soprattutto, visto come viene sentito “l’essere giapponese” da quelle parti, se le voci che mettevano in dubbio la sua appartenenza a questa realtà potessero scalfire quello sguardo altrimenti di ghiaccio, da cui difficilmente traspare (almeno in campo) un segno di emotività vera.
“Se io sono giapponese? Io sono così, ed è questo che mi piace essere” ha detto nella prima conferenza stampa, con un sorriso molto delicato, al giornalista che ha provato a metterla in difficoltà. Al di là di questi piccoli momenti, il bagno di folla è stato immenso e carica di elettricità positiva. L’ingresso in campo nell’arena di Tachikawa, a ovest della megalopoli capitale del Giappone, è stata la chiusura del cerchio, la fine di un’attesa che stava coinvolgendo un po’ tutti. Applausi scroscianti mentre lei camminava lungo il campo verso la sua panchina, fotografi a sovraffollare la loro area con gli obiettivi solo per lei. Osaka, nel frattempo, non lasciava trasparire nulla, abbozzando un sorriso ma rimanendo estremamente concentrata. Al primo punto, una accelerazione potente di dritto in lungolinea, vincente, lo stadio era già esploso in una standing ovation.
La partita è stata forse la degna chiusura di un momento che per lei doveva essere speciale, ripagandola in parte della vergogna (di cui lei non ha colpe) di quanto accaduto allo US Open. Dominika Cibulkova è una di quelle avversarie che per lei rappresentano un confronto piuttosto comodo, perché la sovrasta in potenza coi colpi da fondo, col servizio e con la capacità che ha di cambiare la direzione degli scambi sia con un colpo in contropiede che con gli angoli stretti. Quando la slovacca accorciava, perché nel braccio di ferro da fondo perdeva campo, alla giapponese riusciva facilissima la chiusura visto il tanto spazio dove piazzare i propri colpi. In più, il servizio è stata una macchina infallibile: 11 ace di cui 3 consecutivi quando sul 5-2 nel primo set ha vissuto l’unico momento critico, andando indietro 15-30.
La passerella si è chiusa in meno di un’ora, per la grande gioia del pubblico e per quel sorriso, appena accennato, che ha lasciato trasparire Osaka sotto la visiera. Un 6-2 6-1 che ha ricalcato lo stesso punteggio di due anni fa, quando le due si affrontarono proprio a Tokyo nel loro unico confronto diretto prima d’ora. Adesso, per Naomi, ci sarà un giorno di pausa per pensare al quarto di finale contro Barbora Strycova o Anett Kontaveit.
Altri incontri
Avanza ai quarti Karolina Pliskova, che è riuscita a portare a termine la rimonta ai danni di Daria Gavrilova in un complicatissimo match d’esordio. La ceca ha spiegato con estrema chiarezza, nella breve intervista a bordo campo, i motivi di un 4-6 6-4 6-4 che ha creato un’anomalia rispetto ai precedenti 3 confronti dove non aveva mai concesso più di 3 game a set: “Il primo set era nelle mie mani, ma ho fatto errori molto stupidi e ho dovuto ricostruire tutto da zero”.
Oltre a questo, l’ottima prestazione dell’australiana ha contribuito a trasformare una partita che sembrava chiusa in un gran thrilling fino all’ultimo punto. La numero 8 del mondo ha parlato di “stupid misses” nel primo set quando da 4-1 e servizio ha perso 5 game consecutivi. Era un brutto segnale, maturato anche a causa di un’avversaria che rispetto ad altre circostanze stava sbagliando pochissimo e muovendosi molto bene lungo al campo, cosa che le permetteva di allungare gli scambi e fare tutto il gioco che Pliskova non adora.
La lenta risalita è nata da un secondo set dove è riuscita, anche grazie a un 81% di prime palle di servizio n campo, a non concedere più l’ombra di una chance e approfittando del momento buono per rompere l’equilibrio (su 2-2) e conservare il vantaggio fino alla chiusura nel decimo game. Nel terzo set i problemi sono tornati: qualche pasticcio sull’1-1 le ha impedito di prendere il vantaggio e mentalmente l’ha pagato nel game successivo perdendo la battuta a zero. Il secondo game di risposta consecutivo perso da 15-40 sembrava un po’ la pietra tombale della sua partita, ma è stata brava a darsi una nuova chance sul 2-4 e approfittare del calo alla battuta dell’australiana. Quando poi la situazione si è fatta più tesa, è stata Karolina a emergere con scambi guidati da molta più pazienza e grande sacrificio nell’attendere la palla giusta per spezzare l’estrema difesa della sua avversaria.
Contro di lei, però, non ci sarà Garbine Muguruza. La spagnola ha vissuto l’ennesima giornata negativa della sua annata con una pesantissima sconfitta 6-1 6-2 subita contro Alison Riske, proveniente dalle qualificazioni. Una buona prova della statunitense, capace di mantenere alto il proprio livello dall’inizio alla fine, ma nel complesso la prestazione di Muguruza è stata disastrosa tra errori a ripetizione e la sensazione, da chi la osserva, di avere una giocatrice completamente persa, cosa che purtroppo si sta ripetendo da molte settimane se non proprio dalla trasferta australiana di inizio 2018.
Infine, avanza ai quarti di finale Caroline Garcia che nonostante una prova non perfetta ha trovato la via per riemergere contro Anastasia Pavlyuchenkova che aveva la partita in mano fin dall’inizio del terzo set. 6-4 2-6 7-5 il punteggio conclusivo di una partita dove la francese è partita male in ogni set, ma se nel primo era riuscita a rifarsi sotto, sia nel secondo che nel terzo stava sbagliando troppo, ma proprio sul finire di partita ha trovato il guizzo che le ha permesso di uscire da una condizione quasi arrendevole e di proporsi meglio in fase offensiva, annullando 3 match point e riuscendo a salire sul 6-5. Al resto hanno pensato i nervi, fragili, della russa che è partita subito in difficoltà al servizio nel dodicesimo game e dopo aver mancato una chance per il tie-break ha commesso doppio fallo sul primo match point concesso.
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