Adesso è veramente finita. Francesca Schiavone ha detto la parola “fine” alla sua straordinaria carriera in una conferenza stampa allo US Open organizzata nella giornata di mercoledì 5 settembre. “Dico addio al tennis con il mio cuore. È ora, adesso lo sento. Avevo due sogni nella mia carriera: vincere il Roland Garros e diventare una top-10. Ce l’ho fatta, e sono incredibilmente felice. Adesso mi si aprono nuove sfide nella mia carriera. Sto già allenando, da qualche mese: è molto diverso, ma molto stimolante vedere come tanti ragazzi e ragazze vogliono imparare” queste le parole della trentottenne azzurra che si è mostrata molto emozionata e sorridente di fronte ai giornalisti presenti.
“Voglio salutare tutti. La mia famiglia, mia mamma, mio papà, chi mi è stato accanto” ha detto, in conferenza stampa, mentre stava trattenendo a stento le lacrime. “Quando ero giovane era tutto velocissimo, adesso quando vedo qualcuno che mi ferma e mi ringrazia, per me è qualcosa di straordinario”. Ci mancherà tantissimo, nonostante nell’ultimo anno la si è vista pochissimo in campo e la sua carriera aveva dato anche gli ultimi bagliori nelle finali raccolte tra 2016 e 2017 e i titoli a Bogotà e Rio de Janeiro. È riuscita a regalare momenti storici al tennis italiano, a scrivere record e ad affrontare le migliori del mondo con un gioco molto particolare, che lei al Roland Garros 2015 ha amato descrivere come il risultato di un pittore che dipingeva una tela sempre diversa e dava libero sfogo alla fantasia.
Mancherà a tutti, comprese le giocatrici che da ieri le hanno scritto un post di congratulazioni sui social, comprese anche quelle contro cui ha messo a segno alcune delle partite più belle della carriera. Svetlana Kuznetsova a Indian Wells nel 2017, nell’intervista esclusiva concessaci, aveva rivelato tra le altre cose che sarà “tristissima il giorno in cui si ritirerà”. Schiavone e Kuznetsova, meravigliose protagoniste di partite che hanno fatto la storia per durata e bellezza (Australian Open e Roland Garros) e divenute col tempo piuttosto legate tanto che Kuznetsova quel giorno ci disse: “Credo che se riuscisse a trovare ancora un risultato importante e salire nel ranking, rientrando almeno nelle prime 100 non ci lascerà… spero che non ci lascerà”. E credeteci: quell’ultima parte è stata detta con una faccia di chi avrebbe fatto di tutto per darle una mano.
Prima campionessa Slam al femminile nella storia del nostro tennis, un Roland Garros vinto in maniera incredibile e una nuova finale l’anno successivo che sapeva ancor di più di impresa, frenatasi però di fronte a Na Li che quel giorno scriveva la sua pagina di storia diventando la prima cinese a vincere un Major. Di quel 2010 ci ricordiamo ancora tutto, e più scorrono nella mente i ricordi delle discese in controtempo, del coraggio e del bellissimo discorso durante la premiazione, più si susseguono momenti indimenticabili, come la prima Fed Cup nella storia italiana vinta nel 2006 e il successivo dominio di una nazionale che oggi, inutile negarlo, ci manca tantissimo. Erano le nostre Fab Four: lei, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Sara Errani. Soltanto quest ultima prova a resistere, intrappolata in questo momento in una vicenda ben poco piacevole. Un personaggio unico, lei che amava spesso rivolgersi a se stessa usando la terza persona e che non ha mai avuto paura di mostrare il proprio carattere. Ad ormai 38 anni ha deciso ufficialmente che le priorità della vita da oggi saranno altre, dopo essersi divertita in questi due anni a fare da seconda voce nelle telecronache di Sky Sport o a gestire il proprio account YouTube che non poteva non chiamarsi “Schiavo Channel”.
“Schiavo”, “Fra”, “Fran”, nomignoli e soprannomi che si sprecano per una ragazza che non aveva mezze misure: o la si amava, o no. Però ogni volta che era in campo era uno spettacolo vedere come ancora a 35, 36, 37 anni si sentisse viva. I primi segnali di ritiro c’erano stati nel 2015 salvo poi smentire tutto lanciando un po’ il carico pesante in un’intervista a Studio Aperto che doveva per forza essere filtrata: diceva di volersi sentire la prima avversaria di Serena Williams, indicando ovviamente una condizione che le permettesse ancora di dare il massimo in campo, e che non c’era cosa che le dava più godimento di giocare un passante stretto vincente. Poi è arrivato il 2016 e a fine stagione, quando aprì “Schiavo Channel”, lanciò il gioco di chiedere ai suoi fan che cosa volessero del suo futuro. Alla fine, ovviamente, continuò a giocare. Poi nel 2017, quando di nuovo disse di essere alla fine, le vittorie a Bogotà e Rabat (dove fu fermata solo in finale in una sfida tiratissima contro Anastasia Pavlyuchenkova, mostrarono che quella voglia matta di competere era ancora lì). Tutto è incominciato a crollare definitivamente con un infortunio a fine 2017, per finire in un 2018 senza vittorie prima della sofferta ma inevitabile decisione.
Il volto e la felicità con cui in campo si divertiva e divertiva il pubblico sono l’esempio migliore per i giovani e le giovani di ogni latitudine, perché raccontano una giocatrice che ha forse vinto poco (se paragonata alle grandi campionesse della storia di questo sport), ma che ha fatto innamorare tutti grazie al suo tennis. A Bogotà, dopo aver vinto l’ottavo titolo, disse: “Il tennis è un compromesso di cuore, amore, arte e sacrificio. Sembra semplice, ma crescere e dire sì quando invece vorresti dire no, non lo è”. A Parigi come a Bogotà: le discese a rete in controtempo ed i passanti al fulmicotone, uniti alla grinta di una ventenne, hanno portato tutto il pubblico dalla sua parte fin dal primo giorno. Lo ha aveva voluto sottolineare anche a Indian Wells un mese prima, nel giorno della sua sconfitta contro Louisa Chirico: Schiavone adora il pubblico competente, adora che chi la osservi conosca il tennis nelle sue sfaccettature ed apprezzi dunque ancor di più quello che è il suo gioco, mai banale, mai uguale.
Proprio questo continuo paragone tra Bogotà e Parigi è forse l’emblema migliore per spiegare il significato e il rispetto che la tennista azzurra ha dato a questo sport in ogni giorno fino alla fine: il campo non era il Philippe Chatrier di Parigi, né uno degli altri principali dei vari Major., ma il Campo Central di Bogotà, in Colombia, paese abbastanza lontano dalla geografia tennistica. Eppure, una volta di più, Francesca ci ha mostrato quanto sia grande il suo amore verso questo sport, esultando dopo l’ultimo punto del match proprio come in quel pomeriggio parigino, buttandosi a terra ed esultando con lo sguardo rivolto all’insù. Parigi come Bogotà. Uno Slam al livello di un “semplice” (ma non diteglielo, o giustamente si arrabbierà) WTA International, il quarto nella scala di 4 livelli di tornei del circuito femminile internazionale. Nel momento in cui riesce a mettere le mani sul trofeo, qualunque esso sia, è la persona più felice del mondo. È l’essenza dello sport, è competere contro un’avversaria per qualcosa di importante, un traguardo che testimonia costanza, alto livello di gioco espresso, bravura nell’affrontare le molteplici situazioni. Caroline Wozniacki, Elena Dementieva e Samantha Stosur (le avversarie sconfitte dai quarti di finale alla finale al Roland Garros) come Kiki Bertens, Johanna Larsson e Lara Arruabarrena (quelle sconfitte a Bogotà nelle ultime sfide del tabellone). Mai mettere le avversarie su due piani differenti, mai pensare di avere vita facile perché una sia meno importante dell’altra. Questa è la più vera forma di rispetto. Questa è la lezione di Francesca, che da oggi nonostante tutto ci lascerà un vuoto difficilmente colmabile.
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