[6] N. Djokovic b. M. Fucsovics 6-3 4-6 6-3 6-0 (Giovanni Putaro)
Soffre, forse più del dovuto il neo-Career Golden Master’s winner Novak Djokovic, ma alla fine ha di nuovo ragione lui ed elimina Marton Fucsovics al termine di una prestazione altalenante, difficile, in cui ha saputo soffrire, ha capito quando c’era la possibilità di rialzare la testa e l’ha fatto con tutti i mezzi a sua disposizione. Parte male e contratto, l’ungherese, probabilmente in un misto di tensione ed incapacità di leggere i colpi di Nole, subisce subito un break che sarà poi decisivo ai fini del set. Nonostante, infatti, col passare dei minuti abbia trovato sempre meglio il campo, non è riuscito a calare il jolly in risposta, patendo quella che sembra essere la normale prosecuzione della forma vista a Cincinnati di Novak.
Garantitosi il primo parziale, si potrebbe pensare ad un match nettamente più in discesa…ed invece arriva il rovescio della medaglia. Il caldo si fa sentire insistentemente e sappiamo quanto il serbo ne sia vittima: boccheggia, fatica a rimanere lucido. Dall’altra parte, Fucsovics capisce di avere tra le mani una chance d’oro e macina il suo gioco, picchiando e aprendosi il campo col dritto, ma mostrando anche una buona mano sotto rete. Djokovic, che intanto si aggrappa sempre più solo ed esclusivamente al servizio per tirare avanti, lo cede nel sesto gioco e chiama il medical time out nel settimo, ma è tutto inutile, perché Fucsovics non perdona e pareggia i conti.
Più si va avanti e meno sembrano essere i segnali positivi per il serbo, che in apertura di terzo set alcuni punti li molla proprio, su altri non arriva e subisce da fondo la prepotenza del dritto dell’ungherese, che ancora una volta piazza il break, allunga 3-1 e può fare gara di testa. Se è da segnalare certamente il calo fisico di Nole, è anche importante evidenziare quanto ovviamente sia salito l’altro, forte della consapevolezza di poterla portare a casa. I game di questa frazione sono i più lunghi dell’intero incontro, gli scambi mediamente lunghi…insomma, in condizioni normali si giocherebbe in casa di Djokovic, ma oggi è Fucsovics a spuntarla la maggior parte delle volte, avvicinandosi alla palla del doppio break. Non la sfrutta, e ci sta, poi gioca frettolosamente e in maniera sconclusionata, commettendo qualche gratuito di troppo e facendosi strappare la battuta, e questo non ci sta. Perché Djokovic, seppur non esprimendosi al top, sente l’odore del sangue in qualsiasi circostanza e se tentenni ti punisce; torna a fare muro, reggendo da fondo come all’inizio, macina km con solidità, non esponendosi troppo, anzi, lasciando spesso e volentieri il fulcro in mano all’ungherese, che però dimostra tutti i suoi limiti e, da 4-2 sopra, subisce un tracollo di quattro giochi di fila, che gli costano il set. Ruggisce, e tira un grosso sospiro di sollievo, Nole…si divora le mani Marton.
Il quarto ed ultimo set mette in luce tutta la differenza tra fuoriclasse e restanti tennisti: i primi vanno avanti, nonostante le giornate no, i secondi quando mancano una possibilità ci si fossilizzano e si bloccano mentalmente. Il 31enne di Belgrado raccoglie i resti dell’avversario, facendo lo stretto necessario piazza un 6-0, frutto di intelligenza, potenza e solidità. Come una diga. Come il Djokovic di quei tempi d’oro che stanno tornando per restare ancora a lungo.
[4] A. Zverev b. [LL] P. Polansky 6-2 6-1 6-2 (Cristina Pozzoli)
L’apertura del dritto, che spesso gli ha creato problemi sulle superfici veloci, ora è notevolmente ridotta e questo gli permette di non perdere campo nello scambio e di giocare con i piedi vicino alla riga di fondo. Al servizio è una macchina da guerra che lancia bombe a destra e a sinistra e il risultato è un massacro per Polansky che viene preso a pallate dall’inizio alla fine. Al prossimo turno per il tedesco c’è un altro lucky loser, il francese Nicolas Mahut che ha superato in quattro set il connazionale Corentin Moutet, in tabellone con una wild card.
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