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Djokovic e le decisioni da prendere

Un ultimo dritto che si infrange in mezzo alla rete, quando finalmente Novak aveva provato a imprimere forza al suo colpo, per annullare il match point dell’avversario, un Martin Klizan sempre pericoloso che però non era mai andato neanche troppo vicino a battere il serbo, in carriera. Invece i primi 20 minuti del match parlano chiaro e parlano di Novak costretto a guardare le palle avversarie che sfrecciano, ormai vincenti, accanto, davanti, dietro di lui.
E la cosa che desta maggior sorpresa, che ti fa strabuzzare gli occhi è che su quelle palle, su quei vincenti, Novak Djokovic non prova nemmeno ad andare; Klizan insiste con delle palle corte mortifere, Nole non parte nemmeno.

Troppo brutto per essere vero, ci si aspetta una reazione: che c’è, Djokovic prova a scuotersi, diventa meno falloso, sebbene la palla continui a viaggiare poco; Klizan esce dal match e tutto sembra in qualche modo recuperabile.
Ma come da mesi a questa parte, al serbo manca la convinzione, oltre a tutto il resto: e allora a crederci è Klizan che estromette Novak dal torneo al quale aveva appositamente chiesto una Wild Card per prendere il ritmo che gli serve. L’impressione però è che non manchi solo questo.


Sempre più magro

Djokovic è sempre stato molto attento all’alimentazione e sul suo fisico elastico non si è mai visto un filo di grasso, però se prima la dieta (famosa, pubblicata) prevedeva proteine e qualche carboidrato gluten-free, la svolta sempre più vegan di Nole, unita a un periodo di riposo durato sei mesi, gli hanno tolto muscoli ed energia: il preparatore è cambiato, così come tre allenatori in un anno tra ripensamenti e indecisioni, con la costante presenza fissa di Pepe Imaz, il Guru di Amor y Paz, che accompagna lui e la famiglia in pratiche meditative. Non sorprende che si fatichi a intravedere un colpo da K.O. e una mobilità e una resistenza adeguate.

Motivazioni

Finale del Roland Garros 2016: la tanto attesa gioia arriva e battendo Andy Murray in quattro set, Djokovic completa il Career Slam, coronando una carriera da sogno in un’epoca che ha visto un  duopolio Federer-Nadal dominare per anni, anche tra le preferenze dei tifosi.
Ma quel momento segna, probabilmente, anche la fine di qualcosa, di un’era, di una volontà feroce che all’improvviso avverte sazietà e profonda stanchezza, vuoto. Novak da lì vincerà tre tornei in due anni, due 250 e un MS1000, a Toronto, caratterizzato da parecchie assenze.

Certamente non è il solo aspetto a determinare l’attuale rendimento di Djokovic ma la motivazione, al top di uno sport come il tennis, è il motore principale: un motore che forse si è spento quasi definitivamente.

Infortuni

Non c’è stata molta chiarezza, almeno all’inizio, sui problemi fisici di Djokovic: soprattutto spalla e gomito si sono rivelati i punti deboli del serbo, dovuti certamente all’usura e a un ritmo professionistico forsennato e a delle decisioni riguardo ad operazioni che sono state prese forse in ritardo: troppo presto invece il rientro in campo a Melbourne, come ha ammesso Novak.

Quale dovrebbe essere il prossimo passo? Meglio aspettare e prepararsi bene o continuare a giocare rischiando sconfitte e fiducia?
Anche se durante i suoi migliori anni non è mai parso così, Djokovic è quello che probabilmente ha più bisogno di sentirsi dominatore e in piena confidence: più di Federer, di Nadal, forse dello stesso Murray. Ha anche bisogno di una motivazione feroce per darsi la giusta carica, e al momento niente di ciò pare arrivare, anzi, sembra sempre più regredire.

Basterà acquisire ritmo per tornare vicino ai suoi livelli? Che non vuol dire essere dominatore ma giocarsi ad armi pari i match contro i top-player.
Sarà sufficiente essersi “ripreso” Vajda, che così bene lo conosce, oppure occorre una rivoluzione vera di preparazione/alimentazione/varianti tattiche?

Sono tutte risposte che Djokovic si dovrà dare per evitare  altri mesi di agonia che onestamente, per un giocatore della sua caratura, è piuttosto imbarazzante.

Rossana Capobianco

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Rossana Capobianco

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