[6] J. Ostapenko b. [Q] D. Collins 7-6(1) 6-3
Letale, potente, pericolosa. La Jelena Ostapenko (eppure ci piacerebbe tanto usare il suo vero nome “Alona”) vista fin qui a Miami è una giocatrice in crescita e con un motore che nelle ultime due partite sta andando a tutta forza: 77 vincenti registrati tra la vittoria contro Elina Svitolina e Danielle Collins, più che mai utili ad agguantare la prima finale in singolare del suo 2018, una delle più importanti della sua giovanissima carriera.
Non ha ancora 21 anni la lettone, della stessa leva di Naomi Osaka e Daria Kasatkina che due settimane fa centrarono l’ultimo atto a Indian Wells. Una classe 1997 che esce come vera vincitrice del secondo snodo fondamentale della stagione dopo l’Australian Open, forse il più impegnativo perché prende 4 settimane, forse meno perché gli stessi 2000 punti di uno Slam qui sono offerti in un periodo più lungo. In ogni caso, Jelena in questi ultimi giorni ha innalzato il livello prendendo una certa efficacia anche col servizio, limitando il numero dei doppi falli e alzando quello degli ace: fino ai quarti di finale questi ultimi erano ancora in numero maggiore, mentre adesso il conto è all’incirca in equilibrio (18 ace, 19 doppi falli). Non banale, se consideriamo che quello è forse il vero tallone d’achille e continuerà, verosimilmente, a esserlo vista la qualità di molto superiore dei suoi colpi da fondo.
Eppure oggi non ha concesso palle break in tutto il secondo set, conquistando un fondamentale break proprio all’inizio del parziale, quando veniva dalla scia di un primo vinto rientrando da 6-5 e servizio Collins e vincendo, dal set point avuto dalla sua avversaria, 11 degli ultimi 13 punti giocati, chiudendo il primo set con un ace al centro. A proposito di sensibili miglioramenti al servizio.
Se il primo set è stata una battaglia punto a punto, con un iniziale vantaggio per la numero 6 del seeding evaporato con l’aggancio sul 3-3, il livello è cominciato progressivamente a salire fino alle fasi finali, quando Collins ha tirato per prima la volata. Dopo alcuni game tranquilli, Ostapenko è andata in difficoltà alla battuta: 15-30 sul 5-5, divenuto poi palla break. La statunitense è andata a segno, ma nonostante il recupero da 0-30 nel game successivo non ha concretizzato il set point. Alla lunga, quel frangente è sembrato quasi una gara ciclistica quando negli ultimi 500 metri parte la volata a due: entrambi aspettano che sia l’altro a fare la prima mossa per prendere la scia e batterlo sul traguardo. Nel tennis è un po’ diverso, anzitutto perché non c’è un vero traguardo fissato in un certo punto, però la ripartenza della lettone è stata, come detto inizialmente, letale.
Nel parziale successivo era completamente nella sua bolla, intenta a colpire dritti e rovesci senza più cali, aumentando la pericolosità di ogni colpo e generando grandi vincenti come qui
Ritmo e gioco di gambe a pieno regime, prima ancora che velocità o potenza del dritto conclusivo.
Col passare dei game Ostapenko è parsa sempre più sicura al servizio: mai una volta in cui è stata raggiunta ai vantaggi e solo in una circostanza si è trovata costretta a recuperare da una situazione di svantaggio (2-1 e 15-30). Mancate 2 palle break sul 3-1, ha comunque ottenuto un doppio break proprio quando la partita era nel momento chiave, con Collins al servizio per rimanere nel match.
Sesta finale in singolare in carriera per la lettone, la seconda dopo il trionfo parigino dello scorso anno. A chi considera quell’exploit come un caso isolato, però, consigliamo di rivedere la classifica: da numero 5 del mondo, tolti i 2000 punti della vittoria Slam, scenderebbe appena al numero 8. A chi invece considera quello di Danielle Collins un exploit isolato, beh speriamo candidamente si sbagli: una ragazza con quell’intelligenza e con quel rovescio potrebbe anche trovare una sua dimensione verso la top-30.
La finale contro Sloane Stephens vedrà due attuali campionesse Slam l’una contro l’altra. Non male per quelle che lo scorso anno vennero additate come campionesse “di riserva”.
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