Otto maestri a Londra, e di sei, diciamoci la verità, non frega niente a nessuno. Forse forse del più giovane del lotto, quell’Alexander Zverev r in missione pontificia a Milano, alla Next Gen, giusto per sottolineare ai suoi coetanei che queste cose non son più per lui, che gioca con i più grandi, che non ha tempo da perdere con le esibizioni, che lui è già in serie A e ciao bimbi, ci vediamo presto.
Per il resto, Federer-Nadal, Nadal-Federer. Fine, stop. A Londra tutti si aspettano la resa dei conti del 2017, di questo incredibile, inaspettato, inimmaginabile 2017 tra i primi due giocatori del mondo, in un anno che ha, di fatto, rimesso le lancette dell’orologio del tennis dieci anni indietro. E se per i tanti tifosi del duopolio svizzero-spagnolo e per la gran parte degli appassionati sono stati dodici mesi da non dimenticare mai, con due slam a testa, tanti 1000 e soddisfazioni a go go, c’è chi è un po’ più distaccato e si chiede come sia possibile, come sia potuto accadere che tutto questo sia avvenuto in realtà.
Troppo alto il livello di Federer e Nadal? No, Murray e Djokovic e anche Wawrinka, persino del Potro, hanno dimostrato negli anni che fare qualcosa contro il duopolio si poteva, eccome. Nole aveva creato, dal 2014 a metà del 2016, quasi una dittatura, addirittura. Complessivamente, è chiaro che Roger e Rafa siano giocatori più duraturi, probabilmente migliori, più completi e soprattutto con più grinta e fame rispetto agli altri, ma alt rettamente probabilmente non così “più forti” da essere, rispettivamente a 36 e 31 anni, ancora gli assoluti dominatori del lotto.
Il problema di queste Finals che vivono solo ed esclusivamente del possibile duello diretto tra i due (siamo 4-0 Federer su Nadal nel 2017) è che a coloro che vivono in una sorta di terra di mezzo e di cui non frega assolutamente niente dello svizzero e dello spagnolo questo appuntamento, come direbbero a Roma, rimbalza poco poco poco. D’altro canto, onestamente, possiamo dare torto a chi non vive il tennis solo ed esclusivamente per questa appassionante ma eterna, infinita sfida? Guardando un po’ i presenti a Londra, è difficile puntare il dito contro chi prova un disinteresse totale verso queste Finals. Di Zverev abbiamo detto, e potrebbe essere un’attrazione mica male, anche perché il tedeschino già vanta parecchi adepti qua e là, anche in Italia. Dimitrov sai già che arriverà a tanto così ma poi troverà il modo di perdere o comunque di deludere. Cilic non è stato mai considerato nemmeno quando ha vinto lo Us Open o ha fatto finale a Wimbledon, la sua presenza (per motivi oscuri) passa sempre inosservata o quasi.
Thiem quest’anno ha suppergiù smesso di giocare dopo il Roland Garros, cosa che gli era successa già lo scorso anno: forse una programmazione leggermente migliore, così, per dire eh. Detto questo, sembra in vacanza da mesi. Sock, l’ultimo arrivato, non ha praticamente giocato per sei mesi, e intanto è qui. Si è qualificato un po’ come succede in campo femminile, dove a Singapore ti ritrovi delle giocatrici che durante l’anno non avevi quasi mai sentito dominare tranne che negli ultimi 20 giorni tipo. Goffin, vabbè. E non c’è nemmeno un numero uno in palio, come lo scorso anno. E nemmeno, per noti motivi, Djokovic, Murray, Wawrinka, Nishikori, Raonic e così via. Personalmente, da un paio d’anni guardo i nomi e mi chiedo come diavolo Kyrgios non compaia mai tra questi benedetti otto. Ma questa è un’altra storia. Intanto, attendiamoci con calma la finale annunciata, o la semifinale annunciata, e poi chiudiamo la luce, aspettando un 2018 non migliore, ma diverso.
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