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Anche in Asia è “straziante” noia Fedal

Ci siamo lasciati alle spalle anche la tournee asiatica e mentre nel femminile si riscoprono vecchie dominatrici, al maschile il tema, pur rigirandolo come si vuole, è sempre lo stesso: Fedal, Fedal e ancora Fedal. Oramai non si scappa da questi due nomi e a essere sinceri, come già detto milioni di volte, sarà bene tenerceli stretti, al di là di quanto Federer stesso possa sognare in positivo. Come dichiarato dallo svizzero il tennis dopo il loro addio sarà anche “diverso, ma non peggiore”, fatto sta che ancora oggi tutti, ma proprio tutti quanti, non appena a un torneo si presentano Mr PeRFettino e il Toro de Manacor, desiderano vedere ancora prima del primo servizio del torneo l’ennesima sfida tra i due. E meno male che almeno loro due restano, visto che il resto della truppa di crescere, sopravanzare, in poche parole “vincere” non sembra volerne sapere proprio.

Tra le donne invece continua a regnare sovrana l’incertezza, se vogliamo essere buoni, il caos vero e proprio se si desidera essere un minimo obbiettivi.

Infatti, mentre a Pechino la Muguruza si è presa un’ulteriore settimana di vacanza perdendo al primo turno, le altre big, chi più chi meno, hanno preso anche loro le proprie sonore trambate. Pliskova fuori contro la Cirstea, Halep che come al solito si perde nel suo brodo in finale dopo aver demolito per strada la Sharapova, Kvitova che sembra sempre recitare il tipico “vorrei ma non posso”, fermandosi perennemente a un passo dall’obbiettivo. In tutto questo è tornata a un successo importante Caroline Garcia, che spera sempre di togliersi di dosso la iella muzziana da futura numero uno del mondo.

A Tianjin invece è tornata a sollevare un trofeo, il primo dopo l’affare Meldonium, Maria Sharapova, anche se, intendiamoci bene, il tabellone non è che proprio fosse proibitivo. Forse avrebbe fatto più notizia se non avesse centrato nemmeno questo successo. Se tornerà a dominare è tutta da vedere.

Nel maschile è deserto puro, al di sotto della linea Basilea-Manacor. Infatti a Pechino, a parte il brivido iniziale contro Pouille con tanto di match point salvati, l’unico vero ostacolo sulla strada di un Nadal che tra New York e la finale di Shanghai ha inanellato 16 vittorie di fila è stato quel Dimitrov che pur lottando, si è spento sul più bello proprio come successo poi nel Master 1000 della settimana appena trascorsa. Per il resto ordinaria amministrazione per lo spagnolo, che ha affrontato anche Kyrgios sulla sua strada per il titolo nella capitale cinese, salvo incontrare in finale il fratello sbiadito dell’australiano, il quale poi, viste le prestazioni che cominciavano a tornare di un certo livello, ha pensato bene di rientrare in “mood-Oktoberfest” fingendosi infortunato a Shanghai perché semplicemente quel giorno si era alzato con la voglia di girarsi dall’altra parte del letto. Nel frattempo, un po’ più a est, Goffin vinceva quasi nell’anonimato a Tokyo battendo Mannarino (onestissimo giocatore, per l’amor del cielo), contro il quale Cilic era non solo riuscito nell’impresa di perdere, non solo di perdere in rimonta ma anche di cedere 6/0 nell’ultimo set. Complimenti vivissimi. Il tutto mentre Raonic tornava, faceva capolino in campo e si rifaceva la bua. L’impressione è che anche lui fino al 2018 manderà solo cartoline.

In questa atmosfera da più classico dei niente di nuovo sul fronte “orientale”, si è arrivati a Shanghai, dove è rientrato anche Roger Federer. Cinesi subito in piedi a saltare come cavallette impazzite per la possibile finale dei sogni e Roger che andava sì, ma più che altro al piccolo trotto, almeno fino alla semifinale contro Del Potro. Nadal invece rimandava a casa come detto Dimitrov e rincitrulliva a suon di top un Cilic che faceva appena in tempo a dire “Se lo batto, sono a Londra” per uscirne con le ossa rotte. Il tutto mentre gli altri top10 si davano alla diserzione: Goffin dopo essersi spremuto come un limone in Giappone si perdeva contro Simon (sì, esiste ancora!) mentre Thiem riusciva persino in qualcosa di peggio uscendo sconfitto da Troicki (ebbene anche lui esiste ancora!). La cosa preoccupante è che l’austriaco sia già qualificato per Londra, essendo apparentemente cotto come un tacchino a Natale già adesso.

La testa direbbe di riposare, conoscendo però il fatto che dentro ci girino pochi neuroni giocherà anche il Challenge di Compiobbi e pulirà la O2 con la lingua. Zverev: c’era? Non ce ne siamo accorti, per quanto perdere da Delpo oggi non sia una bestemmia. Il tedeschino è rimasto a Montreal a chiedersi se abbia davvero vinto lui o se Federer la voglia rigiocare da sano. Visto il panorama quindi la scelta restava su chi tra Juan Martín e Federer se la sarebbe vista con Rafa. Federer dopo un primo set giocato a “sparo tutto sulle righe” da Delpo, ha deciso di smettere di fare a tamburello e, senza nemmeno brillare troppo, ne è venuto fuori. A questo punto tutti pensavano a una rivincita nadaliana dopo le ultime 4 sconfitte consecutive, proprio vista la forma ancora non eccellente dello svizzero. Invece in finale è sceso un Dom Federgnon del ’59, il quale ha fatto intravedere probabilmente non solo la sicurezza tattica con cui oramai affronta Rafa, ma anche come quello stare 6 metri dietro la riga di fondo dello spagnolo che tanto gli ha fruttato nell’ultimo mese vada magari rivalutato con dall’altra parte della rete un top player in forma. Se Federer volesse mettere in chiaro cosa sarebbe successo a New York se fosse stato bene non lo sapremo mai. Di tutto questo resterà solo il pensiero masochistico del tifoso federeriano, mugugnato con un “Ma Montreal, perché?” che resterà sempre senza risposta. Almeno si spera che la lezione sia servita.
L’aria che tira comunque è che tutto da qui a fine anno, si giocherà tra quei due lassù e che nessuno, a parte forse un Del Potro pronto a fare un ulteriore passo in avanti, possa scalfirli. D’altra parte se ci ritroviamo a guardare una classifica dove i vari “giovani” scalano posizioni senza vincere praticamente nulla solo perché i Nole, i Murray, i Wawrinka e i Nishikori sono ai box, un problemino il tennis maschile non può negare di averlo. E non certo da oggi.

 

 

Davide Bencini

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Davide Bencini

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