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A Wimbledon i quarti di finale più scontati

Dopo i bagordi del lunedì Wimbledon torna a ritmi lenti più consoni alla normale quotidianità del sobborgo londinese. Le quattro partite di oggi non sembra vadano al di là della normale amministrazione e – seppure con diverse graduazioni, diciamo così – è difficile pensare che le semifinali di dopodomani possano essere diverse da quelle annunciate. Certo, manca Nadal, e questo ci ha forse sottratto il quarto di finale più interessante, quello contro Marin Cilic, che è diventato un serio candidato per la finale di domenica. Oggi il croato difficilmente potrà incartarsi contro Gilles Muller, che chissà se avrà smaltito la sbornia del gran match di lunedì. I due giocano il quarto di finale meno nobile, quello meno titolato, e forse anche quello più sbilanciato nel pronostico. Vedere il lussemburghese impegnare allo stremo Cilic sembra davvero improbabile e non possiamo che affidarci al più classico dei “nel tennis non si sa mai”, che poi il 95% delle volte si sa benissimo, fra l’altro. Cilic è avanti 2-0 nei precedenti, l’ultimo di meno di tre settimane fa, a poche miglia da Wimbledon, sull’erba del Queen’s. Partita finita al terzo set, ma che Cilic non ha mai dato l’impressione di poter perdere. Anche l’altro precedente, quello di Rotterdam è stato giocato sul filo di lana di due tiebreak, ma insomma il croato ricorderà ancora l’incredibile quarto dello scorso anno, quando ebbe due match point contro Federer. Cilic arriva anche più fresco naturalmente, ed è uno dei tre giocatori che non hanno ancora perso un set. E come si usa dire, Muller il suo torneo l’ha già vinto, raggiungendo per la prima volta i quarti di finale e il suo high ranking. Di più non possiamo chiedergli.

Se sembra difficile che Muller possa impegnare Cilic solo le incerte condizioni – fisiche? psicologiche? – di Andy Murray, capace di soffrire con Fognini e Paire, possono regalare qualche incertezza in più al primo match che si giocherà oggi sul centrale. Sam Querrey è riuscito a raggiungere i quarti di finale come lo scorso anno ma alle spalle non ha un’impresa paragonabile a quella del 2016 quando diede il via alla crisi di Novak Djokovic. Contro Murray ha vinto una sola volta su otto e l’ultima volta ha racimolato dieci game. Oggi ne farà qualcuno in più, ma davvero Murray, che nell’unico precedente su erba, a Wimbledon 2010, non concesse neanche un set, e che non ha mai perso a Church Road contro un giocatore con la classifica così bassa, dovrà metterci del suo per andare in difficoltà. Murray fra l’altro vincendo chiuderà il discorso numero 1 almeno fino allo US Open, attualmente insidiato, da lontano, da Novak Djokovic.

Se la partita più aperta è quella tra due che stanno 25-2 evidentemente c’è poco da stare col fiato sospeso. Tomas Berdych però una delle due partite la vinse proprio a Wimbledon, anche se da allora sono passati sette anni e 23 sconfitte. I due rigiocarono a Wimbledon nel 2013 e ovviamente vinse Djokovic che iniziò la striscia di 12 vittorie di fila. Berdych riuscirà a impedire il 13 del serbo? Mettiamola così: o ci riesce oggi oppure mai più. Djokovic continua a dare la sensazione di essere convalescente e non è il caso di farsi fuorviare da alcuni numeri un po’ casuali, come le nove vittorie di fila sull’erba o il quarto di finale immacolato, cioè senza aver mai peso un set. il tiebreak contro Mannarino, le incertezze contro Gulbis, una condizione che solo a fatica possiamo considerare ideale, anche se forse facciamo l’errore di riferirci ad un Djokovic che non c’è più, possono offrire degli spiragli a Berdych. Che fin qui, come quasi sempre a Wimbledon, ha fatto il suo: la vittoria contro Thiem non va sottovalutata anche se nei primi turni pure lui è sembrato aver vissuto momenti migliori. Insomma Djokovic favorito ovviamente ma non quanto si possa credere.

Probabilmente meno anche di Roger Federer, il terzo degli otto rimasti in gara a non aver ceduto un set. Il modo con cui lo svizzero ha liquidato Dimitrov, non l’ultimo arrivato su erba, dovrebbe aver chiarito alcune cose agli altri pretendenti. E se un Federer raffreddato poteva aver deciso di tenere il motore al minimo nella prima settimana adesso si tratta “semplicemente” di completare il piano. Se per tre partite Federer farà Federer il torneo è finito anche se non l’aspettano passeggiate di salute. Contro Raonic, che l’anno scorso riuscì non si sa come a impedirgli la decima finale, è come se fosse nelle condizioni uguali e contrarie di Djokovic contro Berdych: partita che sembra aperta ma che dovrebbe chiusa, perché è vero che l’ultima partita, appunto la semifinale dello scorso anno, la vinse Raonic, ma quello era un ottimo Raonic e un Federer malaticcio. Il Raonic che è arrivato ai quarti è invece di nuovo visitato da dubbi e tormenti e solo la scelleratezza di Zverev gli ha permesso di presentarsi alla rivincita contro Federer. E in generale Raonic ha penato praticamente ogni turno, contro Struff, Ramos e persino Youzhny. Di nuovo, lo sport ci ha abituato a clamorosi risultati, ben più sorprendenti dell’eventuale vittoria del canadese, ma più spesso – è o non è una metafora della vita? – le cose vanno in modo più banale.

Roberto Salerno

Nato a Palermo, ho scritto un paio di racconti, vari saggi, circa 700 articoli di tennis, ma vado fiero solo di qualche flash, di una in particolare. Sono stato inviato non è tutto questo granché. "è favorevole ad un discorso democratico, in cui tutti parlano e poi lui spiega i motivi per cui gli altri hanno torto"

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Roberto Salerno

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