“I was born in a class five hurricane… But it’s all right now, in fact it’s a gas, but it’s all right now, I’m jumpin’ jack flash, it’s a gas gas gas gas”… Queste parole sembrano davvero scritte per Roger Federer da colui che nella musica potrebbe essere il suo alter ego: il signor Mick Jagger e i Rolling Stones.
Si perché se c’è un uomo nella storia del rock che potrebbe essere il Roger Federer della situazione, questo è certamente Mick Jagger. Quante volte si è letto, si è sentito dire, si è dialogato sul fatto che gli Stones siano ormai dei vecchietti senza più molto da dire e da dare al rock ‘n’ roll. Lo stesso è accaduto per lo svizzero. Si pensi semplicemente ai quei lunghi sette mesi che separano Wimbledon 2016 dagli Australian Open 2017: la quantità di articoli o interviste di addetti ai lavori, ex giocatori, che ritenevano Federer ormai finito, pronto per la passerella finale lungo il circuito, è realmente smisurata, e ad essere sinceri era anche già accaduto. Allo stesso modo ogni volta che i vecchi Stones annunciano un tour, o un nuovo album, gran parte del mondo della musica parla di atto finale, di ultimo giro per salutare le folle di fans.
Insieme a tutto ciò si moltiplicano le discussioni in stile “rigore si rigore no” che dividono gli appassionati di questi personaggi in tre distinti tronconi.
Ci sono coloro che ritengono, nonostante i risultati, musicali o sportivi che siano, che Federer e Jagger dovrebbero essere in “pensione” ormai da un po’, perché raggiunti determinati obiettivi nella vita esiste altro e con tutti quei soldi inutile continuare l’attività che ti ha reso grande, con il rischio di far dimenticare i momenti migliori.
All’opposto si palesano gli irriducibili, che vorrebbero vedere i due cantare o colpire un dritto finché ci sarà anche solo un grammo di energia, perché come loro altri non ne esistono e mai ne esisteranno.
C’è poi la terza via, l’aristotelico in media stat virtus, quelli che apprezzano le apparizioni a intermittenza, un po’ come il Federer di quest’anno e come in fondo gli stessi Rolling Stones fanno da anni, dosare le energie, perché vent’anni si hanno una volta sola e per garantire qualità devi ridurre la quantità.
Davvero difficile, e forse inutile, stabilire chi abbia ragione, troppe inclinazioni personali e relative fanno da trave portante a questa discussione e la diatriba, in fondo, potrebbe essere solo un sollazzo per passare il tempo. Di più, per dissertarne con cognizione bisognerebbe essere nella testa dei due, perché solo loro potrebbero dare una risposta veritiera alla domanda che è alla base, ossia: perché non ritirarsi?
Qualcuno risponderebbe che la passione di questi giganti è tale e tanta da non riuscire a staccarsi dalla loro attività, altri potrebbero parlare di malattia “da palco”, altri ancora ritenerli non così intelligenti da vedere le altre mille possibilità che la vita può offrire, soprattutto quando si sono raggiunti determinati livelli. Una cosa è certa, questi due casi non sono riferibili al dio denaro, come spesso accade.
La verità, alla fine, resta una sola: che si tratti di Roger Federer che entra in campo o degli Stones che salgono sul palco, miriadi di persone si incollano alle televisioni o corrono ad accaparrarsi un biglietto ed ogni volta sembra ancora essere una fantastica magia. Lo svizzero li ha messi tutti in fila a gennaio, a marzo, e ancora la scorsa settimana, e i ventenni di oggi saltano insieme a quelli di ieri intonando pezzi che saranno per sempre nella storia del rock.
Questo accade e questo azzera ogni discussione e come i primi di settembre il vecchio Mick salirà sul palco, per l’ennesimo tour, accompagnato dal famoso riff di inizio di Jumping Jack Flash, sarebbe bello poter immaginare Re Roger, la prossima settimana, a un anno esatto da quando il ginocchio fece crack, fare i primi passi sul centrale di Wimbledon, cantando così: “Sono Jumping Jack Federer, ora è tutto a posto, ed è uno sballo”.
È vero Roger, it’s a gas gas gas. Sarai tu a dirci quando smetterai, perché si, sembri proprio il figlio di un uragano.
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