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Roger Federer: “Sapevo che sarei tornato, sono pronto adesso”

Come ci si sente ad essere seduto su quella sedia? Ci sono stati dei momenti, negli ultimi dodici mesi, in cui hai temuto di non poterlo più fare?
No, perché dodici mesi fa il mio ginocchio non stava poi così male. Ma dopo Wimbledon, la scommessa era provare a tornare proprio qui. Potevo tornare prima ma avrei corso molti rischi ho preferito darmi tempo. Sapevo che sei mesi sarebbero stati sufficienti, a meno di non avere qualche battuta d’arresto. Non è successo e questo significa che abbiamo lavorato bene in questi sei mesi. devo ringraziare il mio team per questo.

Cosa ti è mancato di più?
Credo uno le partite se le dimentica ad un certo punto. Però ti manca la sensazione della vittoria, dell’essere dentro uno stadio, vedere i ragazzi. Sai, è come una famiglia allargata, probabilmente lo stesso per voi. È bello vedere di nuovo tutti. Questo è probabilmente quello che mi mancava di più.

Sei soddisfatto di come il corpo ha reagito? Della preparazione? Tutto è in ordine?
Sì, tutto sotto controllo. Mi sento alla grande. Vedremo presto se la Hopman Cup è stata perfetta o no. Ma le condizioni sono identiche, rispetto a qui. Campi centrale di dimensioni simili, velocità dei campi simile, ovviamente stesso continente, eccetera. A Dubai mi allenavo molto duramente, mi serviva “una settimana di luce”, alleggerire.

Considerato come stai credi di essere in grado di gestire quattro o cinque set?
Si potrebbe sostenere che è lo stesso per tutti. Noi non giochiamo quattro, cinque set ogni singola settimana. Si fa solo in Coppa Davis e negli slam. Ho passato un anno in cui non ho giocato nessun quinto set. Un anno intero. Si potrebbe pensare che sia un bene, che aiuti la longevità. Ma non è del tutto una buona cosa perché non sai più come potresti gestire un incontro che si prolunga al quinto. In molti non hanno giocato quattro o cinque set  per un lungo periodo di tempo, o addirittura mai nella loro vita. Da questo punto di vista, non mi pare un enorme vantaggio o uno svantaggio per loro. Mi sono allenato duramente. Mi sento pronto.

Andy per la prima volta affronta uno slam da numero 1. Ti ricordi com’è stato diventare numero 1? Ci si sente diversi? Si ha una diversa percezione di sé di come si viene osservati?
Penso che ci si senta decisamente diversi, sì, perché tutti si avvicinano e ti dicono: tu sei il migliore. Ci si sente più sicuri, si ha più fiducia nei propri colpi. Di solito quando si vince, si sa, si risolve tutto. Sono sicuro che le cose sono andate molto lisce ad Andy. La sua vita, la famiglia, tutto è stato grande. Cosa si può mai trovare di negativo in questo? Andy sa tutto questo non ha 18 anni. Non credo che la classifica in questo senso lo trasformi che possa cambiare, anche in termini di atteggiamento verso di noi. Io sono super felice per lui. Se lo merita.

Ti piace il nuovo logo degli Australian Open?
Non fa niente (sorride).

 

Redazione

La redazione di Ok Tennis è formata da rappresentanti di tutte le minoranze tennistiche esistenti al mondo. Inoltre, è conforme alla Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen emanata il 26 agosto 1789.

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