La parola del Direttore

Ace Cream: Federer, Nadal e la partita più bella

È il numero più bello del tennis, diciotto. È il numero della Storia, il numero che indica gli anni che sono occorsi per raggiungerlo, è il simbolo di una distanza che c’è fra il suo possessore e gli altri, tutti, tranne uno. Diciotto è il numero di Roger Federer, ed è anche quello cui Nadal ha dato il contributo più grande, ieri, negli anni passati, sempre. Un’impresa che pochi pensavano potesse ancora prendere forma e che ora sembra quasi scesa dal cielo, a rallegrarci e a farci fare nuove, alte considerazioni sullo sport, sulla sua bellezza, sui campioni che seguiamo, talvolta critichiamo, ma ci sono indispensabili. Ed è bellissimo che il diciottesimo Slam di Roger Federer, lo Slam che non sarebbe mai dovuto arrivare, abbia preso forma con Rafa in campo, l’amico-nemico cui Roger ha promesso di affidare i figli se mai decideranno di fare tennis, «li porterò nella tua Accademia, giuro». È il cerchio che si chiude, inondato di emozioni e di lacrime, al termine di un match quasi puro per la bellezza che ha saputo esprimere. Il tennis al suo più alto livello, insieme aspro e intelligente, propositivo, dilagante. Mai banale. «Mi hai battuto, Roger, ma grazie per essere stato qui con me», è il messaggio di commiato firmato Nadal. «Sei mesi fa stavo talmente male che mai avrei pensato di poter giocare ancora una finale, e vincerla. Allora mi incoraggiasti. Ti ringrazio», la dedica di Federer.

Il tennis ricomincia da due campioni ringiovaniti, la macchina del tempo li ha riconsegnati ai loro venti anni. Non si sa come sia stato possible, ma entrambi avevano bisogno di tempo per curarsi e ritrovarsi. L’hanno fatto. Ed eccoli qui. Due amici che si ritrovano, e riprendono il discorso esattamente da dove lo avevano lasciato. Non hanno bisogno di rinverdire la loro conoscenza, né di rassicurazioni sul loro rapporto, lo considerano paritario, e sono schietti, diretti, immediati. Conoscono l’uno i modi di fare dell’altro, i segnali che vengono dai rispettivi sguardi, le lievi alterazioni dell’animo, l’orgoglio che c’è dietro a ogni colpo. Gli scambi sono sostenuti sin dai primi momenti, incisivi. Se è un recita è di altissima qualità, su un palcoscenico che ispira entrambi. Ma sembra più una pagina di quotidiana realtà: avevano voglia di rivedersi, di tornare a provare le emozioni che l’uno ha sempre concesso all’altro, e lo hanno fatto, disposti al confronto senza tatticismi, senza trappole e infingimenti.
Dite, interessa il punteggio in simili condizioni? Interessa determinare se uno sia più forte dell’altro? Federer e Nadal sono uno spettacolo, e insieme lo sono ancora di più. Irraggiungibili come prima di loro lo sono stati solo McEnroe e Borg, Agassi e Sampras. Il meglio del tennis. E non si sono risparmiati nulla. Federer è sembrato alle prese con un avvio meno convinto, ma certo Rafa non era tipo da crederci. E infatti Roger ha preso rapidamente il comando delle operazioni sul suo servizio, e ha trovato il modo di incidere negli schemi più classici del gioco nadaliano, spezzandoli di forza, più che con l’arma dell’attacco, o i drop shot ripetuti, come si poteva pensare. Colpi potenti a tagliare il campo, improvvisi, vergati d’istinto per liberarsi del palleggio insistito di Rafa.
Aggressivi entrambi, ma ancora di più Federer in queste accelerazioni improvvise, spesso condotte con il rovescio, a sorprendere Nadal dal lato del campo nel quale ha costruito la gran parte delle sue vittorie sull’amico-nemico. «Lo sapevo che sarebbe stato aggressivo», ha poi detto Rafa, «l’ho visto così per tutto il torneo. Voleva vincerlo a tutti i costi, è stato bravo». Primo set a Federer, grazie a un break sul 3 pari, ma vicinissimi i due. Talmente vicini da far pensare che la differenza fosse riconducibile a impercettibili dislivelli, misurabili con frazioni infinitesimali.
A condizionare il match, nel bene e nel male è stato il rovescio di Federer, schioccante, impetuoso. Nadal, però, ha continuato a sfidarlo, e nei passaggi in cui il colpo si è rivelato più timido, ha operato i riagganci e i sorpassi che gli sono serviti a tenere viva la finale, fino a portarla al quinto set. Non ha avuto mai tentennamenti Rafa. Ha valutato che qualche piccolo cedimento quel colpo avrebbe finito per subirlo, e ha atteso il momento.
Anche il quinto ha visto subito in testa lo spagnolo. Eppure Federer ha avuto cinque palle break per agganciarlo e preparare la volata fianco al fianco. Ha messo a segno la sesta. E il match è ricominciato. Lì i due si sono ritrovati alla pari, in tutto: 124 punti per uno, una differenza di sette punti fra i vincenti e gli errori gratuiti. Se il match si fosse interrotto in quel momento, qualcuno avrebbe decretato il pareggio.
Federer ha fatto la differenza negli ultimi tre game. Il 4-3 è giunto con un ace di seconda, tale da far balzare sulla sedia il buon Laver, 79 anni suonati. Lui esultava e la sua Arena intonava cori di ringraziamento. E non erano diretti solo allo svizzero. Poi il 5-3, che prima è sembrato facile, invece è diventato combattutissimo, perché Rafa ha concesso lo 0-40 sul suo servizio, poi si è scosso. Cinque tentativi, poi Federer ha sfondato ed è andato a servire per la vittoria. L’ultimo è stato un game da brivido, deciso dall’occhio di falco, chiamato tre volte a ristabilire la verità. Ma il dritto conclusivo di Federer era ampiamente sulla linea bianca. Ed è scoppiata la festa.

Daniele Azzolini

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