TENNIS – MADRID – Di PIERO VASSALLO. Novak Djokovic torna in finale a Madrid dopo 5 anni, decisivo il 6-3 7-6(4) con cui ha battuto il giapponese Kei Nishikori nella seconda semifinale del sabato. Per Nole sarà la finale numero 41 nei Masters 1000.
Ha impiegato una mezz’oretta più del necessario, ma alla fine Novak Djokovic ha compiuto la missione: battendo Kei Nishikori per l’ottava volta in carriera si è qualificato per la sua seconda finale alla Caja Magica dopo quella, poi vinta, del 2011.
Nole fa 90 come la paura: tante sono le finali ATP disputate in carriera. 41 quelle nei Masters 1000, a meno uno dal record assoluto condiviso da Rafa Nadal e Roger Federer. A Madrid mancava all’appuntamento da 5 anni: dopo il successo del 2011 si era fermato nei quarti l’anno dopo – frenato da quell’odiata terra blu – e al secondo turno nel 2013, quando il pubblico gli fece perdere la pazienza fino a fargli pronunciare epiteti non proprio signorili verso le tribune.
Da allora non aveva più messo piede al Mutua Madrid Open, ci è tornato quest’anno e guarda caso è giunto in finale: ad aspettarlo c’è Andy Murray, contro il quale giocherà il 32esimo scontro diretto. Sulla terra ha sempre vinto il serbo (3-0), a Madrid c’è un precedente ma risale al 2006 quando si giocava ancora sul veloce e indoor e tanto per cambiare a vincere era stato Djokovic.
Al di là dei numeri comunque impietosi – Djokovic ha vinto 11 degli ultimi 12 confronti diretti – Murray dovrà preoccuparsi soprattutto per l’atteggiamento dimostrato dal numero 1 del mondo negli ultimi giorni: sia contro Raonic che contro Nishikori si è lasciato andare a qualche esultanza rabbiosa che indicano una gran voglia di cancellare totalmente la macchia di Monte Carlo e di tornare a vincere un trofeo su cui non mette mano da troppo tempo.
La semifinale non ha offerto nulla di nuovo dal punto di vista tattico: sul piano della regolarità Nishikori ha pochissime chance contro Nole, nel primo set il serbo ha limitato al minimo il numero dei gratuiti (appena 5) e non appena il giapponese ha accusato un passaggio a vuoto si è fatto trovare pronto con un break chirurgico nell’ottavo gioco.
Stessa storia nel secondo parziale: ottenuto il break nel quinto game Djokovic lo ha gestito bene fino al 5-4, quando è andato a servire il match. Qui la perfetta macchina serba ha sorprendentemente sbandato e avanti 40-0 con tre match point consecutivi si è fatto prima riprendere e poi controbreakkare rimettendo in discussione l’esito del set.
Bravo a non farsi prendere dall’isterismo, l’11 volte campione Slam ha rimesso le cose in chiaro nel tie-break: un mini-break decisivo sul 3-3 e tanti saluti a Nishikori, a cui probabilmente non perdonerà mai la sconfitta subita nella semifinale di Flushing Meadows del 2014. All’epoca sembrava che il nipponico potesse avvicinarsi a Djokovic in chiave futura, il tempo ha dato il responso e per il numero 6 del mondo è un verdetto amaro: il serbo è inavvicinabile, per lui e per chiunque altro.
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