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Federer e le finali: Roger abbiamo un problema?

TENNIS – Di ENZO CHERICI. Si può accusare il giocatore più vincente della storia del tennis di non saper giocare le finali? Decisamente non si può. E infatti non ci sogniamo neanche lontanamente di farlo. Però la sconfitta subita da Federer contro Raonic nella finale di Brisbane qualche riflessione la suggerisce e vorrei provare ad affrontare, pacatamente, con voi l’argomento.

In tutta questa storia, secondo me, c’è un prima e un dopo. Come avanti e dopo Cristo. Nel nostro caso la data spartiacque coincide più o meno con la finale vinta all’Australian Open 2010 contro Murray. Fino a quel momento il record di Federer nelle finali era di 62-24, con una percentuale di vittorie del 70%. Da quel momento in poi ne gioca altre 50, con un record di 26-24.

Alcune considerazioni. Anzitutto sottolineare, una volta di più, la straordinarietà di questi numeri. Stiamo parlando di qualcuno che ha giocato nell’arco di tre lustri abbondanti ben 136 finali, vincendone 88 (percentuale 65%).

Occorre poi anche evidenziare l’andamento in qualche modo “normale” di questo ciclo. Alta percentuale di vittorie fino ai 28 anni e mezzo, calo fisiologico nei successivi sei anni, con una percentuale come abbiamo visto pressoché in equilibrio tra finali vinte e perse (26-24). I numeri dunque, va ribadito con forza, non costituiscono un problema.

Possiamo però cercare di leggere un po’ al di là dei numeri, cercando di entrare nella storia di queste partite. Tanto per dirne una, prima della sconfitta patita con Raonic, Federer perse già una finale a Brisbane nientemeno che da Hewitt un paio d’anni fa. Lo stesso australiano che lo sconfisse anche nella finale di Halle del 2010, e sono sconfitte queste non proprio normali.

Ad Halle lo svizzero perse anche da Haas nel 2012, ma si “consolò” immediatamente nel migliore dei modi trionfando quell’anno a Wimbledon, in quello che tutt’ora rappresenta il suo ultimo trionfo Slam. Sempre in tema di sconfitte anomale in finale possiamo aggiungere anche quella di Toronto 2014, quando si Roger si arrese a un ritrovato Tsonga.

Ma non solo alcune sconfitte, nello sport sempre possibili, raccontano di un Federer un po’ appannato nelle finali in quest’ultima parte della carriera. Anche alcune vittorie descrivono una certa emotività dello svizzero alle prese con l’atto finale d’un torneo.

Qualche esempio? Cincinnati 2010 con Fish, Atp Finals 2011 con Tsonga (partita dominata, si fa breakkare quando serve per il match nel secondo set), Madrid 2012 con Berdych, Halle 2013 con Youzhny, Dubai 2014 con Berdych, Halle 2014 con Falla (7-6, 7-6!), Cincinnati 2014 con Ferrer, Shangai 2014 con Simon, Halle 2015 con Seppi.

Ho lasciato volutamente per ultime le finali giocate contro Djokovic: 7 delle ultime 10 finali giocate Federer le ha perse contro il campionissimo serbo. Naturalmente per un Federer nella parte finale della sua carriera non c’è niente di male nel perdere finali contro lo Djokovic degli ultimi tempi.

Il fatto è che Roger in questi anni è stato ancora un cliente molto ostico per Nole, arrivando anche a batterlo in diverse occasioni. Ma molto spesso in semifinale, più raramente in finale. Nella semi di Wimbledon 2012 è Roger a spuntarla tra i due, nelle successive finali 2014-2015 invece è Nole ad avere la meglio. Stessa cosa allo Us Open, ma anche nelle finali di Indian Wells e Roma. Roger supera invece Nole nelle semi di Dubai, Monte Carlo e Shangai 2014.

Insomma, sembra quasi che nell’ultima parte della carriera abbia accentuato un carattere del suo carattere spesso non considerato nella giusta misura da tanti osservatori: l’emotività. Negli anni del dominio era troppo superiore alla concorrenza e ci si faceva meno caso, ma anche in quegli anni si è spesso complicato la vita in partite importanti, nonostante la netta superiorità.

Col tempo questa caratteristica si è ulteriormente accentuata. Così batte Djokovic in semifinale, ma ci perde quasi regolarmente in finale. Lo batte nettamente nel Round Robin del Master, ma altrettanto nettamente viene superato dallo stesso Djokovic in finale.

Premesso che arrivare quasi regolarmente in finale a 34 anni e mezzo è impresa degna di nota, che merita solo applausi. Tenuto anche conto che perdere da RoboNole non solo ci sta, ma nelle condizioni attuali è quasi fisiologico (per dire: Nadal negli ultimi 8 set giocati contro Djokovic ha vinto 17 game). Considerato tutto questo, perché lo batte spesso e volentieri in semi, perdendoci poi quasi sempre in finale?

La mia l’ho detta: emotività. Che, attenzione, è cosa diversa dalla paura. Voi invece come la pensate?

Redazione

La redazione di Ok Tennis è formata da rappresentanti di tutte le minoranze tennistiche esistenti al mondo. Inoltre, è conforme alla Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen emanata il 26 agosto 1789.

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