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Non è un Master per giovani

TENNIS – QUIET PLEASE!- A noi piace ancora chiamarlo Master, sì. Da bravi nostalgici, da chi spera che i vecchi fasti tornino e che questa preoccupante tendenza dell’età media dei qualificati si arresti presto. La media, in questo 2015, è di 30 anni. La più alta di sempre. Cerchiamo di capire perché.

Trentavirgolatredici. Non vogliamo dare i numeri e nemmeno metterci qui a sputare tendenze ma 30,13 rimane un dato preoccupante.

Mai così alta l’età media dei giocatori che in questa stagione si sono qualificati per le ATP finals. Gli otto, per dovere di cronaca, sono: Djokovic, Murray, Federer, Wawrinka, Nadal, Berdych, Ferrer, Nishikori. Il più giovane è proprio il giapponese, che ha 25 anni. Per il resto, i veterani che conosciamo: giocatori fantastici, fenomeni e campioni di continuità, giocatori veri e professionisti indiscussi. E a cantarne le lodi, ora, ci siamo già annoiati.

Il primo vero giovane in classifica è Tomic, al diciottesimo posto. Tornei vinti quest’anno? Uno, a Bogotà. Tomic è uno dei principali esponenti della Generazione Perduta, quei Lost Boys capeggiati da Dimitrov: titoli vinti quest’anno? Zero. In totale? Quattro. Pochino per un fenomeno annunciato, che avrà anche fatto i suoi errori ma che rimane comunque non fenomeno.

Raonic ha la scusante del problema al piede e conseguente operazione; problemi che hanno avuto gli stessi Ferrer e compagnia bella, che però sono comunque riusciti a qualificarsi, approfittando senz’altro del vuoto totale alle loro spalle. Berdych ha perfino potuto prolungare la sua luna di miele per buona parte del 2015, brindando da una spiaggia delle Maldive, per poi concentrarsi un attimo sul cemento.

Vediamo, per renderci conto, l’età media dei qualificati alle ATP finals degli ultimi quindici anni; non sono certo amante di statistiche e numeri ma è roba da lasciare a bocca aperta.

2000: 24,8

2001: 25,6

2002: 24,8

2003: 24,4

2004: 24,8

2005: 25,1

2006: 24,5

2007: 23,9

2008: 23,4

2009: 24,2

2010: 25,6

2011: 26,8

2012: 27,1

2013: 28,37

2014: 27,3

2015: 30,13

(Un grazie a José Morgado e Luca Brancher)

Dal 2010 una costante crescita della media, un vuoto generazionale pesante e, pare, davvero incolmabile. C’è chi dà la “colpa” ai fenomeni lassù, di essere troppo forti, irraggiungibili, despoti e pure un po’ dei.

Nessuno vuole togliere alcun ché dalla bravura e dalla classe dei vari Federer, Djokovic, Nadal e pure Murray, il Ringo Starr dei cosiddetti Fab Four, con l’intromissione di Wawrinka. Loro sono quello che sono e badiamo bene, nessuno li sta mettendo a confronto con loro. Ma gli altri 3/4 posti? Quei Ferrer, Berdych che avrebbero potuto essere altro?

Peccato che quell’altro, race alla mano, si chiami Tsonga o Gasquet: nessun Dimitrov, né Tomic, figuriamoci Coric, Kyrgios (numero 30) e Kokkinakis. Di Zverev e Rublev parleremo seriamente dalla prossima stagione.

Eh, ma sono dei bamboccioni. Tutti quanti? Statisticamente improbabile, anche se è una possibilità da non scartare. E allora che succede se questa top 8 (ma anche top 10) non è mai stata così vecchia come adesso?

L’omologazione tecnica che è andata di pari passo con quella delle condizioni di gioco potrebbe essere uno dei motivi: giocano più o meno tutti allo stesso modo e chi ha qualche colpo KO (vedi Kyrgios) non possiede caratteristiche fisiche e preparazione atletica adeguata a sfruttare il potenziale. Quindi, semplificando anche un po’ impropriamente, il topspin o lo schema di un ventenne è meno sicuro e pronto (e di conseguenza efficace) di quello di un trentenne. E’ una possibile causa, certo però non l’unica.

La mancanza di coach e di mentori che insegnino un gioco “diverso” o rivoluzionario è palese. O la carenza di essi, quanto meno.

L’assenza di una vera ambizione? L’arte di accontentarsi di essere lì in qualche modo? Un’educazione sportiva quindi priva di sostanza? Possibile anche questo.

Certo è che, dati alla mano, dobbiamo renderci conto di avere avuto e di avere ancora a che fare con un vuoto generazionale lungo probabilmente un’intera decade, perché giovani e giovanissimi non perdono soltanto dai fenomeni e/o dai grandi giocatori ma soprattutto non riescono a imporre il proprio talento e il proprio carisma contro un Sousa, un Ramos, un Feliciano Lopez; non sempre, almeno.

Sì, molti di questi denigrati adesso saranno probabilmente top ten in futuro, quando gli altri, inevitabilmente, si ritireranno: ma quale sarà il livello del tennis? E come faremo a misurarlo adeguatamente?

 

Rossana Capobianco

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Rossana Capobianco

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