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Challenge Round. Singapore corre ai ripari?

TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Le Wta Finals di Singapore rischiano di non avere al via neanche una vincitrice Slam stagionale. E, tra le finaliste, la sola Muguruza appare in buona forma. Andiamo verso un Master di secondo livello?

Il Master Wta senza nemmeno una campionessa Slam (nella stagione) al via? Se così fosse, per Singapore si tratterebbe di un forte danno, è evidente. Dopo l’autoesclusione di Serena Williams, che ha dominato i primi tre Big Four, potrebbe non essere della partita nemmeno la vincitrice degli US Open Flavia Pennetta, la quale peraltro ha già annunciato l’intenzione di ritirarsi a fine anno (con un due per cento di spazio lasciato all’eventualità del ripensamento). Questa settimana, in quel di Tianjin, la brindisina, che aveva richiesto e ottenuto una wild card (dando così l’impressione di tenere alla kermesse), è stata malamente eliminata al debutto dalla numero 414 del ranking Lyudmyla Kichenok, compromettendo le sue possibilità di arrivare fra le otto migliori. Flavia è ancora in corsa, ma adesso le sue certezze vacillano, anche se è possibile che la Wta decida di correre ai ripari offrendo una wild card all’italiana (il regolamento infatti prevede la sicura partecipazione delle prime sette della classifica Race più una wild card, mentre se la Wta ritenesse di non dover assegnare l’ingresso “gratuito” entrerebbe d’ufficio l’ottava qualificata).

E non è tutto. Allargando il discorso alle finaliste Major, il torneo di Singapore non avrà certamente tra le partecipanti Roberta Vinci (Flushing Meadows), mentre la già qualificata Maria Sharapova (Australian Open) e l’ancora traballante Lucie Safarova (Roland Garros) sono entrambe reduci da lunghi infortuni. A conti fatti, l’unica finalista Slam certa di esserci, e di giocarsi al meglio le sue chance, è Garbine Muguruza. La spagnola ha attraversato un periodo di appannamento dopo il match clou raggiunto a Wimbledon, ma si è ripresa in maniera perentoria negli ultimi tempi, raggiungendo l’ultimo atto a Wuhan e facendo bottino pieno a Pechino.

Appare curioso notare, poi, come la numero uno della Race (graduatoria da cui lunedì è stata esclusa la pantera di Compton) sia una Simona Halep non troppo a suo agio nei Major. Nel 2014 la tennista di Constanta aveva raggiunto la finale a Parigi, ma nell’annata in corso non è andata oltre la semi agli US Open e i quarti a Melbourne. Per il resto, due uscite premature: secondo turno al Roland Garros e addirittura primo a Wimbledon. Fra l’altro, Simona non appare al top della condizione: per dirne una, non vince un titolo dal mese di marzo, quando ha conquistato nel Premier Mandatory di Indian Wells il trofeo più prestigioso in carriera, terzo sigillo del 2015 dopo Shenzhen e Dubai.

Già qualificata è anche Petra Kvitova. In passato la mancina di Bilovec ha trionfato per due volte a Church Road, ma nel 2015 il suo miglior piazzamento Slam sono stati i quarti raggiunti a New York; poi ottavi a Parigi e terzo round sia a Melbourne sia a Londra. Neppure Petra ha brillato dove conta davvero: per di più, di recente, è stata afflitta dalla mononucleosi e non sembra affatto in condizioni di forma smaglianti. Per proseguire con il discorso, attualmente dietro alla ceca, in quinta posizione nella Race, figura Angelique Kerber: ebbene, la tedesca non si è mai spinta oltre il terzo turno nei Major stagionali. E il discorso potrebbe andare avanti con altre autorevoli candidate.

Insomma, quelle che ci apprestiamo a seguire – tra una decina di giorni appena – potrebbero essere delle Wta Finals in tono minore, ben lontane dall’alone di magnificenza di cui un evento del genere dovrebbe godere. Il prestigio si costruisce principalmente negli Slam ed è lì che, in modo paradossale, le big sono spesso mancate. In particolare, l’annunciato forfait di Serena Williams, fra l’altro campionessa in carica, avrà inevitabilmente il suo peso sulla qualità del field. Starà alle presenti, di chiunque si tratti, non farne rimpiangere l’assenza oltre il dovuto, affinché la competizione del sud-est asiatico non somigli pericolosamente a un Master di serie B.

 

Fabrizio Fidecaro

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