TENNIS – DA WIMBLEDON, RICCARDO NUZIALE – Novak Djokovic batte Richard Gasquet 76 64 64 e domenica proverà a diventare il primo campione uscente a confermare il titolo dal Federer 2007. Una partita morta ancor prima di nascere, un’esibizione travestita da semifinale di Wimbledon, che però ha avuto un pregio: il bel gioco non è affatto mancato.
Si sapeva, sarebbe stato il cane a mordere l’uomo, togliendoci ogni vivacità giornalistica. La notizia infatti non c’è: 3 set Djokovic doveva essere, 3 set Djokovic è stato.
Una partita che già si sapeva annaspante in uno storico tra i due contendenti che lasciava molto poco spazio all’immaginazione, oscurata da un divario tecnico e di personalità troppo spiccato.
Eppure il 76 64 64 con cui Nole ha fermato la corsa di Richard Gasquet non ha depositato l’amaro negli occhi del pubblico del Centre Court. Strano a dirlo per una partita che nulla lasciava presagire alla vigilia e nulla ha detto nel suo corso, se si toglie la lievissima curiosità (chiamarla suspense sarebbe oltremodo eccessivo) del tie-break iniziale, che avrebbe quantomeno potuto dare un significato esistenziale alla dimensione agonistica del match stesso.
L’informazione giornalistica si potrebbe scrivere su un biglietto dell’autobus: 12a vittoria in 13 scontri diretti per Nole, che giocherà la sua 5a finale Slam delle ultime sei (ha mancato l’appuntamento solo a New York), la 17a in carriera, la 4a a Wimbledon. Notizie che si potevano già scrivere stamattina, che temevano solo un’apocalisse per poter essere smentite.
La notizia è invece che la combinazione tecnica tra i due giocatori, quasi sempre troppo a favore del serbo per poter esserci qualità costante, ha dato vita a qualcosa d’insolitamente stuzzicante, gradevole, divertente. Messosi in pace con il risultato già scritto, il Centre Court ha gradito rumorosamente lo spettacolo del serbo e il francese, la cui qualità non è ben delineata dal freddo computo statistico di vincenti e gratuiti (46-22 Nole, 36-19 Gasquet).
Lo stile e l’imprevedibilità di diversi punti che hanno costituito la partita, lontani dalla monotonia contemporanea (merito soprattutto di Gasquet, ma Djokovic ha saputo seguirlo uscendo di tanto in tanto dai suoi soliti schemi), ha inebriato l’esigente pubblico con delizie non troppo usuali.
Gasquet, pur con le sue deboli forze, non ha accettato fino all’ultimo il ruolo di vittima sacrificale, rimanendo attaccato al match con una volontà oseremmo dire matura.
Vero, eliminando Kyrgios e soprattutto Wawrinka, ha liberato la strada di Djokovic da ostacoli molto più insidiosi, ma stavolta non si è visto il cucciolo spaurito che troppe volte in carriera si è visto. Il suo torneo non viene affatto ridimensionato dalla partita di oggi.