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US Open. La caduta degli dei: rivoluzione in atto?

TENNIS – US OPEN – DI FABRIZIO FIDECARO – Gli US Open manderanno in scena il più imprevisto dei match clou, con in campo Kei Nishikori e Marin Cilic. È in atto la rivoluzione? Forse sì, e intanto magari gli organizzatori rimpiangeranno di non avere nel programma la finale per il terzo posto…

Chissà se adesso gli organizzatori dell’US Open rimpiangeranno di non aver inserito nel programma la finale per il terzo posto… Nel tennis, se escludiamo alcuni tornei esibizione (come quelli del Champions Tour), la sfida di consolazione non è mai prevista e anche nel calcio da tempo si discute se non sia il caso di eliminarla. In effetti ai campionati europei non si disputa, mentre resiste ancora ai mondiali, di solito con le due squadre in campo imbottite di riserve e con il morale sotto ai tacchi.

Ovviamente si tratta solo di un paradosso, ma domani Flushing Meadows si ritroverà con un match clou tra Kei Nishikori e Marin Cilic, mentre, se in cartellone vi fosse stata la “finalina”, avremmo potuto ammirare un nuovo duello tra Novak Djokovic e Roger Federer. Per sgomberare ulteriormente il campo da possibili fraintendimenti, è chiaro che a Nole e a Roger non sarebbe importato nulla di guadagnarsi l’eventuale terzo gradino del podio. A loro interessava solo il titolo, che al serbo avrebbe consentito di agganciare a quota otto Slam tipetti niente male come Jimmy Connors, Ivan Lendl e Andre Agassi, mentre per l’elvetico sarebbe stato addirittura il diciottesimo in carriera, riportandolo a + 4 nei confronti del rivale storico Rafa Nadal (appaiato a Pete Sampras). Dopo aver assistito alla sconfitta di Djokovic con il giapponese, Federer aveva la clamorosa opportunità di conquistare un nuovo Major senza dover affrontare lungo il proprio cammino neanche un giocatore incluso attualmente fra i top ten, ma non è mai stato in partita dinanzi a un croato versione deluxe.

E così, dopo trentotto Slam di fila che avevano visto sempre almeno uno tra i Fab Four nel big match (ultima volta senza di loro Safin-Hewitt agli Australian Open 2005), siamo forse di fronte all’inizio di una rivoluzione. Non parliamo tanto dell’atteso ricambio generazionale, dato che, a ben guardare, Cilic e Nishikori hanno rispettivamente solo uno e due anni in meno rispetto a Djokovic e Murray (anche se a livello di esperienza il gap è senz’altro più dilatato). No, è un discorso che esula dall’anagrafe, tanto è vero che a indicare la strada è stato a Melbourne Wawrinka, classe 1985, dunque non certo un “pischello”, come si direbbe a Roma. Lo ha spiegato in modo eloquente Milos Raonic qualche tempo fa: Stan ha rappresentato la chiave di volta, la fonte d’ispirazione, è stato colui che ha regalato anche agli altri inseguitori la consapevolezza di poter competere con i primissimi.

E così, nei mesi scorsi, ecco Dimitrov, lo stesso Raonic, persino Gulbis in talune occasioni. Per arrivare a Nishikori e Cilic: alle spalle due storie diverse ma un obiettivo comune da centrare lunedì. Kei viene da una serie di infortuni che ne hanno frenato la crescita in alcuni momenti chiave, Marin da una controversa squalifica per doping che, quanto meno, gli ha donato nuove motivazioni al rientro. Entrambi hanno trovato la quadratura del cerchio a New York e ora si prenderanno con merito il palcoscenico più importante. Con buona pace di Nole e Roger, almeno per stavolta, mentre Rafa magari starà ridendosela sotto ai baffi…

 

Fabrizio Fidecaro

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