TENNIS – INTERNAZIONALI D’ITALIA – Dall’inviata a Roma ROSSANA CAPOBIANCO – Sconfitta shock al primo turno a Roma per Fabio Fognini, che cede 63 62 a Lukas Rosol, senza mai avere un accenno di reazione. Fabio probabilmente ha avvertito troppa pressione e Rosol non ha fatto sconti, tirando tutto in campo.
E’ una delusione, inutile girarci troppo intorno. E’ una delusione perché Fabio Fognini vale molto di più di una sconfitta al primo turno contro Lukas Rosol; lo è perché siamo a Roma e dopo un anno da top 20, ci si aspettava dall’azzurro che arrivasse ai quarti di finale contro Federer, eventualmente, visto che gli avversari prima erano superabili, almeno da quel giocatore che ha vinto tornei e partite sulla terra, che ha fatto quel salto di qualità importante lo scorso anno e riconfermato in questa stagione.
Ma Fognini, si sa, non è così prevedibile. Non è apparso ingiurioso o particolarmente nervoso, anzi. E’ parso spento, come bloccato da qualcosa, probabilmente dalla pressione di essere il più forte giocatore italiano al Foro italico, da tutte le aspettative di stampa, tifosi, addetti ai lavori. Soprattutto da se stesso.
E quando stai troppo a pensare a questo o avverti un’aspettativa così grande, il braccio fa fatica. Oggi quello di Fabio era quasi inerme, mentre quello del suo avversario viaggiava come viaggia di solito: forte, molto forte.
Ma Rosol, si sa, basta saperlo domare: Fognini, il vero Fognini, è in grado di farlo, di muoverlo sul campo e fargli perdere la pazienza, già carente nel tennis e nella disposizione del ceco.
E’ mancata però aggressività, vigore, quasi la motivazione: meglio, tutto questo è stato surclassato da qualcosa che non ha permesso a Fabio nella testa, prima che nelle gambe, di esprimersi al meglio. I fischi, alla fine, fanno male. Ma quelli sugli spalti erano gli stessi che hanno incitato e applaudito la Schiavone solo un’ora prima. Gli stessi che avrebbero voluto vedere un accenno di lotta e avrebbero applaudito lo stesso. La partita non c’è stata, il break per Rosol è arrivato nel quinto gioco del primo set e subito nel secondo, spezzando ogni illusione azzurra tra servizi e dritti dal rumore sordo.
Finisce troppo presto, finisce troppo male: onore a Rosol che ha giocato bene, ma Fabio poteva e doveva fare di più. E non solo perché si era a Roma.
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