di ENZO CHERICI
Abbiamo voluto prenderci un po’ di tempo. Per non rischiare di imbatterci in un nuovo “caso-Ronaldo”. Di cosa stiamo parlando? Ma di calcio, of course.
Oddio, tanto normale non dovrebbe essere dal momento che questo è un sito che si occupa di tennis, ma l’analogia in questo caso ci stava tutta. Per i meno “pallonari” (non è un’offesa eh!) dei nostri lettori, ricordiamo quel che sta accadendo. Sembrava che il Pallone d’Oro fosse una gara a due tra Robben e Ribery, con quest’ultimo grande favorito. I due avevano vinto tutto con il Bayern, ma poi la Francia perse l’andata dello spareggio mondiale con l’Ucraina e si sarebbe rischiato di assegnare l’ambito premio a un giocatore assente dalla più grande competizione calcistica del mondo. La FIFA decide così di riaprire le votazioni fino ai match di ritorno. La Francia con grande sollievo dell’élite calcistica mondiale si qualifica, ma il diavolo decide di metterci lo zampino: nel match di ritorno contro la Svezia, Cristiano Ronaldo segna una grande tripletta e tutti i giornali iniziano a parlare di Pallone d’Oro. Giusto? Sbagliato? Non si sa. Ma premesso che dare il premio a Ronaldo non sarebbe affatto uno scandalo, anzi, non ci si dovrebbe neanche dimenticare quello che è avvenuto nel corso di tutto l’anno. Il fuoriclasse portoghese ha segnato valanghe di gol, vero. Ma i detrattori sottolineano che non sono servite a far vincere titoli alla sua squadra. I favorevoli dicono invece che non è colpa sua se la sua squadra non ha vinto titoli, nonostante le sue tante reti.
Ai posteri l’ardua sentenza. Nel tennis, per fortuna, non funziona così. Esistono delle classifiche, esistono dei trofei. Dai più ai meno prestigiosi. E si può discutere di sfumature, se un giocatore meriti un 8 o un 7 e mezzo, ma quasi mai si possono discutere i risultati finali, i valori veri.
Allora avventuriamoci in questo Pagellone 2013, cercando di non farci troppo influenzare dagli ultimi risultati dell’anno. Nel bene e nel male.
Nadal: 10
Lo avevamo lasciato il 28 giugno 2012, inopinatamente sconfitto al secondo turno di Wimbledon da Rosol, lo abbiamo ritrovato il 5 febbraio di quest’anno a Vina del Mar battere quel Delbonis che mesi dopo avrebbe curiosamente fatto piangere un Federer semi infermo nella semifinale di Amburgo.
Sette lunghi mesi lontano dai campi, con domande e dubbi che non assalivano soltanto lui, ma anche i suoi tanti tifosi sparsi per il mondo. Lo avrebbe perso quel torneo in terra cilena per mano del peones Zeballos, ma da lì è iniziata la stagione della riscossa, con una lunga cavalcata trionfale che si sarebbe arrestata soltanto dopo lo Us Open.
A Sao Paulo batte in finale Nalbandian e torna a vincere un torneo otto mesi dopo Parigi 2012. Ad Acapulco il primo segnale inquietante per la concorrenza. Batte in semi Almagro e in finale Ferrer con punteggi che non lasciano spazio all’immaginazione: 7-5, 6-4 al primo, addirittura 6-0, 6-2 in finale al secondo. È il segnale, Rafa è tornato.
Per i pochi che ancora manifestavano dubbi, la risposta definitiva, inequivocabile, arriva a Indian Wells. Decide di iscriversi all’ultimo momento, evidentemente ancora timoroso ad affrontare il cemento, ma il verdetto del campo è spietato (per gli avversari): Federer, Berdych e Del Potro sconfitti uno dopo l’altro. Tre Top Ten in tre giorni, si salvi chi può.
Salta a titolo precauzionale Miami e torna a Monte Carlo. Perde dopo 8 titoli consecutivi al Principato la finale con Djokovic e riaccende la speranza in avversari e detrattori: con gli altri magari vince ancora, ma con Djokovic non c’è trippa per gatti.
Errore. Dopo avere vinto con facilità irrisoria Barcellona, Madrid e Roma, il tabellone di Parigi gli mette Nole sulla strada dell’ottavo titolo a livello di semifinale. È una partita dai contorni strani, a tratti epica, a tratti grottesca.
Rafa va subito avanti, Nole reagisce, Rafa si stacca ancora. Nel quarto set serve per il match, ma Djokovic si ricorda di essere ancora il numero uno e con classe e orgoglio porta il match prima al tie-break, poi al quinto set. L’inerzia del match sembra pendere dalle parti del serbo, che infatti breakka subito il rivale e può servire sul 4-3 in suo favore. Ancora due piccoli turni di servizio da tenere ed è fatta. Ma qui avviene il fattaccio. Sul 40 pari, Nole ha sulla racchetta il facile smash che lo avrebbe portato a vantaggio ed eventualmente sul 5-3. Rafa è quattro metri dietro la linea di fondo, un gioco da ragazzi. Ma tutto gira in un attimo. Dopo il colpo il serbo si scoordina e si schianta contro la rete. Lo smash si trasforma in smashonzo e la storia del match (e della stagione) cambia. Rafa vincerà 9-7 al quinto (come con Federer nella finale di Wimbledon 2008) e la finale con Ferrer è pura formalità: quella vera s’era già giocata.
A Wimbledon cade sorprendentemente al primo turno contro un fenomenale Darcis e sembra di ritrovarsi di fronte al solito schema: grande prima parte dell’anno, così così la seconda.
Invece no. Il bello doveva ancora venire. Vince Montreal, Cincinnati e Us Open uno dopo l’altro, battendo due volte Djokovic (sul cemento!) e una il miglior Federer dell’anno (in Ohio). Gioca un tennis solidissimo e riconquista meritatamente la prima piazza del ranking.
Quello di New York sarà l’ultimo titolo dell’anno. Proverà in novembre a vincere ancora il solo titolo che ancora gli manca, il Master, ma dovrà arrendersi in finale a un Djokovic in grande spolvero.
Poco male. Lo score finale segna 10 titoli e 4 finali. Non aveva fatto così bene dal lontano 2005 (11 titoli, ma alcuni minori). Il record conclusivo ci parla di 75 vittorie e 7 sconfitte, con 14.5 milioni di dollari incassati di soli premi, che non guastano mai. Cosa dire ancora? Semplicemente mostruoso! I suoi avversari staranno augurandosi di infortunarsi quanto prima al ginocchio!
Djokovic: 8 e mezzo
Con lui il rischio che si corre è sempre lo stesso. Paragonare qualunque sua stagione con quella monstre del 2011. In un certo senso ci sta, è naturale che sia così. Ma forse non del tutto corretto.
La verità, come sempre, sta nel mezzo. È vero che anche quest’anno ha giocato una grande stagione (record di 74-9, con 7 titoli e 2 finali è sempre un gran bel bottino), ma è anche vero che ha perso partite che non avrebbe dovuto perdere. Ancora una volta, dopo la vittoria all’Australian Open, ha deciso di volgere tutte le sue attenzioni all’unico titolo che ancora gli mancava: il Roland Garros. Ha giocato distrattamente i tornei primaverili sul cemento, rimediando sconfitte inaspettate da Haas (Indian Wells) e Del Potro (Miami). Dev’essersi illuso dopo la grande vittoria di Monte Carlo proprio in finale con Nadal (6-2, 7-6), ma poi ha giocato male Madrid e Roma rimediando brutte sconfitte nientemeno che da Dimitrov e Berdych.
Nella semi di Parigi la svolta dell’anno, con quello smashonzo poc’anzi ricordato, che popolerà i suoi incubi nei secoli dei secoli. A Wimbledon perde nettamente in finale dopo la maratona in semi con Del Potro, ma per l’estate americana tutti si aspettano torni a farla da padrone.
Macché! Il reduce maiorchino detta legge anche sul cemento e lui dovrà aspettare diligentemente il passaggio della buriana. Il finale dell’anno sarà trionfale. Titoli come piovesse tra Pechino, Shanghai, Bercy e Londra. Avrebbe potuto ripetere il magico finale d’anno del 2010, ma gli sfugge la Coppa Davis proprio sul fil di lana (e non certo per colpa sua).
Proprio il finale di stagione potrebbe spalancargli le porte a un grande 2014. Intanto una domanda: come mai in Australia e Asia è ingiocabile, mentre invece perde molto più spesso in Europa e America? Ah saperlo… E il primo che pagher
ebbe per capire il perché, potete giurarci, è lui!
Murray: 7 e mezzo
Strana stagione quella del nostro Muzza, difficile da decifrare e giudicare. Ha vinto 4 titoli, ha riportato un britannico sul trono di Wimbledon dopo 77 anni, ha anche giocato un’altra finale di Slam (Australian Open). Eppure c’è sempre quella sensazione di indefinito in tutto ciò, che inevitabilmente finisce per incidere sul giudizio nei suoi confronti.
Dopo la finale di Melbourne s’è fatto sorprendere da Del Potro a Indian Wells, prima di vincere Miami grazie a un gentile omaggio di Ferrer sul matchpoint contro.
La stagione su terra è stata il solito disastro, ma con ogni probabilità già vi erano le prime avvisaglie del malanno che lo avrebbe costretto a saltare Parigi prima, e ad operarsi in settembre poi. Poco male, mai scelta fu più saggia. Il nostro ha avuto così modo di recuperare con calma e preparare comme il faut la campagna sull’erba. Risultato: titoli al Queen’s e, soprattutto, a Wimbledon.
Fine. Perché, di fatto, la sua stagione finiva lì. Nell’estate riprendevano i dolori, che non gli avrebbero permesso di difendere il suo titolo newyorkese. Da lì, la decisione di operarsi. Scelta a nostro avviso saggia, anche perché arrivata nella parte meno importante dell’anno. E comunque dopo aver messo in bacheca il titolo più importante. Per lui, per l’Inghilterra, per tutti.
Ferrer: 6
Ancora una stagione di buona sostanza per “Soldatino”, ma ben lontana dai fasti dell’anno precedente (da 7 a 2 titoli, con ben 7 finali perse).
È vero, ha giocato la sua prima finale Slam, ma l’exploit lo si deve più che altro alla particolare contingenza che aveva fatto si che Rafa e Nole s’incontrassero in semifinale. La verità è che, ancora una volta, gli è mandato l’exploit. Poteva metterlo a segno a Miami, ma al momento di chiudere se l’è fatta sotto regalando il titolo a Murray. Per il resto, basti pensare che ha battuto soltanto tre Top Ten in tutto l’anno: Tsonga al Roland Garros, e Berdych e Nadal a Bercy, quando ormai non contava più niente. Troppo poco per un presunto numero 4 del mondo. Più di nome che di fatto.
Del Potro: 7
È stata senza dubbio la sua migliore stagione dopo quella magica del 2009 e dopo quel maledetto infortunio al polso che lo aveva rallentato per tanto, troppo tempo.
S’è portato a casa 4 titoli, ma gli è mancata un po’ la ciliegina del titolo importante, foss’anche solo un Masters1000. Ci è andato vicino due volte, giocando due finali (Indian Wells e Shangai) perse di misura con Nadal e Djokovic (e con più di qualche rimpianto per la prima, quando era un set e un break avanti).
Ma poco importa. È stato importante averlo recuperato. Averlo visto di nuovo esprimersi a quello che è il suo livello, giocandosela e impensierendo qualsiasi giocatore. Contro di lui, c’è da giurarci, neanche i big vorrebbero avere a che fare prima d’una semifinale. Troppo potenziale in quei colpi devastanti per lasciare tranquilli i suoi avversari.
S’è fatto trovare un po’ sulle gambe nel finale di stagione, ma s’è trattato d’un anno indubbiamente positivo. Avanti così.
Federer: 5-
Non lasciamoci ingannare dal discreto finale di stagione. La sua annata è stata decisamente negativa, molto simile al disastro. Con tutte le attenuanti del caso (schiena, età, gemelline, ecc.), 17 sconfitte sono troppe per uno come lui. E un titolo e due sole finali sono ancora peggio.
Se a questo aggiungiamo che parte di queste sconfitte è arrivata da gente come Benneteau, Nishikori, Stakhovsky (a Wimbledon!), Delbonis, Brands, Robredo (a New York!) e Monfils, allora ti accorgi che qualcosa non sta filando per il verso giusto. “La schiena”, conosciamo il coro. Epperò…se la schiena fa male, ci si ferma e ci si cura (spesso anche il riposo è un’ottima terapia). Inutile trascinarsi in giro per il mondo a rimediare figuracce barbine. Soprattutto quando ci si chiama Roger Federer!
Nel finale di stagione si è tornati a vedere un Federer di nuovo accettabile. Una finale a Basilea, due sconfitte al terzo con Djokovic, una buona (di questi tempi) semifinale al Master. Ma, anche lì, è arrivata una sconfitta netta contro un Nadal non al massimo, sulla sua superficie meno propizia. Il che dovrebbe far riflettere. La decisione migliore è finalmente arrivata a fine stagione. Via Annacone, avanti da solo (o con Luthi, tanto fa lo stesso). Forse è quel che gli ci voleva. E forse un anno così negativo potrebbe fornirgli nuove motivazioni per il 2014. Avrà spesso pochi punti da difendere, potrà tornare a salire in classifica. Servirà la salute. Ma servirà anche la voglia. Se lo conosciamo solo un po’, il prossimo anno potrebbe riservarci delle sorprese…
Berdych: 5=
Ha vinto la Coppa Davis, ok. Bene, bravo, bis. Però per tutto l’anno non ne ha combinata una giusta. Solo tre finaline (perse) a Marsiglia, Dubai e Bangkok, e zero titoli. Appena due quarti di finale negli Slam, solo una semifinale in un Masters1000. Troppo poco anche per un Perdych come lui…
Ha risollevato la stagione con la conquista della Davis, ma l’eroe che tutti ricorderanno (per il secondo anno consecutivo) sarà Stepanek, non certo lui. Bocciatissimo.
Wawrinka: 8
Ha iniziato l’anno da numero 17 del mondo, perdendo inopinatamente da tal Bedene a Chennai. Poi, in Australia, il primo segno di quel che sarà. Gioca un grande ottavo di finale con Djokovic, perdendo soltanto dopo una battaglia di 5 ore per 12-10 al quinto, in quello che forse verrà ricordato come il match più bello dell’anno.
La prima finale arriva a Buenos Aires contro Ferrer, l’unico titolo all’Estoril contro lo stesso avversario. A Madrid gioca un altro grande torneo, battendo Dimitrov, Tsonga e Berdych prima di arrendersi in finale alla bestia nera Nadal (zero set vinti in dodici scontri diretti). Ancora un ottimo quarto di finale al Roland Garros, un brutto Wimbledon e due brutti Masters1000 americani, prima dell’expoit allo Us Open, dove perde in semifinale di nuovo da Djokovic, di nuovo in 5 set, dopo aver messo in fila uno dopo l’altro Stepanek, Karlovic, Baghdatis, Berdych e Murray. Scusate se è poco.
Anche il finale di stagione è molto buono, con i due quarti a Shangai e Bercy (sconfitto dai soliti Nadal e Djokovic) e con lo strameritato accesso al Master di fine anno, dove non si limiterà a fare presenza, ma arriverà fino alla semifinali, sconfitto soltanto dal futuro vincitore del torneo, Djokovic.
A nostro avviso, è stato il giocatore che più ê migliorato nel corso dell’ultimo anno.
Gasquet: 7+
Anche lui autore d’una buonissima stagione, rispetto a Wawrinka gli è mancato un po’ l’acuto, anche a livello di prestazione. Pur vincendo tre tornei minori, senza dubbio il suo top lo ha raggiunto allo Us Open, dove s’è issato fino alle semifinali, dopo aver sconfitto lottando (toh!) avversari come Raonic e, soprattutto, Ferrer.
S’è qualificato al Master grazie al forfait di Murray, ma non si può certo dire che non se lo sia meritato. L’impressione è che possa giocarsela (e perdere) con tutti fino a un certo punto, mentre sembra appare come disarmato contro i robot del tennis moderno. Fossimo in lui firmeremmo subito per un 2014 come questo.
Tsonga: 6=
Non ha vinto molto, anzi molto poco (un titolo), ma va anche detto che è stato molto condizionato dall’infortunio patito a Wimbledon contro Gulbis. Non era partito male, anzi. Un buon quarto a Melbourne, sconfitto da un Federer ancora in sè, seguito da altri buoni piazzamenti e qualche sconfitta di troppo. Il controsenso sta nel fatto che gioca molto meglio sulla te
rra che sul cemento (!) e infatti raggiunge la semi a Monte Carlo, i quarti a Madrid e ancora la semi a Parigi (dove però perde molto male da Ferrer).
Come s’è detto, a Wimbledon si fa male e la sua stagione finisce in qualche modo lì. Torna in prossimità degli ultimi tornei, per cercare un’insperata qualificazione per Londra, ma ormai non c’è più nulla da fare. A fine anno lascia anche il posto di numero uno di Francia a Gasquet. Potrà rifarsi il prossimo anno. Ma gli anni anche per lui cominceranno ad essere 28…
Haas: 7
Inizia l’anno da numero 45, dopo essere stato 112 nel maggio dello scorso anno e addirittura 205 a inizio 2012. Risale il ranking a suon di vittorie e grandi prestazioni. Da una lezione d’altri tempi a Djokovic in quel di Miami (6-2, 6-4) e trionfa nei tornei di Monaco e Vienna. Il tutto a 35 anni suonati. Chapeau.
Dimitrov: 6 e mezzo
Poveraccio. Costretto dalla nascita (tennistica) a convivere con lo scomodo paragone con Federer, il ragazzo ha da sempre gli occhi del mondo puntati addosso. Ci si aspetta sempre di tutto di più, poi quando perde si è delusi. Vero. Spesso (troppo spesso) perde match che mai dovrebbe perdere. Ma il giovanotto quest’anno ha anche mostrato qualità che non tutti hanno. Ha battuto Djokovic in un Masters1000 (Madrid), Ferrer in una finale (Stoccolma, primo titolo in carriera), ha costretto per due volte Nadal al terzo set (Monte Carlo e Montreal). Insomma, va bene prenderlo bonariamente in giro, ma senza esagerare. Perché il ragazzo potrebbe restituirci tutto con gli interessi.
Fognini: 7 e mezzo
Ma il motivo ve lo spiegheremo un’altra volta. Quando daremo il voto alla stagione degli italiani!
Twitter: @EnzoCherici
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