Di DIEGO BARBIANI
NEW YORK. Un ritiro annunciato, ma comunque triste perché lascia il classico ‘vuoto’ non molto facile da colmare. Per chi ha saputo amare il tennis nel primo decennio del duemila avrà avuto un occhio di riguardo per James Blake, secondo afroamericano della storia dopo il celebre Artur Ashe ad approdare in top ten. Capace di conquistare la Coppa Davis nel 2007 in finale contro la Russia, era famoso per il suo gioco potente, piatto. Ogni colpo era ad alta percentuale di rischio. Era un gran personaggio, conosciuto anche per il suo interesse culturale (come molti connazionali ha frequentato il college prima di passare al tennis professionistico).
Proprio durante agli anni universitari ebbe l’ispirazione per riprendere a giocare a tennis, dopo che a tredici anni fu costretto a fermarsi a causa della scogliosi. Un giorno ascoltò una conferenza tenuta proprio Artur Ashe, l’uomo che più di altri incarna il suo modello di vita, e si convinse a riprovare.
Nel 2006 , nel pieno del suo periodo d’oro, chiuse l’anno al n.4 del mondo dopo aver raggiunto la finale del Master di Shangai. Fu ostacolato solo dalla sua bestia nera Federer, con cui ha sempre perso tranne in una circostanza, il torneo Olimpico di Pechino (ci fu anche l’occasione in cui, a Parigi Bercy, ma in quella circostanza Federer diede forfait per problemi alla schiena).
La carriera di Blake ha vissuto tanti momenti importanti, ma purtroppo è stata ostacolata da gravi problemi fisici, come il grave incidente avuto nel 2004 quando rischiò la paralisi a causa della rottura di una vertebra del collo dopo lo scontro contro il paletto del ‘net’ in allenamento a Roma. Il 2004 fu un anno nefasto per lui, perché a Luglio ha contratto il Fuoco di Sant’Antonio e (cosa ancora più grave) perse il padre. Rimase temporaneamente paralizzato per metà faccia e perse anche la vista.
Riuscì a rimettersi in gioco, ed in breve seppe tornare a livelli eccezionali. Per la prima volta raggiunse la seconda settimana nello Slam di casa e si prese il lusso di sconfiggere al terzo turno il campione del Roland Garros Rafa Nadal con una partita magistrale. Fu estromesso ai quarti solo dal futuro finalista Andre Agassi, al termine di una sfida protrattasi fino al tie break del quinto set.
Il 2006 fu l’anno della conferma. Ad Indian Wells raggiunse la sua prima finale in un torneo di quel livello e grazie alla vittoria su Nadal ottenne per la prima volta l’accesso alla top-10, dove avrebbe resistito per mesi. In quell’anno vinse cinque dei suoi dieci titoli e riconfermò i quarti raggiunti dodici mesi prima a New York dove questa volta si trovò la strada sbarrata da Roger Federer.
Fu protagonista di una polemica intricata quando a San Josè, nel 2007, si sperimentò la modalità del round robin anche per i tornei ATP (non solo dunque per il Master di fine anno). James era nel girone con Del Potro e Korolev e dopo aver perso la sfida contro il kazako si ritrovava costretto a sconfiggere l’argentino lasciandogli cinque games (o meno). Del Potro si ritirò su 6-1 3-1 in favore dell’americano e questo portò Korolev ai quarti di finale in quanto Blake non era riuscito a completare una delle sue partite. Ci fu un primo ripensamento, con Blake ammesso ai quarti per ‘volere del popolo’. Poi un controripensamento altrettanto repentino dei vertici dell’ATP, che non ammettevano cambi di regola in corsa. Dopo questo incidente comunque l’ATP eliminò definitivamente la regola del round robin per i tornei.
Dopo i quarti di finale raggiunti in Australia ad inizio 2008, iniziò per lui un lento ed inesorabile declino. Qualche buon risultato ma nessun acuto come aveva abituato fino a quel momento. Un problema alle ginocchia accusato nel 2010 lo costrinse per la prima volta a pensare al ritiro, salvo poi tornare all’attività. I risultati però mancavano da tempo e solo un terzo turno allo US Open del 2011 gli aveva portato un po’ di soddisfazione.
Intanto iniziava a costruirsi una vita anche fuori dal circuito, diventando padre di una femmina. Il tennis non era più tra i suoi pensieri primari e così arriva (come per il suo amico Roddick) la decisione del ritiro. Forse neanche troppo doloroso, o forse con qualche rimpianto per aver vissuto alla grande solo per poco tempo.
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