L’idea meravigliosa di un tennis futuro a forte conduzione italiana è già nei numeri. Le Finals di Torino, poi la Davis vinta dopo 47 anni di attesa, hanno giusto serrato i tempi, spingendoci a immaginarlo, a considerarlo come evento ormai possibile e quanto mai vicino. Lui, Jannik Sinner, è destinato ai piani alti, si sa, le rosse trecce sparse al vento, che lassù – immagino – sia elemento imprescindibile. E gli altri dietro, coagulati in un turgido manipolo.

Sotto la guida dei luogotenenti Musetti e Arnaldi. Se il futuro del tennis è nelle mani degli attuali Under 22 – e lo sarà entro cinque o sei anni – l’incredibile sfilata di giovani tennisti che il nostro Paese ha messo in campo, è promessa di dominio futuro, e di divertimento per tutti noi. Basta attendere ancora un po’, non molto, se è vero che tutto è successo in fretta, sin troppo per gli appassionati italiani mortificati da oltre otto lustri di attesa.

Sono trascorsi cinque anni, in fondo, da quel giugno 2018 che vide Marco Cecchinato guadagnare un posto tra i semifinalisti del Roland Garros, e poco più di quattro dalla prima vittoria in un Masters Series, firmata da Fabio Fognini nell’aprile 2019 a Montecarlo. «Dobbiamo ringraziare entrambi, Marco e Fabio sono stati i nostri apripista», disse una volta Matteo Berrettini, spiegando le ragioni della svolta. «A breve distanza l’uno dall’altro, con le loro imprese, hanno spinto tutto il gruppo italiano a pensare in grande e a considerare raggiungibili quei traguardi che sembravano lontani o troppo superiori alle nostre forze».

     Con la stessa veemenza che sembra ispirare l’assatanato “stil novo” che furoreggia nel tennis odierno a conduzione giovanile, l’Italia si è rigenerata in fretta, ringiovanendo e appropriandosi di risultati un tempo impensabili. Una finale a Wimbledon (Berrettini), la seconda vittoria in un “mille” giunta questa estate dal Canada (Sinner), la doppia conquista di un torneo storico come il Queen’s (Berrettini). E tre top ten diversi nell’arco di appena cinque stagioni (Fognini, Berrettini e Sinner)… I tornei vinti in dieci anni di tennis sono trentadue (sulle 85 ottenute in Era Open), dal primo successo di Fognini a Stoccarda (terra rossa, allora…) del 14 luglio 2013 agli ultimi (finora) colti da Sinner a Pechino e Vienna, prima della finale al Master, e del ritorno vittorioso in Davis.

A dare un volto alla classifica degli Under 22, tratta dall’ultimo ranking, emergono novità che appena sei o sette anni addietro il nostro tennis non avrebbe potuto permettersi. La classifica degli Under 22 riferita ai primi mille in classifica, si compone di oltre 300 tennisti. Si va dai 17 anni del francese Gabriel Debru (310 Atp) e del nostro Lorenzo Carboni (638), ai 22 anni del gruppo più folto, che potremmo intitolare proprio a Sinner, il più alto in classifica con il suo numero 4, sebbene preceduto e seguito da due ventenni, Alcaraz (il numero 2) e Rune (numero 8).

A una prima lettura della classifica, la scuola tennistica destinata a dominare nell’arco dei prossimi dieci anni, sembrerebbe proprio la nostra. L’Italia vince per presenze giovanili nella Top 100, e rafforza il proprio dominio nella Top 200. Sono nove in tutto gli Under 22, quattro in prima fascia, Sinner (4), Musetti (27), Arnaldi (44) e Cobolli (100), e altri cinque in seconda, Nardi (115) il più giovane con i suoi 20 anni e anche il prossimo con ogni probabilità a salire in Top 100, poi Darderi (128), Zeppieri (134), Bellucci (179) e Gigante (182).

A un breve riscontro con le altre nazioni “storiche” del tennis, le nazioni che hanno fatto scuola più la Serbia per la presenza del numero uno Djokovic, è facile stabilire l’abbondanza che regna nel nostro tennis. La meno lontana è la Francia, con due diciannovenni in Top 100 (Fils e Van Assche) e quattro presenze nella Top 200. Le altre, arrancano… Compresi gli Stati Uniti, che in questi ultimi cinque anni hanno mosso le grandi Academies private per setacciare l’immenso territorio alla scoperta di dove si fossero nascosti quei talenti che da sempre avevano consentito al tennis americano di primeggiare per vie quasi naturali. Salvo scoprire che i ragazzi “nascosti” per sposare il tennis chiedevano ciò che Baseball, Football americano, Basket e Hockey su ghiaccio erano già disposti a concedere. Soldi, piani di crescita, assicurazioni sul lavoro futuro in caso di mancato inserimento nel gruppo dei fortunati cui il tennis avrebbe consentito di vivere.

Gli Stati Uniti oggi hanno due Under 22 nei Top 100 (Shelton al numero 17, con grande possibilità di entrare già nel 2024 nei primi dieci; e Michelsen 97), e altri tre (fra questi Nakashima, che tra i primi cento è già stato) nella seconda fascia. La Russia dei due top ten Medvedev e Rublev ha appena un Under 22 in top 100, nessuno nella Top 200. La Spagna è solo Alcaraz, al momento, con due presenze appena tra i primi 200. Il Canada ha un Under 22 al numero 138 (Diallo), la Serbia uno al numero 110 (Medjedovic). La Germania nessuno. Più fortunata la Gran Bretagna… Anch’essa ne ha solo uno, Draper, ma al numero 61 del ranking.

Daniele Azzolini

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