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Sorteggione in sala mensa, ansia, voci elettroniche e buio: benvenuti alle NextGen!

“E ora via al sorteggione dei biglietti per due fortunati spettatori che così potranno cambiare posto! Su, ragazzi, dite ohhhhh…. Più forte, sennò il cono di luce non si muove… Ohhhhhhhhhhh!”… Guardi il tuo accredito. Attentamente. Poi guardi avanti. E si, quello è un campo da tennis. Giuro, lo riconosco. Giri la testa e senti gente fa davvero “ohhhhhhh ehhhhhhh”. Ma i giocatori sono fermi, seduti durante un cambio campo.

Il cono di luce ad un certo punto si ferma e “due fortunati vincitori” hanno “l’incomparabile” possibilità di sedersi “più vicini” ai due giovanotti che stanno, almeno loro, dandosele di santa ragione. Vabbè ok, nemmeno più di tanto. E quando pensi al sorteggione pensi al Semenzara e al tremendo sorteggione in sala mensa. “L’occasione era davvero mostruosa…”. E anche tu rimani in stato di morte apparente per più di 4 ore.

E c’hai l’ansia. Ansia di quella cattiva, non di quella buona. C’hai l’ansia perchè ‘sto evento è tutto incentrato sullo spettacolo, sulla novità, sulla velocità. E tu che non c’hai nemmeno 40 anni ti senti vecchio. Vecchissimo. Perchè non ci sei abituato. Non sei abituato ai giochi a premio nel bel mezzo di una partita. Pensi a quando stavi seduto nei posti dei media con una pistola puntata in testa. “Hai detto qualcosa? Vuoi parlare? Vuoi muoverti? Vuoi pensare o tifare? No vero? Ecco, bono, a cuccia”.

Non sei abituato a due giocatori che tirano bordate (o quello che è) da una parte all’altra del campo (senza corridoi, bene, ma già visto. Ricordate Sampras-Becker Hannover 1996? No?) e la gente che si alza, magna, fa quello che vuole, saluta pure. “Armando, Armando carissimo!”, dice uno a 4 metri da Coric che sta colpendo la pallina. E lo dice a voce alta mentre parla al telefono. Ora, vi prego, chiudete gli occhi e immaginate il tizio che urla “Armando, Armando carissimo” a 4 metri non da McEnroe, che lo avrebbe probabilmente ucciso, ma anche solo da un Federer o da un Djokovic. E poi è tutto un passeggio.

Mi sono alzato, ho parlato, ho chiesto informazioni, io come tanti altri, e quelli continuavano a giocare. Negli altri tornei c’è la corsa perchè se non arrivi in tempo vedi 2 game in piedi, con l’addetto che ti guarda come se fossi l’ultima merda al mondo. Quindi tutti belli e sorridenti ti indicano qualsiasi cosa mentre Donaldson sta sbagliando un dritto in corsa.

Non c’hai nemmeno 40 anni e già appena entri a queste NextGen ti senti in un altro pianeta. Letteralmente, eh. Appena scendi le scale mobili della Rho Fiera Milano entri in una specie di tunnel spaziale, blu scuro, con monitor enormi, che Star Wars levate proprio. Dentro è tutto buio (pardon, soffuso), ipersofisticato, ipertecnologico, ipertutto. Tutto carino, pulitino, organizzatino. Ma è buio, buio, buio. Pardon, soffuso. Per caso avevo gli occhiali da sole (vabbè, ok, si) appena sono arrivato, rischiavo di andare a sbattere random. Dopotutto siamo al “torneo delle modelle”, sentivo dire in metropolitana. Si alludeva al caso sorteggio dei tabelloni con le modelle. Che poi, a dirla tutta: i nostri baldi ventenni non mi sembravano affranti da essere accompagnati dalle figliole in questione, ma va bè.

Per il resto. C’è qualcos’altro. La voce dei giudici di linea. Che non ci sono. Ma ci sono. La voce ELETTRONICA. Ansia pure quella. Ti dice out, e non puoi prendertela CON NESSUNO se pensi che era buona. Se non con l’arbitro magari (pora stella nemmeno può cazziare o correggere nessuno nemmeno lui!) che però ti dice “pippa”. Tanto l’ha detto un computer, “che ci posso fare io?”. E la voce di questi giudici di linea elettronica… “OUT!” “FAULT!”. “I…am…your…father!”….No, vabbè, esagero. Ma nemmeno tanto.

Per non parlare del tempo. Il giocatore vede ‘sto orologio che incombe dietro la testa. Venticinque secondi. Immagini questo qui che batte con le spade laser appoggiate sul collo. “Sbrigati, o ti salta la testa”. Pensi a Nadal, e ti metti a ridere. “Me stay diciendo una locura, Carlos, me stay diciendo una barbaridad”. E vabbè.

Ma la cosa più bella di tutti è la suspense. Che è un altro modo di dire ansia. Nelle palle break le luci si spengono e senti na musichetta tipo “Chi vuol essere milionario” alla domanda da 64000 euro. O 128000. “ODDIO NON LO SO QUAL E’ LA PRINCIPALE CITTA’ DELLA MICRONESIA!!” (ci sono città? Bho), però poi ti riprendi e sì, stai ancora vedendo tennis. Lo stesso vale quando sei 40-40 e non ci sono vantaggi. Ansia ansia ansia. Anzi, no, scusate. Suspense!

Belli anche gli auricolari che usano i giocatori per parlare con i coach. Chiudi gli occhi e immagini Boncompagni e Ambra. Non è la Rai. “T’appartengo ed io ci tengo e se prometto poi mantengo…Ti giuro amore un amore eterno….Se non è amore me ne andrò all’inferno”. Tanto di età stiamo lì.

Per il resto vabbè. La cioccolata è buona pure se gli togli la panna, non è che cambia tanto. Non puoi nemmeno giudicare più di tanto, perchè è palese che non c’è la minima tensione agonistica da parte di nessuno.

Se vincono, vinceranno qualche soldo in più, ma nemmeno penserà “oh guarda, il giovane più forte del mondo”. Anche perchè Zverev nemmeno c’è, nemmeno un Kokkinakis, per dire… A me non è sembrato di vedere, restando al gioco, una partita diversa. Il gioco è più veloce, certo. Tre set se ne vanno in un’oretta. Se la partita fosse combattuta al massimo, durerebbe bho, 2 ore? Due e mezza?

E’ questo quello che vogliamo? Che una partita duri di meno? Bho. Io ricordo poche partite epiche durate un’ora e ne ricordo molte durate quattro, cinque ore e mezza. Ma io sono vecchio, non sono giovane che vuole tutto e subito. E per quanto mi riguarda, va benissimo così.

Luigi Ansaloni

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Luigi Ansaloni

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