TENNIS – Dal nostro inviato ad Indian Wells Diego Barbiani
Chi avrebbe mai puntato un euro su Simona Halep dopo aver visto i primi minuti? Forse neppure il più accanito dei tanti, tantissimi rumeni sparsi lungo lo stadio centrale di Indian Wells.
Jelena Jankovic avrà di che rimuginare questa notte, forse non dormirà, forse avrà una caterva di incubi, forse girerà frenetica per la sua stanca urlandosi perché in quel frangente centrale del secondo set invece che mantenere l’accettabile livello di gioco che l’aveva portata fin lì ha preso paura, giocando alto e centrale o sbagliando di metri durante un palleggio normale al centro.
Partita indescrivibile senza un pizzico, ed oltre, di irrazionalità. Due set ed oltre largamente dominati dalla serba che alla fine ha perso, nella maniera più crudele possibile, per 2-6 7-5 6-4 in due ore e quaranta di match. Non c’era Serena Williams, quella che forse avrebbero voluto gli organizzatori, ma in campo è andato in scena un copione che un regista di buon livello potrebbe anche trarci fuori una pellicola da nomination agli Oscar.
Simona Halep, come si era ammirata per tutto il torneo, oggi è rimasta seduta nel suo angolo. In campo, al posto suo, una copia più sbiadita, irriconoscibile. Anzi, molto ben individuabile nel match che aveva perso lo scorso gennaio in Australia contro Ekaterina Makarova. Ogni tanto, ancora, la n.3 del mondo incappa in giornate dove forse anche a causa della tensione non riesce a giocare e per lei sono guai seri. Tra secondo e terzo set è stata dietro per cinque volte di un break. Eppure, in qualche modo, è stata lei a mettere le mani sul titolo. Come? WTA, nulla più.
Stava giocando con un braccio che non scorreva, le gambe non scattavano ed avvertiva mille altre difficoltà dettate per lo più dai primi due punti. Per sua fortuna, verrebbe da dire, dall’altro lato della rete aveva una giocatrice come Jankovic che per quanto in passato abbia giocato e battuto giocatrici di primissimo livello non è mai stata esempio per ‘killer instict’ ed anche oggi la tendenza è stata confermata.
Prima 6-2 3-1, poi 4-3, poi 5-4. Al cambio campo poco prima di servire per il match ha chiamato il coach. «Sei pronta? Vai e prendilo!» le ha urlato. Jankovic invece era come incapace di rigiocare la palla al di là della rete. Le bastava davvero poco, Halep stava lottando contro i suoi demoni, non si sbloccava, nello scambio lungo aveva difficoltà. Tre game di fila per la rumena e la partita ha avuto un terzo set.
Il suo livello stava aumentando, qualche vincente le aveva dato morale e smalto, ma al secondo turno di battuta sono tornati diversi errori ed un nuovo break per Jankovic che subito dopo ha dovuto lottare anche contro il giudice di sedia. Paradossale quanto capitato: prima di servizio lunga sulla palla break, l’arbitro chiama il game ad Halep salvo poi correggersi ma non concedendo nuovamente la prima di servizio come avrebbe dovuto. «Chiamo il supervisor! Chiamo il supervisor!» Jankovic era una furia ma alla fine, pensando a quante energie stava sprecando (la decisione, sbagliata, era presa) è tornata a giocare.
Avanti 3-2 e servizio ha avuto un nuovo black-out, stavolta ben più duraturo, che ha portato Halep a servire per il match. Niente da fare, oggi per lei non era proprio giornata. Ha dovuto approfittare di un nuovo turno di servizio malamente giocato dalla sua avversario per chiudere l’incontro. Giocando al 30% e senza capire bene come, è lei la nuova campionessa di Indian Wells. Solo tanta amarezza per la sua avversaria, visibilmente delusa e consapevole di aver buttato al vento un’occasione forse irripetibile per un bis nel deserto che avrebbe avuto dell’increbile.
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