Categories: US Open

Schiavone e il gioco al massacro

  Dal nostro inviato a New York  GIANLUCA ATLANTE

 New York – Un gioco al massacro. Una lotta impari, tra pesi differenti. Un massimo contro un piuma, o qualcosa di simile. Serena Williams picchia come un fabbro e Francesca Schiavone ne subisce le conseguenze. Sull’Arthur Ashe, in un’ora esatta di gioco, è finita 6/0 6/1 per chi pesa di più, per chi colpisce la palla più forte, per la numero uno del mondo, che da queste parti gioca a meraviglia, figuriamoci di sera, quando la temperatura è gradevole e non ci sono vento e sole di mezzo. Mamma mia che botta.

Come prendere, per la povera Francesca, un tir dalla parte sbagliata. Un frontale da farsi male, ma male davvero. Ad un certo punto, dopo un bel colpo, la “Franci” nazionale ha trovato modo e tempo per abbracciare un giudice di linea e lui, di tutta risposta, capendo l’imbarazzo di fronte a tanta grazia tennistica, quella della sua avversaria, le ha dato amorevolmente due colpetti sulla spalla, come a dire: “dai su, non è niente, passerà, vedrai che passerà”. A passare, passa.

Figuriamoci, se non passa. Ma il 6/0 6/1 è un qualcosa di imbarazzante per come è maturato e si è trasformato, sino all’ultimo errore dell’azzurra, incapace di oppore una resistenza degna di questo nome e di chi, in tempi passati, l’ha fatta davvero. Voleva andare in doccia Francesca e c’è riuscita, capendo ad un certo punto, anche quando al quinto gioco ha finalmente messo un punto nella propria casella, che era la cosa migliore da fare. Non era questa la partita da vincere e nemmeno, forse, da provare a giocare alla pari. Ce ne saranno delle altre, contro giocatrici dal peso specifico e non solo, almeno all’altezza della nostra. Che non è Maciste, che non ha muscoli di ferro e gambe da sollevatore di pesi. Che è stata grande, ma che oggi lo è un po’ meno, soprattutto al cospetto di chi, quando vuole ed ha voglia, trita tutti come il migliore degli elettrodomestici di questa terra. Povera Francesca, ma era già scritto che sarebbe andata a finire in questo modo. 

Gianluca Atlante

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