Wimbledon: Sinner vince la sfida generazionale contro Alcaraz e vola ai quarti

[10] J. Sinner b. [5] C. Alcaraz 6-1 6-4 6-7(8) 6-3

Quell’andatura dinoccolante dice tanto di lui.
Parla della calma, di quella di Jannik, che lo è rimasto anche oggi entrando per la prima volta sul Centre Court, camminando dietro al suo avversario, quel Carlos Alcaraz che sembrava anche lui inattaccabile o quasi dal punto di vista emotivo e invece, forse, oggi l’emozione di calcare il Tempio del tennis ha preso un po’ per la gola lo spagnolo che certo aveva in più la pressione del favorito.

Partito esplosivo ma impaziente e impreciso Alcaraz, un po’ sorpreso forse dall’ordine in campo e tra i pensieri del suo avversario altoatesino che la partita l’ha preparata proprio bene e non si è mai scomposto, né dopo qualche bordata andata a segno e nemmeno dopo i tanti errori dello spagnolo.

Dopo i primi due game, Sinner e la sua calma mettono a segno ben sette giochi consecutivi, tra lo stupore degli spettatori e quello dello stesso Alcaraz, che non capisce cosa stia succedendo, come mai gli appoggi non siano perfetti, i suoi dritti escano di tanto, la palla torni sempre più profonda: in preda a una crisi di fretta in ogni sezione del suo gioco, vede la partita sfuggirgli di mano troppo in fretta per essere vero.

In tutto questo, il livello di Jannik non scende quasi mai di livello, molto solido con i fondamentali, il servizio e soprattutto una risposta che trova Carlitos quasi sempre poco pronto, costretto quindi poi a lottare quasi sempre nei suoi turni di servizio.
Sale un po’ lo spagnolo ma è soprattutto nell’uno-due che riesce a farlo, nello scambio, salvo rare eccezioni, Sinner ha sempre la meglio, giocando un tennis più sicuro e profondo.

In due ore Alcaraz riesce a conquistarsi una sola palla break, prontamente annullata dall’azzurro.
E intanto, Jannik, sempre dondolando su quelle due gambe lunghe e magre da fenicottero, non fa una piega. Se non fosse per Alcaraz che ogni tanto scuote la testa, non sapresti indovinare chi sta vincendo o perdendo.

Quella calma che gli permette di reggere un duro colpo quando, al tie-break del terzo set manca due match point: uno con il servizio e uno mettendo una risposta in rete sulla seconda. Alcaraz capisce che c’è spazio, c’è speranza, c’è match. Nonostante i suoi set point persi, lo spagnolo ha comunque quella fame che ha contraddistinto tutta la sua stagione e fa suo il parziale. Ha anche una palla break a inizio quarto, ma tra una piccola smorfia di dolore e una di delusione nascoste tra il ciuffo rosso e il cappellino, Sinner salva la pelle, che si è poi dimostrata fin qui, nella sua carriera, la sua caratteristica principale: saper soffrire, saper incassare, per poi trovare il modo di vincere.

Ed è proprio quello che trova, tra una mano che si massaggia una schiena (chissà, forse?) dolorante e un cross di rovescio, tra il trovare la forza nei punti importanti e un servizio che in quel tie-break l’aveva abbandonato sul più bello.

E con quella sua andatura dinoccolante e riflessiva, con il sorriso ingenuo e felice di chi è solo un ragazzino che sta pian piano scoprendo le grandi vittorie sui grandi palcoscenici, Jannik Sinner trova il modo (al sesto match point) di portare a casa una sfida generazionale che ha infiammato il Centre Court, oggi scenario di grandi campioni passati, per una passerella emozionante; è a Wimbledon che si fa la storia, su quel campo, lì che si comincia, lì che tutto passa.È passata anche, con ogni probabilità, la maturazione di Sinner.

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